Bisogna inoltre aggiungere che, a seconda del periodo in cui si manifesta una qualsiasi infezione materno-fetale, si parla di:
- embriopatia infettiva quando compare nel 1° trimestre di gravidanza
- neonatopatia infettiva quando viene contratta in un periodo vicino alla nascita, ad esempio durante il travaglio di parto.
È ancora necessario premettere che ogniqualvolta di verifica una infezione intrauterina, le conseguenze che ne derivano possono essere diverse. Si può avere infatti:
- aborto
- morte endouterina del feto
- fetopatia
- neonato sano
- neonato apparentemente sano ma che avrà della manifestazioni tardive.
Naturalmente l’una o l’altra eventualità si potrà verificare in base all’esistenza di determinate variabili: epoca della gravidanza in cui l’infezione viene contratta, difese immunitarie materne, virulenza dell’agente patogeno e così via.
ROSOLIA
E’ una malattia causata da un virus (Togavirus; ma, secondo altri, potrebbe trattarsi di un Arbovirus); si tratta inoltre di una malattia endemica (vale a dire è presente tutto l’anno), epidemica (presenta cioè un picco di massima frequenza in primavera) e pandemica (ricorre cioè ogni 6-9 anni perdurando per 2-3 anni). Ha un’incubazione di circa 15-18 giorni dopodiché si manifesta con eruzione cutanea (rash rubeolico), febbre, ingrossamento dei linfonodi nucali, retrocauricolari e laterocervicali. Questo è ciò che si verifica nel bambino o nell’adulto; naturalmente assai diverse sono le conseguenze quando la rosolia viene contratta da una donna gravida.
Infatti le manifestazioni più importanti, sul piano clinico, che contraddistinguono la rosolia congenita sono:
a) il ritardato accrescimento intrauterino del feto: questo è presente in oltre il 60% dei casi.
b) la sordità, specie dopo il primo anno di vita.
c) le cardiopatie, soprattutto su base malformativa (pervietà del dotto di Botallo, stenosi dell’arteria polmonare, stenosi della vena polmonare, ecc.)
d) le lesioni oculari (cataratta, retinite, glaucoma) presenti in un terzo dei casi.
e) anomalie cerebro-meningee e neuropsichiche ..
f) alterazioni ossee metafisarie nonché compartecipazioni renali, polmonari o pancreatiche.
Bisogna precisare che nella nostra area geografica la maggior parte delle donne (circa
l’ 80%) ha contratto la rosolia in età infantile o comunque appare essere Immunizzata nei suoi confronti. Pertanto solamente il 20% della popolazione femminile corre il rischio di contraria durante un’eventuale gravidanza. Non solo, ma ciò che è importante sottolineare è che il rischio di contrarIa varia a seconda dell’epoca di gravidanza; infatti il rischio è massimo durante il primo mese di gestazione (oltre il 50%), scende al 30-50% durante il secondo mese, è del 10-15% nel terzo mese e meno del 5% nel quarto (Fig. 1). Se ne deduce che dopo la 16a settimana il contagio transplacentare è eccezionale per cui si può anche affermare che dopo il quarto mese di gravidanza è praticamente impossibile una fetopatia rubeolica.
Discorso analogo va fatto anche per la gravità delle manifestazioni cliniche: infatti queste sono decisamente più frequenti e gravi nel primo mese di gestazione e decrescono poi in modo scalare nel secondo, terzo e quarto mese.
Per ciò che riguarda gli aspetti immunologici della rosolia, bisogna dire che le difese dell’organismo sono legate alla formazione di anticorpi quali quelli neutralizzanti, quelli fissanti il complemento e quelli emoagglutinoinibenti. Questi ultimi hanno trovato un utilissimo impiego clinico perchè è dalla loro valutazione che si può stabilire ad esempio se un soggetto è immunizzato oppure no, e, nel caso di infezione, se si tratta di una primo-infezione o di una reinfezione. Ai fini pratici, per poter considerare un soggetto protetto nei confronti della rosolia occorre che il titolo anticorpale così ottenuto sia almeno di 1:32.
Di qui l’importanza di eseguire sempre nelle bambine immediatamente prima della pubertà e nelle donne in età feconda (quando naturalmente non sia noto lo stato d’immunizzazione e quando vengano a contatto col medico) il test rosolia.
Dal punto di vista profilattico due sono le possibilità che si possono avere:
1) nel caso di giovani donne non immuni si deve far ricorso alla vaccinazione;
2) nel caso di donne non immuni gravide si deve instaurare al più presto l’immunoprofilassi passiva. Quest’ultima si basa sull’impiego di gammaglobuline specifiche al fine di evitare il contagio, limitatamente alle prime 16 settimane di gravidanza. Queste donne inoltre dovrebbero essere vaccinate subito dopo il parto.
La vaccinazione, dopo essersi naturalmente accertati di trovarsi in condizioni sicuramente extragravidiche, consiste invece nell’inoculo di virus vivi attenuati.
In pratica la vaccinazione va eseguita in corso di mestruazione, dopodiché si prescrive un trattamento contraccettivo per i 2-3 mesi successivi; dopo quattrosei mesi è opportuno controllare il titolo anticorpale per verificare se vi è stata una soddisfacente risposta immunitaria.
