Il termine “carie” nel passato era riferito solamente alla lesione distruttiva della struttura del dente che provocava una rottura nella superficie creando una cavità; con la diagnosi si andava, invece, ad indicare la scoperta del deterioramento con perdita della sostanza dentale
Oggi vediamo la carie sotto un’altra luce: questa viene trattata come un’infezione, più precisamente l’ultimo stadio del processo è il buco o la cavità che richiede una terapia per il recupero ed è proprio l’identificazione delle fasi di questo processo che è la diagnosi attuale.
Al fine di porre un’informazione corretta è bene evidenziare come viene definita la carie dagli enti di ricerca a livello mondiale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la carie dentale come un “processo patologico localizzato, d’origine esterna, che compare dopo l’eruzione del dente e che si accompagna ad un rammollimento dei tessuti duri ed evolve verso la formazione di una cavità”.
La patologia cariosa è l’infezione cronica più comune in età pediatrica nelle Nazioni Europee con prevalenza del 68% tra gli 8 e i 9 anni e dell’85% tra i 13 e i 14 anni considerando la dentizione permanente. L’Italia presenta valori inferiori a quelli appena definiti: 20% nei bambini di 4 anni e 43% nei ragazzini di 12.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è posta un obiettivo per il 2020: 85% dei bambini di 4 anni e il 65 di 12 non dovrà più avere il problema carie. L’OMS raccomanda quindi, affinché si possa realizzare questo obiettivo, programmi di prevenzione rivolti ai bambini aventi tra gli 1 e i 6 anni, dal momento è questo il periodo di massimo apprendimento.
L’eziologia (la causa) della patologia cariosa è molto diversificata, ma sicuramente la più importante delle cause della carie è la presenza della placca batterica.
Inoltre la non corretta igiene orale permette ai batteri di depositarsi sull’elemento dentale innescando il meccanismo che porta all’insorgenza della carie. Oltre alla mancanza di igiene orale vi sono altri fattori che sono concausa dell’insorgenza della malattia.
Tra le cause della carie, da alcuni autori, vengono posti anche fattori ereditari. Un’alta cariorecettività, ovvero il grado di predisposizione di ognuno di noi alle infezioni cariose, può essere imputata al nostro DNA che ha impedito la formazione corretta dello smalto dentale.
Ma come fa un odontoiatra a diagnosticare una carie?
Si inizia con un esame visivo:
Il cavo orale viene osservato direttamente
La cavità aperta senza struttura del dente intatta viene osservata senza esplorazione
Un getto d’aria debole potrebbe essere sufficiente per rimuovere biofilm e detriti per migliorare la visione
Strumenti:
Si utilizza una sonda o un explorer (non necessari se la cavità è in posizione occlusale, vestibolare e palatale/linguale)
Sono necessarie delle radiografie per identificare la profondità di eventuali carie interprossimali
Esame radiografico:
Le cavità profonde necessitano di questo esame per osservare un eventuale coinvolgimento della polpa del dente
Utilizzo di bitewings:
utilizzati principalmente per cavità interprossimali
Le immagini radiografiche sono fondamentali per la valutazione e utili per pianificare un corretto piano di cura per il paziente. Il paziente deve essere esposto alla minor quantità possibile di radiazioni sufficienti a produrre radiografie del più alto valore interpretativo.
Un’immagine radiografica possiede gradazioni che vanno dal bianco (radiopacità) al nero (radiotrasparenza). Un materiale denso che impedisce il passaggio di raggi X appare bianco su una radiografia sviluppata. Il tessuto molle che non offre resistenza appare nero o tendente al grigio. In una radiografia del cavo orale appariranno bianchi: smalto, dentina, restauri metallici, impianti; si mostreranno neri: polpa, cisti, carie dentali e legamento parodontale.
