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Nomofobia, dipendenza da smartphone

La dipendenza da smartphone è una malattia, si chiama nomofobia.
Si tratta del timore ossessivo di non essere raggiungibili al telefono cellulare. È molto simile a tutte le dipendenze, in quanto causa interferenze nella produzione della dopamina, che regola il circuito celebrale della ricompensa. Secondo gli esperti la maggior parte delle persone colpite sarebbero giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali.

Ansiosi per la batteria del cellulare scarica, nervosi per l’esaurimento del credito telefonico o agitati per la mancanza della rete. L’ossessione per lo smartphone, definita dagli esperti “Nomofobia”, oggi colpisce milioni di persone in tutto il mondo compresi molti italiani, notoriamente sempre attaccati al telefono. Secondo i dati diramati dell’Università di Granada, la fascia di età più colpita sarebbe quella tra i 18 e i 25 anni, giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali, che sentirebbero il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il telefono cellulare. Nonostante i sintomi siano molto simili a quelli dell’ansia, uno studio condotto da ricercatori dell’Università Federale di Rio de Janeiro sembra indicare che la Nomofobia sia da considerare una dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d’ansia. E nonostante ci siano all’attivo ancora un numero ridotto di ricerche sul tema, già nel 2014 gli italiani Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, studiosi dell’Università di Genova, avevano proposto di inserire la Nomofobia nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

Come si cura questa patologia
Secondo gli esperti lo psicodramma è la terapia ideale per guarire da questa sindrome. Un approccio ‘creativo’ che si manifesta con la messa in scena di una situazione attraverso verbalizzazione ed azione. Una terapia di gruppo che, attraverso il Teatro della Spontaneità – lo psicodramma ideato da Moreno –realizza un lavoro di gruppo che sfrutta la messa in scena del proprio vissuto per una rielaborazione. Libera emozioni che sono legate al vissuto quindi aiuta la presa di coscienza di contenuti latenti.
È quanto è emerso da uno studio della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm, realizzata in occasione del XVIII Congresso Mondiale di Psichiatria Dinamica, attraverso il monitoraggio e l’analisi di oltre 100 testate internazionali di settore e su un panel di 150 esperti di psichiatria dinamica.

“L’abuso dei social network può portare all’isolamento come conseguenza della Nomofobia – afferma il dott. Ezio Benelli, presidente del Congresso Mondiale di Psichiatria Dinamica e dell’International Foundation Erich Fromm -, ovvero la paura di perdere il collegamento dalla rete. L’utilizzo smodato e improprio del cellulare come di internet può provocare non solo enormi divari fra le persone, ma anche portarle a chiudersi in se stesse, sviluppare insicurezze relazionali o alimentare paura del rifiuto, a sentirsi inadeguate e bisognose di un supporto anche se esterno e fine a se stesso. Ma lo smartphone, se usato in modo appropriato e intelligente, può assolvere a tre importanti funzioni psicologiche:
regola la distanza nella comunicazione e nelle relazioni,
gestisce la solitudine e l’isolamento assumendo quasi il ruolo di antidepressivo multimediale,
permette di vivere e dominare la realtà, regalando l’idea di poter essere presenti e capaci di fermare lo scorrere del tempo con uno o più scatti”.

La Nomofobia
Fa parte di una serie di dipendenze che si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti disfunzionali e anomali quali il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da TV, da internet, lo shopping compulsivo, le dipendenze dalle relazioni affettive, le dipendenze dal lavoro e alcune devianze del comportamento. Per questo si può parlare di Nomofobia quando una persona prova una paura sproporzionata di rimanere fuori dal contatto di rete mobile, al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea.
Una problematica analizzata in passato anche dall’ente di ricerca britannico YouGov, dove emerge che più di sei ragazzi su dieci tra i 18 e i 29 anni vanno a letto in compagnia del telefono e oltre la metà degli utenti di telefonia mobile (53%), tendono a manifestare stati d’ansia quando rimangono a corto di batteria, di credito o senza copertura di rete oppure senza il cellulare. La ricerca evidenzia inoltre che gli uomini tendono ad essere più ansiosi e che circa il 58% di loro e il 48% delle donne soffrono di questa nuova sindrome. Andando Oltreoceano, uno studio americano effettuato da Morningside Recovery, centro di riabilitazione mentale di Newport Beach, ha dimostrato che milioni di americani, circa i 2/3 della popolazione, sono affetti da Nomofobia e che molti di loro raggiungono stati elevati di agitazione incontrollata se vengono a conoscenza di non possedere il proprio cellulare.
“Questo fenomeno è in forte crescita – afferma il dott. Giuseppe Rombolà Corsini, psicologo e psicoterapeuta e Vice Direttore della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm -. Questo tipo di tecnologie come lo smartphone sono psicoaffettive: alterano l’umore e scatenano sensazioni. Il fatto di poter ricevere un messaggio o una mail piacevole, ma non sapere quando la riceveremo, ci spinge a tenere in mano il cellulare continuamente. Quindi c’è un discorso di attesa, stimolo e gratificazione. Il cellulare non ha solo un utilità pratica, ma anche delle valenze affettive. Il problema è che queste persone non si rendono conto che il cellulare può essere uno strumento consolatorio e illusorio. Infatti ci allontana dall’impatto diretto con le emozioni.

