PRURITO VULVARE

Può essere di vario tipo: urente, continuo, intermittente, a prevalenza notturno, creando un impellente, istintivo ed improcastinabile desiderio di grattamento spesso così violento che se da una parte lenisce anche se solo momentaneamente il prurito, dall’altra crea delle vere e proprie microlesioni cutanee che infettandosi a loro volta, aggravano la situazione, confondendo e complicando sia la diagnosi sia la terapia. 

Talvolta al sintomo del prurito si accompagna quello di “”bruciore”, con arrossamento ed edema della parte, fissurazione della cute, e quello di una leucorrea biancastra le cui caratteristiche, come vedremo possono aiutare a porre diagnosi differenziale tra varie forme.
Inoltre la vulva è soggetta a subire la patologia di organi concomitanti come succede per esempio con la maggior parte delle malattie vaginali.
Poiché come vedremo, molte sono le cause responsabili di questo sintomo, alcuni hanno suggerito che di fronte a situazioni complesse sia opportuno affiancare al ginecologo un buon dermatologo.
Ciò che spinge lo specialista ad interessarsi a fondo e con attenzione di questo problema, è il fatto che esso è realmente presente, fastidioso ed imbarazzante, è frequente e che nella donna in menopausa è il primo ed unico segnale della presenza di un possibile tumore vulvare.
Accenneremo ora alle cause più frequenti di vulviti in grado di dare prurito locale, accennando anche alle involuzioni cutanee post-menopausali ed a quelle situazioni locali che possono considerarsi a rischio di sviluppare un tumore.
Per eliminare in breve e completamente il prurito, occorre porre anche diagnosi esatta del tipo di vulvite responsabile, cosa che non è sempre facile fare solo clinicamente sia per la complessità di alcuni quadri sia per la sovrapposizione di altre flogosi sopra le lesioni da grattamento.

 

DIAGNOSI DELLE VULVITI

  • anamnesi molto accurata del sintomo e della paziente (abitudini di vita, terapia effettuate o in atto, eventuali altri disturbi, malattie in atto o pregresse, diatesi allergica etc)
  • ispezione clinica attenta della zona
  • coltura di eventuale secreti o loro visualizzazione con microscopio a fresco
  • biopsie locali e altri esami o test di laboratorio

Oggi si adotta, così come avviene per il lo studio delle malattie della cervice uterina, un ingranditore locale che permette di visionare meglio certe zone e di effettuare test con alcune sostanze chimiche (toluidina) e biopsie estremamente mirate; questa metodica prende il nome di VULVO-SCOPIA ed è sempre più usata in quanto permette di scoprire micro lesioni altrimenti per nulla visibili o sospettabili.
Delle varie vulviti poi proporremo un indirizzo generale terapeutico, fiduciosi a quel punto di essere riusciti nell’intento di avere reso coscienti le donne sulla necessità di non sottovalutare il prurito e di avvicinarsi al proprio specialista di fiducia anche in quei casi che molte volte si tenderebbe a sottovalutare (come il prurito nelle donne anziane).
Valuteremo ora le distrofie vulvari mentre rimandiamo alle schede che verranno pubblicate sui numeri successivi la trattazione delle vaginiti e delle vulviti con approfondimento delle specifiche malattie. 