Le radiografie che principalmente utilizzate nell’ambito odontoiatrico sono: le panoramiche e i bitewins. La prima è una proiezione radiografica che è posta al di fuori della bocca durante l’esposizione alle radiazioni e viene usata per esaminale mandibola e mascella del paziente. I secondi sono particolari radiografie effettuate posizionando la lastrina all’interno delle arcate dentarie in modo che vengano impressionate sia le corone dei denti superiori che degli inferiori; è una delle lastre tipiche che il dentista può effettuare per la diagnosi delle carie coronali, in particolare per rilevare la presenza di carie interdentali.
Per valutare la cario recettività è stato prodotto un set dedicato alla valutazione della di questa e allo stesso tempo dell’HPV permette una doppia opzione usufruendo di un unico kit. Questo test, contenente un tampone leggermente abrasivo, viene effettuato in studio dal team odontoiatrico
Per valutare la cario-recettività il tampone deve essere “sfregato” solo sulla gengiva aderente superiore e inferiore con un’azione mirata che dura circa 30 secondi per arcata. I pazienti candidati sono i bambini che presentano cario-recettività ad esordio precoce , i ragazzi in trattamento ortodontico e gli adulti con rischio carie elevato, nei pazienti portatori di Handicap che influenzano le normali manovre di igiene orale. Costoro dovranno astenersi dall’assumere qualsiasi sostanza alimentare, collutori e non dovranno spazzolarsi i denti almeno 30 minuti prima dell’esame. Questo test permette la valutazione dei patogeni tipici più il patogeno che è maggiormente associato a cario-recettività nel Sud Europa. (revisione PubMed).
La carie rappresenta una via di accesso per i vari microrganismi che possono stimolare infezioni locali e compromettere lo stato di salute dell’intero organismo.
È una malattia che coinvolge cinque fattori: microrganismi, dieta, saliva, resistenza dei denti e, ultima ma non meno importante, l’igiene personale del cavo orale
Bisogna sapere, inoltre, che la carie è una malattia infettiva che può essere trasmessa da un individuo ad un altro. Come tale è possibile prevenirla e, là dove la prevenzione non ha avuto effetto, l’infezione è controllabile.
Il termine flora orale indica l’insieme di batteri ed altri microrganismi che abitano la cavità orale. L’aggregazione di popolazioni batteriche aderenti alle superfici forma il biofilm dentale che gioca un ruolo rilevante nell’avvio e nella progressione della carie.
Il processo della carie inizia infatti con determinati batteri, definiti acidogeni, che agiscono metabolizzando i carboidrati fermentabili che il paziente assume. Si formano, dunque, degli acidi che a loro volta procedono nella demineralizzazione dello smalto, cemento o dentina, creando così delle cavità.
Con il termine demineralizzazione si intende lo stadio più importante del processo di carie dentale nel quale i minerali vengono sciolti dalla struttura del dente a causa degli acidi prodotti dai batteri cariogeni. L’acido prodotto dal batteri agisce sulla superficie del dente passando attraverso i microcanali dello smalto. Quando sopraggiungono le demineralizzazioni possono rilevarsi clinicamente delle macchie bianche
Vediamo ora uno schema della sequenza di formazione della carie all’interno del cavo orale:
Se nella prima metà del ‘900 la gestione della carie dentale prevedeva l’utilizzo di restauri o addirittura l’estrazione di molti denti compromessi (che venivano sostituiti da elementi protesici), il piano di cura odierno prevede un appuntamento con il medico per il restauro.
Negli ultimi anni si è evidenziata una riduzione di questa malattia infettiva correlata principalmente all’uso domiciliare di dentifrici contenenti fluoro, collutori e all’applicazione topica da parte del team odontoiatrico di soluzioni, gel e vernici.
Tuttavia la carie è ancora la maggiore minaccia per la salute e il benessere nella vita quotidiana di adulti e bambini. È necessario quindi che fornire alla popolazione cura ed educazione in modo che la salute dentale sia duratura ed effettuare controlli periodici dall’odontoiatra e dall’igienista dentale per prevenire la formazione delle lesioni dentali.