Un intervento utile
Utile per le persone che soffrono di questa sindrome può essere proprio la psicoterapia. Del resto, attraverso una tecnica specifica come lo psicodramma, terapia di gruppo che spinge il soggetto a compiere un’azione che in qualche modo possa richiamare la sua storia personale, si può portare alla luce il proprio inconscio. È un lavoro emozionale, un teatro della spontaneità attraverso cui i partecipanti possono interagire tra loro, scambiarsi sguardi e parlarsi. Una condivisione di emozioni con cui riprendere contatto con il presente e prendere coscienza di quanto è stato rimosso. Come ci dice Moreno, con il teatro dell’improvvisazione si favorisce il recupero critico. Quindi lo psicodramma è un lavoro di gruppo dove il vissuto è agito, non solo parlato. Ed è quindi una prassi trasformativa dal momento che non c’è solo il racconto, ma anche la messa in scena, attraverso cui condividere emozioni e far emergere vissuti inconsci che determinano i sintomi patologici..

Quali sono i campanelli d’allarme
Come riuscire a capire che si sta cadendo in questa sindrome? Usare regolarmente il telefono cellulare, trascorrere molto tempo su di esso, avere uno o più dispositivi, portare sempre un carica batterie con sé per evitare che il cellulare si scarichi, sentirsi nervosi al pensiero di perdere il proprio portatile, guardare lo schermo del telefono per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate. In quest’ultimo caso si parla di un particolare disturbo che definito “ringxiety”, mettendo insieme le parole inglesi squillo e ansia.

La Settimana Mondiale della Tiroide

La Settimana Mondiale della Tiroide. Perché questa celebrazione?
Ce ne parla il Professor Luigi Bartalena, Ordinario di Endocrinologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo dell’Università degli Studi dell’Insubria, Direttore della S.C. Endocrinologia dell’ASST dei Sette Laghi, Ospedale di Circolo di Varese, e attuale Presidente della Associazione Italiana della Tiroide.

La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla, del peso di circa 15 grammi, situata centralmente alla base del collo, davanti alla trachea. Essa produce due ormoni, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), che svolgono funzioni di fondamentale importanza per l’economia dell’intero organismo. Gli ormoni tiroidei sono, infatti, importanti per l’accrescimento staturale, per lo sviluppo del sistema nervoso centrale, per la riproduzione (una ridotta funzionalità della tiroide può comportare una ridotta fertilità), per l’attività cardiaca e dell’apparato gastrointestinale, per la psiche, per l’apparato osseo, per la pelle. Una ridotta funzione tiroidea (ipotiroidismo) o un’aumentata funzione tiroidea (ipertiroidismo) possono, pertanto, avere profonde ripercussioni sul tutto il nostro corpo. Una normale funzione tiroidea è, dunque, di fondamentale importanza per il benessere del nostro corpo. Molte volte disturbi vaghi e non specifici, come stanchezza, difficoltà di concentrazione, ansia, irritabilità, cambiamenti del peso, delle abitudini intestinali o del ciclo mestruale, possono essere sottesi da alterazioni, anche non marcate o conclamate, della funzione tiroidea.