DISTROFIE VULVARI
E’ un capitolo molto importante in quanto nella peri e post- menopausa esse sono le cause più frequenti di prurito vulvare.
Con il termine di DISTROFlA si intende una alterazione della crescita dovuta al mancato nutrimento delle cellule, nel nostro caso della epidermide, cui fa seguito una aumentata reattività cutanea sia in senso difensivo-ipertrofico sia in senso involutivo-atrofico e delle quali il prurito rappresenta il primo sintomo.
La secchezza della pelle perivulvare, facile desquamazione cutanea, diminuzione della elasticità dell’introito vaginale e perdita delle normali difese vaginali nei confronti degli agenti esterni; si nota così una pelle di colore traslucido, sottile e rimpicciolimento delle grandi labbra tendenza all’atrofia delle piccole labbra fino quasi a scomparire. Tutti questi aspetti fisiologici favoriscono quindi l’insorgere di una distrofia cutanea, in cui il prurito, spesso estremamente fastidioso e persistente, diventa aspetto cardine di quasi tutte queste manifestazioni
Tuttavia mentre la atrofia è un fenomeno del tutto naturale, l’ ipef1rofia (ingrandimento reattivo delle cellule) lo è solo in parte, e la DISPLASlA (alterazione dello sviluppo e della organizzazione interna della cellula stessa) non lo è per nulla. Il punto nodale delle distrofie è che alcune di esse sono considerate uno stato a rischio di sviluppo tumorale e quindi, ogni volta che in menopausa comparirà un prurito, esso andrà valutato attentamente ed ogni sospetto dovrà essere diradato con l’approfondimento della diagnosi medianti VULVOSCOPlA E BIOPSlA MIRATA.
Oggi, per quanto l’inquadramento proposto dalla Società Italiana per lo studio della patologia vulvare abbi messo ordine tra le varie terminologie e eponimi della patologia vulvare, l’aspeto clinico tende ad essere considerato non alla stessa stregua della biopsia locale mirata alla quale dovrebbe spettare e solo rigorosamente ad essa, la diagnosi definitiva e l’inquadramento nosografico preciso.
L’aspetto obiettivo delle varie distrofie infatti non è così bene distinguibile, potendo osservare una cute lucente e traslucida e biancastra variante al rosso scuro o rosso vivo spesso con incapacità digitale di distinguere un fenomeno ipertrofico da uno atrofico o una distrofia da una displasia.

 

La patologia vulvare comprende quattro grandi gruppi:

1 )Distrofie di tipo
a) iperplastico = con aumento di attività e volume delle cellule (comprende le vecchie leucoplachie, le neurodermatiti

-senza atipie o irregolarità cellulare
- con atipie

b) atrofico = con atrofia ed involuzione cutanea e comprende le vecchie diziobni di craurosi vulvare e diLichen sclerosus

c) miste = con aree sia atrofiche che ipertrofiche;

2) Atipie vulvari che comprendono
a) displasia lieve
b) displasia moderata
c) displasia grave

3) Carcinoma in situ della Vulva e definito in passato anche con il nome di m. di Bowen, eritoplasia di Queyrat

4) Malattia di Paget vulvare.

1)Distrofie di tipo
a) iperplastico = con aumento di attività e volume delle cellule (comprende le vecchie leucoplachie, le neurodermatiti
-senza atipie o irregolarità cellulare
- con atipie
b) atrofico = con atrofia ed involuzione cutanea e comprende le vecchie dizioni di craurosi vulvare e diLichen sclerosus
c) miste = con aree sia atrofiche che ipertrofiche;
2) Atipie vulvari che comprendono
a) displasia lieve
b) displasia moderata
c) displasia grave
3) Carcinoma in situ della Vulva e definito in passato anche con il nome di m. di Bowen, eritoplasia di Queyrat
4) Malattia di Paget vulvare.
Anche per le malattie vulvari , così come anche per il tumore della cervice uterina, è stato introdotto ed accettato il concetto che le Displasie vulvari e la neoplasia intraepiteliale siano espressione dello stesso tipo di malattia in grado di variare l’aspeetto e la crescita cellulare allontanandolo così tanto dal modello di partenza, da evolvere a tumore se lasciata senza adeguata terapia o controllo.
Tale concetto nosografico, prende il nome di:
V.I.N. = neoplasia intraepiteliale vulvare e comprendente tutte le displasie ed il cancro in situ.
Le lesioni distrofiche sono favorite come si è detto dalla carenza degli estrogeni ed anche, pare, dalle flogosi croniche da stati di carenza cronica di Vit A e da alterazioni di quei fattori che influenzano la crescita locale cellulare (detti caloni) sia in senso di deficit che di iperattività.
Solo nel5% della atrofie può insorgere una lesione ATIPICA ed evolvere fino al cancro; e solo il 25% di quelle iperplastiche può sviluppare una lesione atipica.
La malattia di Paget vulvare è rara ma possibile in questa zona; similmente a quanto succede sulla mammella, compare sulla cute una zona eczematosa con crosticine, desquamante ed estremamente pruriginosa. Essa è da valutare con attenzione in quanto può essere sentinella superficiale cutanea di un tumore sviluppatosi in una zona molto vicino, per esempio ghiandola del Bartolini, ghiandole parauretrali di Skene o ghiandole sudoripare. Poiché tuttavia spesso è riscontrabile anche in assenza di malattia neoplastica, è ammessa oggi anche una sua manifestazione a se stante, senza tumore limitrofo.
Alla luce di quanto esposto appare chiaro come il prurito sia il sintomo più importante, in quanto presente in queste alterazioni in oltre il 60% dei casi; non solo, ma esso può precedere la loro nascita anche di alcuni anni.
Infine anche a livello vulvare esistono spesso dei nevi cutanei e la cui variazione di colore e morfologica nel tempo andrà attentamente riscontrata, esattamente come accade per le altre localizzazioni a livello cutaneo; d’altra parte è inutile segnalare che tra i sintomi presenti nei nevi ad iniziale degenerazione maligna (melanomi) può essere con frequenza presente anche il prurito.