La prevenzione inizia già ancora prima della nascita del futuro componente della famiglia. La gravidanza, infatti, è una delicata situazione temporanea, che porta ad una serie di cambiamenti fisici e psichici, tra cui una tendenza maggiore a gengivite e parodontite con un maggior rischio di carie e lesioni orali. Si documenta un innalzamento del rischio di carie in queste pazienti a causa dell’aumento del pH dovuto alle nausee, legato all’assunzione di cibi particolarmente ricchi di zuccheri e della minor attenzione alla salute orale. Se nella saliva della madre è, inoltre, presente un elevato numero di patogeni orali, vi è un forte rischio di trasmissione madre-figlio.
Un ruolo fondamentale nella terapia della carie è la figura dell’igienista dentale che ha il compito di istruire e motivare il paziente all’igiene orale corretta e quotidiana controllandone in studio il mantenimento con la profilassi professionale.
Il principio fondamentale di qualsiasi programma di prevenzione è la continuità. Sono dunque necessari controlli e richiami frequenti per monitorare la salute del paziente, per motivarlo nell’utilizzo di corrette tecniche di spazzolamento e per impedire lo sviluppo e l’aggravamento di patologie croniche quali la parodontite o la perimplantite.
Un paziente, prima di terminare la sua seduta di igiene orale, si trova ad affrontare con il proprio igienista dentale le tecniche di spazzolamento e gli strumenti utili per il controllo meccanico e chimico della placca. La tecnica che maggiormente viene consigliata prevede l’utilizzo di uno spazzolino a setole di media durezza che vanno posizionate a livello del solco gengivale, inclinando lo strumento di 45° rispetto all’asse lungo del dente. Si prevedono dei piccoli movimenti vibratori ripetuti 6/7 volte con lo scopo di disgregare la placca batterica, seguiti poi da un movimento semirotatorio in direzione apico-coronale (“a rullo”) ovvero dal rosa della gengiva al bianco del dente. Ogni cavo orale ha la sua conformazione quindi sarà a discrezione dell’igienista dentale scegliere la tecnica più adatta ogni paziente. A prescindere dalla tecnica prescelta bisogna ricordare:
1. La sequenza: si prevede un percorsi che lo spazzolino deve compiere sulle superfici dei denti per non dimenticare di ripulire alcuna zona del cavo orale. Solitamente si insegna ad iniziare inferiormente, esternamente dal molare per andare a terminare al molare del lato opposto; la stessa procedura sarà da effettuarsi internamente e superiormente. A livello masticatorio sono indicati movimenti orizzontali.
2. Frequenza: 3 volte al giorno dopo i pasti principali: colazione, pranzo e cena.
3. Durata: almeno 2 minuti
4. Pressione: attenzione a non eccedere con la pressione perché altrimenti si potrebbero andare a ledere i tessuti molli.
Gli strumenti indicati per una corretta detersione della bocca sono
- Spazzolino (manuale/elettrico/sonico/ortodontico/sulculare/monociuffo/per protesi)
- Filo interdentale
- Scovolino
- Dentifricio
- Collutorio
- Sostanze rivelatrici di placca
Il paziente ortodontico è da considerarsi ad alto rischio di demineralizzazione e carie dentale. Gli apparecchi fissi, in particolar modo, tendo ad ostacolare un’adeguata igiene orale e a favorire la formazione di placca nelle zone dei bracket e delle bande. Per mantenere una buona igiene orale nel paziente ortodontico esistono alcuni presidi che sono fondamentali:
- Spazzolini ortodontici: ideati appositamente con un dislivello centrale delle setole per facilitare la rimozione della placca nelle zone adiacenti ai bracket
- Filo interdentale (superfloss o ultrafloss): caratterizzati da una parte di filo spugnosa che permette la detersione al di sotto delle bande
- Scovolini: utili nella pulizia delle superfici dei denti tra un attacco e l’altro
- Pastiglie rivelatrici di placca: consentono un controllo visivo immediato dell’igiene del cavo orale facendo risaltare eventuali accumuli di placca non detersi adeguatamente
Nei pazienti più piccoli si consigliano, invece, le sigillature dei solchi. Solchi e fessure di molari e premolari sono, per via della loro forma anatomica, l’habitat ideale per la colonizzazione e la crescita batterica (non a caso sono questi i denti più colpiti dalle lesioni cariose). A livello dei solchi lo spessore dello smalto risulta ridotto rispetto a quello delle cuspidi e di conseguenza più vulnerabile agli insulti dei batteri cariogeni. Sempre per motivi anatomici è i solchi sono una zona più inaccessibile e saliva, lingua e spazzolino. Lo scopo di questo procedimento preventivo è quello di creare una barriera fisica, di bloccare l’accesso ai batteri della cavità orale e alle sostanze che li alimentano creando un ambiente acido e sfavorevole. L’igienista dentale durante una seduta utilizza quindi un sigillante, un polimero organico che fluisce nella cavità o nella fessura e aderisce alla superficie dello smalto nel punto di massima profondità senza andare ad interferire con la funzione masticatoria; la maggior parte dei sigillanti è composta da Bis-GMA e le tre tipologie in commercio sono con riempitivo, senza riempitivo e con riempitivo rilascianti fluoro. Tendenzialmente questa operazione viene effettuata a seguito dell’eruzione dentaria dei molari permanenti per proteggere lo smalto ancora poco maturo.