Quando la tiroide lavora troppo
Le malattie della tiroide rappresentano, nel loro complesso, la patologia endocrina più diffusa. La forma più frequente di ipertiroidismo, il Morbo di Basedow (spesso associata alla caratteristica sporgenza degli occhi o esoftalmo), colpisce il 2% delle donne e lo 0.3% degli uomini, per un totale di circa 700.00 persone nel nostro Paese. Al morbo di Basedow si devono aggiungere forme meno frequenti di ipertiroidismo, come quelle dovute a gozzi uninodulari o multinodulari iperfunzionanti.

Quando la tiroide lavora poco
Ancora più comune è l’ipotiroidismo, la cui causa di gran lunga più frequente è la tiroidite cronica autoimmune o Tiroidite di Hashimoto. Questa malattia può decorrere in maniera del tutto asintomatica o evolvere, come succede nella maggior parte dei casi, verso l’ipotiroidismo, che richiede un trattamento sostitutivo con ormoni tiroidei per tutta la vita. La Tiroidite di Hashimoto, così come il morbo di Basedow, è di gran lunga più frequente nelle donne e può svilupparsi a qualunque età. Si può calcolare che oltre 4 milioni di persone siano affette da questa patologia e oltre un milione siano in una condizione di ipotiroidismo. Sia il Morbo di Basedow che la Tiroidite di Hashimoto sono malattie autoimmuni, con una base genetica/familiare che rende opportuno un inquadramento anche dei parenti dei pazienti affetti. Le disfunzioni tiroidee (ipotiroidismo ed ipertiroidismo) devono essere prontamente corrette per ristabilire la normale omeostasi dell’organismo e quella condizione di benessere che il distiroidismo altera.

Patologia Nodulare Tiroidea
Un problema ancora più diffuso è costituito dalla patologia nodulare tiroidea. Con l’avvento e l’uso sempre più diffuso dell’ecografia, piccoli noduli, spesso non palpabili, in una percentuale variabile, a seconda delle casistiche, tra il 30 e il 50%. Si può, dunque, affermare che noduli tiroidei, se ricercati attivamente, si ritrovano in diversi milioni di persone nel nostro paese. La larghissima maggioranza di questi noduli è di natura benigna, come si può confermare mediante una agoaspirazione eco-guidata del nodulo. Tuttavia, circa il 5% dei noduli risulta essere di natura maligna (carcinoma) e deve essere asportato chirurgicamente insieme all’intera tiroide. Qualche volta, dopo l’intervento chirurgico, si rende necessario completare l’opera del chirurgo somministrando iodio radioattivo. La prognosi è ottima nella quasi totalità dei casi.
Riassumendo, si può affermare che le malattie della tiroide costituiscono la patologia endocrina più diffusa. Le alterazioni della funzione tiroidea influenzano tutto l’organismo e la loro correzione contribuisce al ripristino di uno stato di benessere dell’individuo. La frequente familiarità delle malattie tiroidee (autoimmuni) suggerisce che, in molti casi, sia opportuno estendere le indagini ai familiari dei pazienti affetti.

La Settimana Mondiale della Tiroide che si è appena conclusa ha il significato e l’obiettivo di sensibilizzare, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, la popolazione su queste problematiche, anche attraverso incontri con la popolazione, articoli divulgativi, una conferenza stampa dei Presidenti delle principali Società Scientifiche. Non solo questo. In un paese in cui la patologia nodulare è così diffusa, è di estrema importanza che venga promossa fortemente la regolare utilizzazione del sale iodato (cioè, addizionato con una piccola quantità di iodio), perché il nostro paese è tradizionalmente carente di iodio. La carenza iodica è uno dei fattori patogenetici più importanti per la formazione del gozzo e la comparsa dei noduli. Quindi, poco sale, per evitare l’ipertensione ed altri problemi cardiovascolari, ma iodato, per fornire alla tiroide la giusta quantità di “carburante” per un’adeguata produzione ormonale da parte della tiroide.

Iscrizione a scuola e vaccinazioni

Il 1° settembre, il Ministero della Salute e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca hanno diramato una circolare congiunta con indicazioni operative, relative all’anno scolastico 2017-2018 per l’attuazione della legge in materia di prevenzione vaccinale.

Riassumiamone qui i punti fondamentali:

Vaccinazioni obbligatorie e gratuite per i minori da 0 a 16 anni:
difterite, tetano, poliomelite, epatite B, pertosse, emofilo di tipo B, morbillo, rosolia, parotite e varicella (obbligatoria solo per i nati dal primo gennaio 2017).

