LE INFEZIONI VAGINALI: PROBLEMA DA NON SOTTOVALUTARE

Nell’ambito dell’apparato genitale interno femminile, la vagina rappresenta certamente il tratto anatomico in cui più facile è l’instaurarsi di un processo infiammatorio e/o infettivo, e «vaginiti» vengono definiti questi processi.
Nell’ambiente vaginale sono presenti, in una sorta di reciproco equilibrio ecologico, molti microorganismi che nel complesso costituiscono la flora vaginale normale: stafilococchi, streptococchi, lactobacilli, micobatteri ed altri ancora che di regola non sono patogeni e che soltanto in determinati casi possono diventarlo. Accanto a questi appena descritti, vi possono essere altri microorganismi decisamente patogeni quali protozoi (Trichomonas vaginalis), miceti (Candida), batteri anaerobi ed aerobi, gonococchi, virus ed altri di importanza leggermente minore.
Prima però di passare a descrivere qualcuno di questi quadri patologici, occorre premettere qualche considerazione fisiopatologica. La vagina possiede una notevole capacità difensiva che si basa sulla acidità dell’ambiente vaginale e sulla presenza in esso del cosiddetto bacillo vaginale di Döderlein. Infatti l’epitelio vaginale contiene un materiale di riserva.- il glicogeno – che ad opera del bacillo di Döderlein si trasforma in acido lattico: quest’ultimo conferisce alla vagina l’acidità caratteristica (il ph infatti è compreso fra 3.5 e 4.7). Se pensiamo poi che la produzione ed il contenuto in glicogeno dell’epitelio vaginale dipende da un normale tasso di estrogeni, si può comprendere dunque perché nella bambina prima della pubertà, nella donna in epoca post-menopausale ed in genere in tutte le condizioni in cui esista una carenza estrogenica, sono più frequenti le affezioni vaginali.
Perciò che riguarda poi il mezzo tramite il quale tali processi si diffondono, bisogna ricordare che esistono tre tipi di condizioni favorenti:
a ) il contagio sessuale;
b) qualsiasi condizione che abbassi i naturali poteri di difesa della vagina e che abbiamo già descritto;
c) situazioni ostetriche particolari quali parto e aborto.
Considerare accuratamente le caratteristiche cliniche di tutti i possibili quadri di vaginite richiederebbe una trattazione assai più ampia dello spazio offertoci dalla presente rivista e forse si trasformerebbe in un discorso un po’ troppo specialistico col rischio di annoiare qualcuno dei lettori. Ritengo pertanto più opportuno prendere in considerazione soltanto gli aspetti di più vivo interesse.
Senza dubbio tra le forme più note di vaginite sono quelle protozoiche e quelle micotiche. Le prime sono provocate da un protozoo – Trichomonas vaginalis – che può colonizzare anche l’uretra (naturalmente anche quella maschile), la vescica e le ghiandole del Bartolino. Questa vaginite è caratterizzata da un essudato abbondante biancastro o bianco-grigiastro, schiumoso, spesso maleodorante; le mucose appaiono arrossate ed edematose interessando talora anche il collo dell’utero che nell’espressione clinica più tipica presenta un caratteristico aspetto «a fragola», cioé punteggiato. Soggettivamente la paziente riferisce prurito vulvo-vaginale e talora anale, bruciore e spesso dolore risvegliato in genere dal rapporto sessuale. La diagnosi è semplice e sicura al microscopio ottico. Per ciò che riguarda la terapia bisogna ricordare che la vaginite da Trichomonas è una classica malattia di coppia e pertanto il trattamento farmacologico (locale e generale a base di prodotti derivati dell’imidazolo) deve essere esteso necessariamente anche al partner maschile.
Per ciò che concerne invece le vaginiti micotiche, queste sono provocate da varie specie di un fungo del genere Candida di cui la Candida albicans rappresenta l’agente patogeno specifico nel 98% dei casi. Va subito detto che negli ultimi decenni si è verificato un sensibile aumento di queste vaginiti tanto da superare in frequenza le forme da Trichomonas. Il quadro clinico è dato da un essudato bianco, con aspetto di latte cagliato o di ricotta; le mucose appaiono edematose ed arrossate, talvolta ricoperte da piccole chiazze biancastre. Soggettivamente esiste prurito, bruciore e spesso dolore esacerbato dal rapporto sessuale. Il trattamento, che specie nelle forme recidivanti dovrebbe essere esteso anche al partner, consiste nell’uso soprattutto topico di derivati dell’imidazolo.
Vorrei ancora ricordare che accanto a forme molto diffuse come quelle descritte e quelle batteriche aspecifiche, esistono forme meno frequenti ma la cui importanza è andata aumentando in questi ultimi tempi; e ciò sembra essere legato principalmente alla, maggiore diffusione e precocità dei rapporti sessuali, dal momento che alla liberalizzazione dei costumi non è corrisposta un’adeguata e preventiva educazione sanitaria. Si tratta di vaginiti herpetiche (provocate dall’herpes virus genitale HSV2); vaginiti da Chlamydie e da Mycoplasmi (che si stanno configurando anch’esse, specie le prime, come affezioni veneree di coppia); vaginiti da gonococco (l’agente causale della blenorragia sia nel maschio che nella femmina, un tempo diffusissimo, poi pressoché scomparso  ed oggi nuovamente in ripresa).
Vorrei infine accennare brevemente alle infezioni vaginali che si possono osservare in età pediatrica e in età senile o comunque post-menopausale. Per ciò che riguarda le bambine in età prepubere va detto che oltre alla ridotta produzione estrogenica cui abbiamo già accennato, lo scarso sviluppo delÌe piccole e grandi labbra che hanno una funzione protettiva e la mancanza di acidità nell’ambiente vaginale per l’assenza di glicogeno a livello epiteliale e del bacillo di Döderlein, costituiscono altrettanti fattori predisponenti alle infezioni vaginali.
Queste ultime sono rappresentate soprattutto da forme batteriche e meno frequentemente da forme micotiche, protozoiche, gonococciche e da ossiuri. Una condizione fisiopatologica analoga la si ritrova nelle donne in epoca post-menopausale, dove la consueta terapia specifica dev’essere integrata dalla somministrazione di estrogeni allo scopo di, ricreare un ambiente vaginale il più simile possibile a quello della donna in età fertile.
Vorrei terminare ricordando che l’uso indiscriminato di terapie locali quali irrigazioni vaginali, ovuli, candelette ecc. senza una precisa e giustificata indicazione medica, deve essere assolutamente prescritto, in quanto si rischia di alterare, talora profondamente, quel delicato equilibrio, biologico che regola la vita della normale flora vaginale. Ha senso invece sottoporsi a periodici controlli ginecologici, ricordando che ‘l’intervento del medico non si esprime e non si conclude soltanto nel momento farmacologico.

Dott. Sandro Viglino
Ginecologo
Pubblicazione Giugno 1982 ( n. 4)

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