Il fluoro è un altro elemento che viene utilizzato nell’ambito della prevenzione odontoiatrica soprattutto nei bambini per evitare la demineralizzazione dello smalto ne denti decidui. Secondo l’OMS il fluoro è un utile presidio nella prevenzione della carie ed è stata dimostrata la sua maggior efficacia quanto più precoce e duratura nel tempo è la sua assunzione. I principali meccanismi d’azione sono:
1. Inibire il metabolismo batterico attraversando la membrana batterica sotto forma di acido fluoridrico determinando così la diminuzione della loro capacità di adesione al dente
2. Inibire la demineralizzazione dei tessuti duri del dente
3. Facilitare la remineralizzazione dello smalto
L’assunzione di fluoro è consigliata anche alle mamme agli inizi della gravidanza (a partire dal terzo mese) dal momento che avrà affetti sulla dentizione del nascituro.
È possibile trovare il fluoro sia in gel, collutori, vernici e dentifrici (in questo caso si parla di fluoro topico) sia in compresse o gocce da somministrare al paziente (via sistemica).
Anche l’alimentazione influenza la salute del cavo orale condizionando l’insorgenza della carie, lo sviluppo dello smalto e di erosioni dentali
È ormai noto che la carie sia direttamente correlata al consumo di zuccheri semplici; le principali fonti sono: bibite zuccherate, dolciumi, suchi di frutta, zucchero, miele e alcuni tipi di frutta (candita, castagne, uva, fichi…). Dopo aver assunto zuccheri semplici è di estrema importanza lavarsi accuratamente i denti.
Grassi e proteine hanno invece un effetto protettivo. Anche se i grassi hanno un effetto protettivo nei confronti della carie, è comunque consigliabile assumerli con moderazione in quanto il loro eccesso favorirebbe obesità e patologie cardiovascolari. I grassi si trovano soprattutto nel lette, nei latticini, nella panna, nel burro nei formaggi, nella frutta secca ma anche in carni particolarmente grasse, nei salumi, nell’olio e nello strutto. Le proteine sono, invece, contenute in pesci, molluschi, crostacei, latte yogurt, formaggi, uova, carne e legumi. Alcuni legumi sono inoltre alcalinizzati e aiutano quindi a mantenere un corretto equilibrio del cavo orale.
Non bisogna dimenticarsi di frutta e verdura! Esse contengono vitamine, sali minerali e fibre; devono quindi essere sempre presenti nella nostra alimentazione. Consumare frutta e verdura cruda favorisce la masticazione e un’adeguata secrezione salivare che aiuta a mantenere una bocca più pulita.
È fondamentale idratare il nostro corpo bevendo spesso durante il corso della giornata (2 litri al giorno) dal momento che rappresenta il 70% del nostro organismo. È preferibile bere dell’acqua minerale in quanto ricca di minerali tra cui il calcio assai utile ai nostri denti. Le acque italiane sono anche sufficientemente ricche di fluoro