È dunque naturale che anche un evento importante quale una gravidanza debba tener conto di tale realtà.
La donna che si appresta ad affrontarla si rivolgerà al ginecologo non soltanto per essere sottoposta ai normali controlli diagnostici e clinici, ma anche per ricevere consigli circa l’igiene personale, l’alimentazione, lo sport, i viaggi, l’attività sessuale e soprattutto circa il comportamento da tenere nei confronti della attività lavorativa.
Compito del medico sarà innanzitutto quello di raccogliere informazioni circa il tipo di lavoro, l’ambiente in cui si svolge, la distanza che lo separa dall’abitazione, gli eventuali problemi psicologici ad esso correlati ecc.
Sarebbe qui troppo lungo, e forse non del tutto giustificato, enumerare tutti i tipi di lavorazioni che possono costituire pericolo per la normale prosecuzione della gravidanza: ci sono leggi (art. 5 del D.P.R. 25/11/76 n. 1026; D.P.R. 20/1/76 n. 432; D.P.R. 19/3/1956 n. 303) che si occupano specificamente di ciò ed in particolare degli aspetti medico-legale e giuridico. A noi basterà ricordare alcuni concetti generali.
Per quel che riguarda l’astensione obbligatoria dal lavoro, questa è prevista due mesi prima dell’epoca presunta del parto e tre mesi dopo; ovviamente ci sono attività lavorative particolarmente faticose o pericolose che prevedono un anticipo di tale astensione (1 mese) oppure un anticipo di periodi di tempo anche più lunghi se esistono gravi complicazioni della gestazione o se il lavoro viene considerato pregiudizievole per la salute della donna e del nascituro o se la lavoratrice non può venire occupata in altri compiti.
Va ricordato inoltre che essa ha diritto ad un periodo di astensione facoltativa dal lavoro per un massimo di 6 mesi entro il 1° anno di vita del bambino.
Ovviamente esiste il divieto di licenziamento (dall’inizio della gravidanza fino al compimento del 1° anno di vita del bambino), tranne nei casi – anche questi previsti dalla legge – in cui si verifichino situazioni di particolare gravità o necessità.
Come si vede esistono numerose disposizioni in materia volte a salvaguardare la normale evoluzione della gravidanza, anche se qualcuno sostiene forse giustamente, che occorrerebbe una normativa che tutelasse anche la prima fase della gestazione dato il frequente verificarsi di interruzioni spontanee della stessa nei primi 3-4 mesi, senza contare che il prodotto del concepimento è, in questa fase, più esposto alle influenze negative dell’ambiente esterno.
Riteniamo comunque che nella maggioranza dei casi vada fatto appello al buon senso; molte attività lavorative non sono di per sé pericolose: spesso è sufficiente che la donna ricorra ad alcuni elementari accorgimenti (non compiere sforzi, evitare gli strapazzi fisici, interrompere ogni tanto l’attività per brevi pause, non mantenere troppo a lungo la stazione eretta, ecc.) per evitare a volte conseguenze spiacevoli. D’altra parte lo stesso discorso investe un poco tutte le abitudini di vita della gestante: ricordiamoci che il fumo, l’alcool, lo stress, l’uso di determinati farmaci possono causare danni assai più gravi.
Sandro M. Viglino
Specialista in Ginecologia
e Ostetricia
Pubblicazione Febbraio 1985