Attualmente parlare di vitamina D è di moda. È un argomento molto discusso sui siti web, su molte riviste, tra amiche ed a lavoro, però alcune volte il medico è l’ultimo ad essere consultato. Cʹ è da chiedersi quindi, se sappiamo veramente di cosa parliamo.
La vitamina D è così chiamata perché è stata scoperta dopo la vitamina A, la B e la C, ma non è una vitamina.
È un pro ormone liposolubile che comprende un gruppo di molecole simili agli ormoni steroidei denominate secosteroidi che sono la vitamina D1, D2, D3, D4, D5 (fig.1).
Di queste cinque, solo la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo) sono contenute negli alimenti e rispettivamente, la vitamina D2 è contenuta nelle piante e nei funghi e la vitamina D3 nel pesce grasso (tonno, salmone, sgombro), nelle uova e nei prodotti caseari.
Purtroppo, in questi alimenti il contenuto di vitamina D è poco e variabile e quindi, la nostra principale fonte è l’esposizione della cute alla luce solare. La vitamina D è metabolizzata dal fegato e dai reni. Il fegato idrossila una prima volta la vitamina che viene poi, ulteriormente idrossilata dai reni in 1,25(OH)2 D che è la forma ormonale biologicamente attiva. Molti sono gli studi che parlano dei possibili effetti della 1,25(OH)2 D su diversi organi (Fig.2). Si ipotizzza che questo ormone possa aumentare la forza e la coordinazione dei muscoli, ridurre la pressione arteriosa ed il tono vasale, migliorare la funzionalità cardiaca, avere effetti positivi sulle malattie croniche, effetti immunoprotettivi, neuroprotettivi ed antitumorali ed un deficit di vitamina D sembrerebbe associato ad un maggior rischio di sviluppare diabete ed asma (Norman A.W. 2008; Casado E. 2017). Bisogna però, fare molta attenzione perché molti di questi effetti e dei relativi meccanismi non sono ancora chiari e ben definiti e mancano dati basati sulle evidenze scientifiche (Ciaferotti e coll. 2017, Autier P. e coll. 2017). Ma cosa fa la vitamina D? possiamo dire che il ruolo di questo ormone nella prevenzione e nel trattamento delle malattie metaboliche ossee attraverso la regolazione dei livelli plasmatici di calcio e fosforo è ormai certo ed ampiamente riconosciuto. La vitamina D aumenta l’assorbimento intestinale e renale di calcio e mobilizza il calcio ed il fosforo dall’osso ed un suo deficit stimola un aumento del paratormone che conseguenzialmente aumenta l’assorbimento di calcio a livello renale. Una carenza di vitamina D, oltre a contribuire alla comparsa di una debolezza muscolare stimola quindi, un aumento della sintesi del paratormone che determina un aumento della perdita della massa ossea, inoltre una diminuizione dell’ assorbimento di calcio può portare ad un deficit di mineralizzazione ossea ed osteomalacia. Quali sono i valori normali di vitamina D? Al momento non vi è un accordo tra le diverse società scientifiche visto che i livelli plasmatici di questo ormone posso variare in rapporto alla stagione, al luogo dove si vive, al sesso, al colore della pelle ed all’obesità. Sembrerebbe che i livelli plasmatici di vitamina D aumentino in estate e siano più alti al sud, mentre diminuiscano tra le femmine e negli obesi. Nel 2011 sono state aggiornate le soglie plasmatiche di riferimento della carenza, insufficienza e sufficienza di questo ormone. Si parla di una sua carenza se il livello plasmatico risulta inferiore a 20 ng/ml, di insufficienza se risulta tra i 20 e 30 ng/ml e di sufficienza se è tra i 30 e 100 ng/ml (Holick M.F. e coll. 2011). Integrare la vitamina D è semplice, può essere assunta sottoforma di gocce, capsule o flaconcini. Purtoppo, abbiamo detto che il più delle volte con la sola dieta e l’ esposizione solare non si raggiungono dei livelli sufficienti di vitamina. Quindi, in caso di carenza ed insufficienza il medico supplementerà questo ormone con assunzioni giornaliere o settimanali o mensili e secondo dosi suggerite dalle attuali linee guida. Il tipo di terapia dipende dal paziente, dalla sua collaborazione e dall’aderenza al programma terapeutico. Inoltre, le modalità dipendono anche dal tipo di integrazione se con colecalciferolo o con calcifediolo. In genere, dopo circa 2 mesi di terapia si ripetono gli esami ematici per valutare il livello di vitamina raggiunto e decidere di proseguire con una dose di mantenimento. Quando si può consigliare di controllare la vitamina D? Nei giovani e nelle persone sane un controllo della vitamina D va fatto solo dopo aver consultato il medico, sarà infatti, il medico a valutare se è indicato eseguire un controllo. Invece, è necessario e doveroso sottoporre ad uno screening della vitamina D le persone affette da patologie ossee come l’osteoporosi e l’osteomalacia, gli anziani, soprattutto quelli con storia di cadute e fratture, le persone affette da sindromi da malassorbimento, quelle con insufficienza epatica ed insufficienza renale, con iperparatiroidismo, gli obesi, le donne in gravidanza ed allattamento e quelli che assumono i farmaci antiosteoporotici (Cesareo R. e coll. 2018). Tutte queste persone sono infatti, più a rischio di avere una insufficienza o carenza di vitamina D. La carenza di calcio e vitamina D rappresenta la causa più comune di mancata risposta alla terapia farmacologica antiosteoporotica per cui si raccomanda di associare sempre un adeguato apporto di calcio e vitamina D ad un qualsiasi trattamento farmacologico dell’osteoporosi. L’osteoporosi è infatti, una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea e da alterazioni qualitative dell’osso che si accompagnano ad un aumento del rischio di frattura (Adami S. e coll. 2009). La diagnosi di osteoporosi si fa eseguendo una indagine densitometrica la così detta DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry) che oggi consente di misurare in modo preciso la densità minerale ossea per poter valutare il rischio di frattura. Questo esame è raccomandato nelle donne dopo i 65 anni di età e nei maschi e femmine di età inferiore, ma che presentano dei fattori di rischio: che siano in menopausa precoce (prima dei 45 anni), magri ( con peso inferiore ai 57 kg) , nei fumatori, in quelli che fanno uso di farmaci osteopenizzanti (cortisonici, psicofarmaci ecc.). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità siamo davanti ad una osteoporosi se all’esame DEXA il T-score è inferiore a -2.5 DS e ad osteopenia, se il T-score è compreso tra -1,0 e -2,5 DS (Fig.3). In conclusione, non tutti hanno bisogno di supplementare la vitamina D. Questa va supplementata solo quando nei soggetti a rischio, se ne documenti una insufficienza o carenza e sempre sotto il controllo del medico. Una adeguata assunzione di vitamina D e calcio è necessaria quando si assumono i farmaci per l’osteoporosi (bifosfonati, ralenato di stronzio, teriparatide, denosumab). Infine, è importante sottolineare che l’efficacia terapeutica di questa vitamina è garantita solo a livello del metabolismo scheletrico, per le altre possibili applicazioni, anche se i dati sperimentali sono molto promettenti, attualmente non abbiamo studi clinici randomizzati a garantirne e giustificarne l’utilizzo. L’intergrazione di questo ormone quindi, non deve essere una moda, ma va fatta in modo corretto secondo dosaggi e modalità stabilite dal medico per evitare inutili spese e possibili effetti tossici.