TERAPIA CHIRURGICA DELLE VARICI ESSENZIALI O PRIMITIVE

Paragoniamo il circolo venoso ad un fiume con alcuni affiuenti: in tutto il sistema la corrente deve avere un senso ben definito e l’acqua deve sempre scorrere senza ristagnare in pozze che diventino paludi o invertire il flusso in rigagnoli controcorrente, che possono man mano ingrossarsi e stornare la corrente dalla giusta direzione. Le dilatazioni venose dette varici possono essere quindi paragonate a laghi con acqua stagnante o a corsi d’acqua nei quali il flusso é diminuito o addirittura invertito rispetto alla normale direzione.Così come si farebbe in natura anche per fare ritornare il sangue venoso nella giusta direzione (periferia centro) occorre creare argini che impediscano la comunicazione tra l’alveo normale e le vie aberranti oppure interrompere completamente le comunicazioni od eliminare stagni e rigagnoli inutili e dannosi per l’economia generale. Ecco spiegate a grosse linee le finalità e i mezzi della terapia delle varici che si distingue in due metodiche: chirurgica e scleroterapica. Esse non sono in contrasto fra loro, come potrebbe sembrare, ma complementari l’una all’altra e ciascuna capace di ottenere i migliori risultati, se le indicazioni sono state esattamente poste, e da sola e in associazione con l’altra. Per spiegare ancora per metafora la chirurgia elimina, porta via “stagni e rigagnoli”, lasciando solo il fiume e i suoi rami collaterali di normale flusso, la scleroterapia invece crea argini che impediscano il reflusso e ostruisce gli stagni e i rigagnoli in modo che essi vengano obliterati in modo definitivo quindi annullati. Il risultato terminale deve essere lo stesso: eliminazione dei punti di fuga e delle ectasie venose. Qui bisogna sottolineare, anche per sfatare quel senso di disagio che molti pazienti hanno quando si propone loro di eliminare le varici e che si manifesta con il timore che li si possa privare di “vasi necessari”, che le varici una volta formatesi non sono più vasi venosi utili ma sono dannosi e si perpetua tramite loro l’insufficienza venosa e la stasi con gravi complicanze future: insufficienza venosa cronica discromie cutanee-ulcere. 

 

Le schematiche esemplificazioni sopra riportate possono servire a fare capire come occorra intervenire per tempo, quando si può agire solo in alcuni punti non ancora sottoposti a grossolani “sfiancamenti” senza che si siano già instaurati danni ai tessuti circostanti e possono inoltre spiegare come la terapia oltre ad eliminare la causa determinante agisce su quel che di patologico é in atto nel determinato momento, interrompendo la cascata peggiorativa che poteva prende il via se la situazione non veniva corretta. Comunque, anche l’intervento più riuscito, cioé quello che restituisce una perfetta integrità fisiologica ed estetica agli arti del soggetto trattato, non può impedire che con il passare degli anni in chi é predisposto, e per familiarità e per abitudini di vita, si possano verificare altri sfiancamenti venosi per stasi o inversione di flusso. Questi saranno però sempre di entità molto modesta rispetto a ciò che sarebbe certamente accaduto se l’intervento terapeutico non fosse stato eseguito e ad essi si potrà di solito provvedere con semplici manovre di scleroterapia aggiuntiva sempre che il paziente oltre ad osservare ingieniche regole di vita (dimagrire, camminare molto con calzature adatte ecc.) si sottoponga a periodici controlli e non trascuri la sorveglianza attenta e periodica di uno specialista, il quale dopo averlo curato, o con l’intervento chirurgico o con la scleroterapia o con l’ausilio di entrambi i mezzi, possa dargli utili consigli per prevenire o bloccare sul sorgere quelle piccole dilatazioni venose così spiacevoli, che in alcuni casi trascurati potrebbero comparire.
Varici essenziali o primitive sono quelle che insorgono “primitivamente” in soggetti predisposti per particolare situazione di debolezza connettivale ed insufficienza valvolare.
Varici secondarie sono quelle che subentrano come risposta di stasi o di supplenza in caso di patologie che interessano zone limitrofe (circolo venoso profondo, vasi iliaci ecc) e che danneggiano il circolo venoso superficiale in via secondaria.
E’ necessario escludere alterazioni del circolo venoso profondo con accurato esame clinico ed eventualmente con accertamenti diagnostici complementari flebografia e flussimetria ultrasonica “Doppler”.

La flebografia è una metodica radiologica, la flussimetria è una metodica non invasiva, di preziosissima utilità anche per la sua ripetibilità nel seguire l’evoluzione della malattia.
Fatta dunque la diagnosi di varici essenziali a carico della grande o della piccola safena o di entrambe con chiari segni di incontinenza degli ostii safeno femorale e safeno popliteo con inversioni di flusso, per chiudere questi punti di fuga, eliminare i vasi venosi ectasici ed interrompere le comunicazioni abnormi (in senso dentro fuori-circolo venoso profondo circolo venoso superficiale) dei vasi comunicanti si pone l’indicazione chirurgica.
Questa scelta non deve apparire troppo “drastica”, ma, in un soggetto giovane e sano e comunque in buone condizioni generali, è la via più breve e definitiva per eliminare cioè “togliere via” dei vasi divenuti inutili e dannosi nell’economia circolatoria dell’individuo. In essi il sangue o ristagna o prende il senso contrario alla giusta direzione ingorgando il “traffico” così come ingorgherebbe un’autostrada un flusso di autovetture immesso in una corsia in senso contrario a quello di marcia.
Per schematizzare la tecnica chirurgica sottolineo ancora le finalità dell’intervento.
1) interrompere le comunicazioni dove avviene inversione di flusso.
2) eliminare i vasi venosi divenuti ectasici (= varicosi).
A seconda che si asporti la grande safena (Safena interna) o la piccola safena (safena esterna) l’intervento viene detto Safenectomia interna o esterna e si può aggiungere l’aggettivo totale o parziale se tutta o soltanto una parte della vena viene asportata.

