Il priapismo è un raro disturbo caratterizzato dalla persistenza per più di 4 ore di un’erezione peniena massimale, in assenza di alcuno stimolo sessuale. La sua denominazione deriva dal dio della mitologia greca e romana “Priapo”, noto simbolo di potenza sessuale maschile e fertilità.
Risulta estremamente importante classificare il priapismo in 3 differenti categorie:
(1) Basso flusso o ischemico
(2) Intermittente o “stuttering
(3) Alto flusso o non ischemico
1. Il priapismo a basso flusso raccoglie più del 95% di tutti gli episodi di priapismo. Viene definito come una sindrome compartimentale localizzata a livello dello 2 strutture tubulari erettili del pene, detti corpi cavernosi. Il priapismo a basso flusso è nella maggior parte dei casi di tipo “idiopatico”, ovvero senza alcuna chiara causa sottostante. Tuttavia, può essere associato a malattie ematologiche, all’assunzione di droghe od alcool, a patologie tumorali o neurologiche ed infine all’utilizzo non corretto di farmaci utilizzati nella gestione del deficit erettile (orali o più frequentemente iniettivi). Va tuttavia chiarito che i farmaci utilizzati oggi giorno, sia di tipo orale, topico o iniettivo, godono di un altissimo profilo di sicurezza, soprattutto quando correttamente gestiti da uno specialista uro-andrologo.
Il priapismo a basso flusso viene supportato da un’alterazione patologica dei normali meccanismi microvascolari che inducono la fisiologica detumescenza del pene dopo un evento erettile. Ciò comporta un’erezione persistente, con la mancanza di ricircolo sanguigno, che induce un progressivo danno ischemico ai tessuti cavernosi, per mancanza di un’adeguata ossigenazione. Tale danno risulta reversibile nelle prime ore dall’insorgenza dell’evento patologico, ma risulta del tutto irreversibile a distanza di 48-72 ore. La fisiopatologia del priapismo sottolinea pertanto l’importanza di una diagnosi precoce, al fine di scongiurare danni irreversibili che potrebbero compromettere la potenza sessuale del paziente.
Quali sono pertanto i segni caratteristici di un episodio di priapismo a basso flusso?
Un’erezione persistente, per oltre 5-6 ore, in assenza di alcuno stimolo sessuale, spesso dolorosa.
Come comportarsi nel sospetto di un episodio di priapismo?
Recarsi al pronto soccorso più vicino, per eseguire una visita urologica specialistica e, nel caso di una conferma diagnostica, ricevere le cure più opportune in modo tempestivo.
Come viene risolto un episodio di priapismo?
La gestione, competente allo specialista uro-andrologo, prevede l’aspirazione del sangue bloccato all’interno dei corpi cavernosi, il lavaggio con acqua e bicarbonato o l’iniezione di farmaci vasocostrittori (in particolare la fenilefrina). Nei casi refrattari ad un trattamento conservativo, solitamente con durata > 48-72 ore, la gestione del priapismo diventa chirurgico.
La detumescenza può essere pertanto raggiunta con l’esecuzione di uno “shunt”, ovvero la creazione di un tragitto artificale intra-penieno che faciliti il deflusso del sangue stagnante nei corpi cavernosi verso strutture anatomiche circostanti (nella maggior parte dei casi verso il glande). Lo “shunt” può tuttavia non essere efficace in tutti i casi, soprattutto se il priapismo è durato > di 48-72 ore. Inoltre, esiste un concreto rischio, in seguito a manovra di “shunt”, di sviluppare un grave disfunzione erettile. In questi casi, la soluzione definitiva, risulta l’impianto di una protesi peniena, ovvero l’inserimento all’interno del pene di un device meccanico che garantisca al paziente una rigidità dell’asta sufficiente alla penetrazione. L’impianto protesico deve essere eseguito in tempi brevi, in modo da preservare dei tessuti cavernosi elastici e facilmente manipolabili. Effettivamente, l’impianto protesico differito (oltre 1 mese) in un paziente con pregresso episodio di priapismo, può diventare estremamente complicato, rendendo necessario, in casi estremi, la completa ricostruzione dei corpi cavernosi, completamente obliterati da un processo di estesa fibrosi.
2) Il priapismo intermittente o “stuttering” è caratterizzato da uno schema ricorrente, ovvero da erezioni prolungate, di solito meno di 3 ore, più frequentemente notturne, che diventano progressivamente più dolorose, a seconda della durata dell’episodio. Possono esitare in episodi acuti di priapismo a basso flusso, anche in maniera ricorrente. Possono pertanto causare un progressivo deterioramento della funzione erettile e, ovviamente, forte disagio psico-sessuologico. Il priapismo intermittente si manifesta più frequentemente nei pazienti affetti da un disturbo ematologico detto “anemia falciforme”.
La gestione cronica di questo disturbo avviene attraverso l’impiego di diverse classi di farmaci (ad azione ormonale o ad azione vascolare), con il principale obiettivo di ridurre il numero di episodi, soprattutto di tipo acuto a basso flusso. Nei casi refrattari a qualsiasi terapia, può essere indicato il posizionamento di una protesi peniena.
3) Il priapismo ad alto flusso, al contrario dei precedenti, è secondario ad un traumatismo coinvolgente le arterie dei corpi cavernosi, che inducono la creazione di una “fistola”, ovvero di una comunicazione patologica fra l’arteria e il corpo cavernoso. Questo evento induce pertanto un’erezione prolungata sostenuta da sangue arterioso, pertanto ben ossigenato. Queste caratteristiche rendono tale forma di priapismo, non pericoloso per la salute dei tessuti erettili, esitando pertanto in una gestione di tipo differibile. Il trattamento, nei casi in cui l’episodio non esiti in una remissione spontanea, consiste in un embolizzazione selettiva della fistola eseguita dai radiologi interventisti con approccio mini-invasivo.
In conclusione, il priapismo, sebbene sia una patologia rara, può, se non opportunamente diagnosticato e trattato, compromettere in maniera anche definitiva la funzione erettile dei pazienti. La gestione sia acuta che cronica, va affidata a uro-andrologi, possibilmente in centri di riferimento, in modo da garantire un servizio di qualità basato sulle più recenti evidenze scientifiche.
Paolo Gontero
Direttore Clinica Urologica, Ospedale Molinette, Università degli Studi di Torino
Marco Falcone
Scuola di specializzazione in Urologia, Università degli Studi di Torino