Fig. 1
Valutazione del rischio di contrarre la rosolia in relazione con l’epoca di gravidanza |
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Epoca gestionale | % di rischio |
- I° mese | oltre 50% |
-II° mese | 30-50% |
- III° mese | 10-15% |
- IV° mese | meno del 15% |
TOXOPLASMOSI
Si tratta di una parassitosi causata da un protozoo, il Toxoplasma Gondii, che è un microrganismo strettamente intracellulare. L’uomo adulto si contagia principalmente ingerendo cibi crudi o poco cotti o comunque contaminati (soprattutto carni di manzo, di maiale o di montone che contengono le cisti del parassita), oppure consumando verdure crude e mal lavate inquinate dalle cisti del Toxoplasma o infine direttamente in seguito al contatto con animali infetti (cani, conigli ma soprattutto gatti) che possano essere stati contaminati dal protozoo. Infatti le cisti del Toxoplasma possono essere conservate a livello dell’intestino del gatto e di qui diffuse nell’ambiente esterno tramite le feci. Le cisti, che sono molto resistenti, sono in grado di contaminare verdure o altri animali e quindi essere trasmesse all’uomo. Si calcola che il 50-80% dei soggetti adulti abbiano contratto la malattia (anche senza segni clinici, come accade il più delle volte) e ne risultano dunque protetti.
I problemi dunque nascono qualora ne sia affetta una donna gravida non immunizzata. La fetopatia toxoplasmosica è infatti caratterizzata da ritardato accrescimento intrauterino, manifestazioni patologiche di tipo polivisceritico (a carico soprattutto di cuore, polmoni e fegato), lesioni neuro-oculari (in questo caso può essere presente la classica tetrade: idrocefalo-corioretinite-convulsion i-calcificazioni endocraniche), ritardo mentale (negli anni successivi).
Anche per la Toxoplasmosi esiste una relazione con l’epoca di gravidanza: infatti il rischio di contrarla (che persiste per tutta la durata della gravidanza) al contrario della rosolia aumenta con l’aumentare dell’età gestazionale. Basti pensare che la possibilità di contrarre la malattia è del 20% nel l° trimestre di gravidanza, del 30% nel II° trimestre e del 50% nel III° trimestre (Fig. 2). Analogo a quello della rosolia è invece il discorso che riguarda la gravità delle manifestazioni cliniche: infatti questa diminuisce all’aumentare dell’età gestazionale. Indicando un rapporto tra forme gravi e forme lievi ad epoca di gravidanza, constatiamo che tale rapporto è di 4:1nel l° trimestre, di 1:1 nel lIo trimestre e di O:1 nel III°trimestre (Fig. 3): questo si spiega con il fatto che con l’aumenare dell’età gestazionale aumenta anche la permeabilità placentare al passaggio degli anticorpi anti-Toxoplasma.
Per quel che concerne le indagini diagnostiche, dobbiamo premettere che il tipo di esame cui viene fatto più frequentemente riferimento è il test di emoagglutinazione indiretta (Toxo-test) che utilizza globuli rossi su cui è stato fissato l’antigene toxoplasmico. Altre prove di laboratorio cui si ricorre per porre diagnosi di Toxoplasmosi sono: il test Sabin e Feldmann o Dye-test, oggi un po’ meno usato per il fatto che richiede l’impiego di toxoplasmi vivi e pertanto in parte sostituito dalla reazione di immunofluorescenza indiretta.
Mentre il Dye-test è più specifico per la dimostrazione delle IgG (le immunoglobuline – gli anticorpi cioè – che sono responsabili della immunità permanente e che compaiono a partire dalla 3a settimana dalla infestazione), il Toxotest è utile per dimostrare la presenza tanto delle IgG che delle IgM (anche se forse è meno specifico del Dye-test e del test di fluorescenza indiretta). Dal momento che le IgM non attraversano la barriera placentare, Ia loro dimostrazione nel sangue del funicolo dopo il parto dimostra inevitabilmente la loro origine fetale: di qui l’importanza di alcuni tests specifici per le IgM come il test di Remington. In ogni caso sono considerati protetti i soggetti che presentano un titolo anticorpale di almeno 1:64 al Dye-test o al test di emoagglutinazione indiretta.
E’ evidente che le donne gravide che non sono protette nei confronti della Toxoplasmosi debbono essere periodicamente controllate nel corso della gravidanza ed invitate ad usare alcune precauzioni igieniche (mangiare carni ben cotte, verdura ben lavata ecc.) al fine di evitare il contagio. Nei casi in cui invece si verificasse l’infestazione durante la gravidanza, (dopo aver chiarito che si tratta di una primo-infezione) il trattamento medico consiste nel far ricorso ad un antibiotico (la spiramicina) che ha un buon tropismo placentare, raggiunge il feto e non ha effetti tossici rilevanti; in alternativa si possono fare cicli di terapia con sulfamidici unitamente a pirimetamina: è ovvio che tale terapia dovrà essere continuata per tutta la durata della gravidanza al fine di scongiurare le possibili e gravissime conseguenze dell’infezione endouterina.
Fig. 2
Valutazione di contrarre la toxoplasmosi in relazione con l’epoca di gravidanza |
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Epoca gestazionale | % di ricìschio |
-I° trimestre | 20% |
-II trimestre | 30% |
- III° trimestre | 50% |
Fig. 3
Toxoplasmosi: rapportotra forme cliniche e lievi ed epoca di gravidanza |
|
Epoca gestionale |
forme gravi : forme lievi |
-I° trimestre |
4 : 1 |
-II° trimestre |
1 : 1 |
-III° trimestre |
0 : 1 |
Dott. Sandro Viglino
Specialista in Ginecologia e Ostetricia
Università di Genova
Pubblicazione del Dicembre 1983