TERAPIA DELLE DISTROFIE VULVARI.
Si sottolinea ancora come in queste forme la visione diretta ed ingrandita della area interessata e la sua lettura sotto microscopio sia un passo necessario per impostare solo una terapia sintomatologica anti-prurito
Nelle forme ATROFICHE si usano prodotti a base di testosterone che eutrofizzano la cute anche se danno talvolta l’effetto collaterale, se usati per lungo tempo, di lieve aumento della peluria
Sempre utili ma un poco meno efficaci invece sono i prodotti contenenti progesterone, i quali peraltro non portano alcun importante effetto collaterale. Queste terapie devono essere protratte a lungo (si parla di 3-4 settimane) per potere essere veramente efficaci.
Ogni tipo di estrogeno locale o per via generale non comporta alcun miglioramento del prurito locale nelle vulviti, nè riesce a migliorare il trofismo vulvare, invece è molto efficace sul trofismo della mucosa vaginale.
Nelle forme IPERPLASTICHE la terapia è medica-steroidea per le forme senza atipie, mentre è solo escissionale chirurgica per le altre; si ricorda come le distrofie iperplastiche con atipie siano le più soggette a potere degenerare in una forma tumorale maligna.
Come vedremo poi nel capitolo delle neoplasie vulvari, la terapia del cancro in situ e della m. di Paget è chirurgica escissionale e si esegue una vulvectomia semplice o radicale fino ad arrivare ai linfonodi inguinali.
Come consiglio estremamente pratico si può aggiungere che limitatamente allo scopo di lenire il dolore, e parallelamente ad una terapia specifica, si possono usare dei farmaci ad azione anestetica locale (Luan pomata o Uretral pomata) o alcune pomate anti-emorroidarie che contengono anestetico locale.

 

 

CONSIGLI ALLE PAZIENTI IN CASO DI PATOLOGIA VULVARE

  • non sottovalutare mai un prurito vulvare persistente specie se in menopausa non accompagnato da alcun altro sintomo, rivolgendosi ad uno specialista molto precocemente;
  • usare biancheria di cotone, non colorata e poco aderente alle zone di frizione
  • evitare se possibile di indossare indumenti troppo stretti (collant o blue jeans attillati)
  • usare preferibilmente detergenti acidi, rispetto all’uso dei comuni saponi e evitare profumi, deodoranti intimi.
  • alcuni prodotti vegetali usati in erboristeria, se usati su pelli già danneggiate, possono avere effetto sensibilizzante o irritante;
  • nelle forme a probabile eziologia infettiva, usare assolutamente biancheria da bagno personale
  • non esitare ad eseguire un dosaggio della glicemia: un prurito secondario ad una micosi vulvare persistente, può essere il primo sintomo di un inizialissimo diabete.

 

Riccardo TRIPODI
Ginecologo
Pubblicazione Ottobre 1990

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