Safenectomia totale interna
Due sono le sedi delle incisioni principali
1) Regioni della piega inguinale
2) Regione premalleolare interna (alla caviglia)
In regione inguinale si incide cute e sottocute in corrispondenza dello sbocco safeno-femorale, si isola la safena proprio là dove si va a buttare nella vena femorale con una tipica curva e manico di ombrello della “crosse” che va evidenziata con accuratezza perché qui la safena riceve vasi collaterali da diverse direzioni, che vanno, opportunamente legati e sezionati. La stessa safena va interrotta al limite dell’imbocco nella femorale per non lasciare un “cul di sacco” prossimalmente alla legatura.
Questa legatura interrompe la cascata retrograda che avevamo diagnosticato clinicamente come insufficienza dello sbocco safeno-femorale e per la quale principalmente avevano posto l’indicazione chirurgica.
Il moncone distale (verso valle) della safena sezionata si isola per un tratto così da eliminare anche qui eventuali collaterali. Si incide quindi per un piccolo tratto la cute al davanti del malleolo interno: subito appare la safena interna alla sua origine accompagnata da un piccolo nervo (il nervo safeno). Anche qui si seziona, si lega il moncone verso il piede e si tiene beante l’estremità verso l’alto.
Il lume si infibula con apposito strumento detto Stripper che è simile ad uno spago metallico, che termina con due estremità filettate a passo di vite sulle quali possono essere avvitate apposite testine.
E’ preferibile incanalare dal basso verso l’alto (cioè nello stesso senso della corrente fisiologica) il lume venoso per evitare eventuali ostacoli alla progressione da parte delle tasche valvolari. L’estremità viene a spuntare dal moncone di safena in regione inguinale: si avvita una “testina” di calibro adeguato e si lega la vena sullo “stripper”, in basso si può avvitare un apposito manico: per trazione dal basso lo “stripper” porta via su di sé tutta la safena e strappa (quindi interrompe) rami collaterali che vi confluivano a diversi livelli.
Con questo tempo si raggiunge la seconda finalità prefissata: l’asportazione del vaso varicoso.
Questo semplice geniale accorgimento permette di “sfilare”, una lunga safena con due sole piccole incisioni chirurgiche e fa dimenticare come agli albori di questa chirurgia si facesse una sola lunga incisione verticale dall’inguine alla caviglia per esporre tutto il vaso e quindi asportarlo.
Spesso si deve interrompere la risalita dello strumento a circa metà percorso perché la punta si ferma: con una piccola incisione si può estrarla, sezionare il vaso e fare la manovra in due tempi.
Altre incisioni possono essere necessarie per porre legature e sezioni mirate di vasi venosi comunicanti che, lasciati in sede, porterebbero a recidive sicure (in particolare per le vene perforanti del terzo medio-inferiore della gamba e del terzo inferiore della coscia).
Si è sopradescritta la safenctomia totale: esiste anche la possibilità di asportare soltanto il tratto di safena che si riesce ad incanalare dall’alto (per es. fino al ginocchio), sempre dopo legatura e sezione della crosse; safenctomia breve o stripping corto.
Si demanda poi l’eliminazione delle varici della gamba alla sc1ero­terapia, senza fare ulteriori incisioni chirurgiche.
Questa metodica è piuttosto usata nei paesi del centro Europa dove più che da noi esiste stretta collaborazione tra chirurgia e scleroterapia. Le due possibilità terapeutiche sono viste come complementari cosicché anche quando non sia la stessa persona, come sarebbe l’ideale, l’esecutore di una completa perfetta toelette flebologica, si può constatare la collaborazione di centri medici e chirurgici. Essi inviano gli uni agli altri, i pazienti senza che si avverta affatto quel senso di “contrapposizione” o conflittualità che sembra a volte esistere in Italia tra l’indirizzo chirurgico e quello scleroterapico.

Safenectomia totale esterna
L ‘incisione a monte è eseguita nel cavo popliteo per lo più ad S per non avere retrazioni cicatriziali: si isola, si seziona e si lega la piccola safena allo sbocco nella vena popletea, l’incisione a valle è dietro il malleolo esterno. Un apposito stripper più corto permette l’estrazione di questa safena.
Le due safenctomie possono avvenire contemporaneamente nello stesso paziente. Prima di entrambi gli interventi il chirurgo provvede personalmente a disegnare con apposita matita dermografica le varici del paziente e dopo ad applicare un bendaggio elastico contentivo.
È bene che il paziente si alzi e cammini al più presto, di solito nel pomeriggio del giorno stesso, e può essere dimesso dopo pochi giorni di degenza.

Ernesta Galgano -angiologa
pubblicazione del 1984

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