Iscrizione a scuola, scadenze e sanzioni:
a) Asilo nido e scuola materna: la documentazione di avvenuta vaccinazione va presentata entro l’11 settembre 2017* e costituisce requisito di accesso alla scuola.
È possibile sostituire la documentazione con un’autocertificazione che attesti la richiesta di vaccinazione: in tal caso, la documentazione va presentata entro il 10 marzo 2018.
Per le infrazioni, scatta la sanzione pecuniaria (da 100 a 500 euro) e la segnalazione all’Asl.

b) Scuola elementare, media e superiore: la documentazione va presentata entro il 31 ottobre 2017 e non costituisce requisito di accesso alla scuola. Tuttavia, la vaccinazione rimane obbligatoria e per le infrazioni scatta comunque la sanzione pecuniaria (da 100 a 500 euro) e la segnalazione all’Asl.
In caso di autocertificazione, la scadenza è il 10 marzo 2018.

Soggetti esonerati dalla vaccinazione:
a) i minori soggetti a immunizzazione a seguito di malattia naturale, pur che sia comprovata dal medico curante.

b) i minori che incorrono in specifiche condizioni cliniche – documentate e attestate dal medico curante – che richiedano l’omissione o il differimento delle vaccinazioni.

Per informazioni più dettagliate, vi invitiamo a contattare la vostra Asl di appartenenza.

*Atteso che il termine indicato dal decreto-legge (10 settembre 2017) è un giorno festivo.

10 regole per evitare il soffocamento nei bambini

Il soffocamento da corpo estraneo può avvenire a qualsiasi età, ma è più frequente al di sotto dei quattro anni.
Il “corpo estraneo” potenzialmente pericoloso per la fascia d’età pediatrica è riconducibile principalmente agli alimenti (vanno sempre tagliati adeguatamente) e a giochi e ad oggetti di piccole dimensioni, soprattutto nelle famiglie con figli di diverse età -
a causa della possibilità dei bimbi di accedere a giocattoli non consoni alla propria età.

Il Dottor Alberto Ferrando ci presenta 10 semplici regole da seguire per prevenire ed evitare il soffocamento da corpo estraneo nei più piccoli:

1) Non dare ai bambini cibi solidi prima che siano in grado di masticarli e deglutirli.

2) Non lasciare alla loro portata oggetti piccoli che potrebbero incuriosirli in quanto, per conoscerli, se li infilerebbero in bocca: bottoni, perline, spille, monete, giocattoli ed oggetti grandi che possono essere smontati in piccole parti.

3) Acquistare giocattoli a norma, adatti per l’età dei figli, facendo attenzione che non si possano rompere o smontare in parti troppo piccole: le dimensioni dell’oggetto devono essere superiori a 4,5 cm.

4) Se avviene un soffocamento, distinguere:
a) se il bambino piange, parla, tossisce: l’ostruzione è parziale e non si deve fare nulla. Si cerca di tranquillizzare il bambino e si chiama il 118.
b) se il bambino non piange, non tossisce e non respira, l’ostruzione è totale: in tal caso si debbono fare le manovre antisoffocamento.

5) Non mettere le mani in gola al bambino allo scopo di farlo vomitare o di cercare di estrarre l’oggetto in quanto così facendo si rischia di spingerlo più in basso.

6) Non mettere il bambino a testa in giù.

7) Se il bambino ha più di un anno, si deve praticare la cosiddetta manovra di Heimlich: sistemare un pugno sopra l’ombelico e sotto allo sterno, circondarlo con l’altra mano e spingere verso l’interno e in alto contemporaneamente per aumentare la pressione interna al torace e facilitare l’espulsione.

8) Se il bambino ha meno di un anno, si danno cinque colpi sulla schiena tra le scapole. Se il corpo estraneo non viene eliminato, si ruota e si comprime per una profondità di 3 cm lo sterno.

9) Se il bambino diventa incosciente, bisogna aggiungere la rianimazione cardiopolmonare: massaggio cardiaco e respirazione (30 compressioni toraciche e due respirazioni).

10) Una volta superata l’emergenza, è comunque consigliabile sottoporre il bimbo a un controllo medico, soprattutto se si è praticata la manovra di Heimlich.

Leggi di più sul numero estivo di D&T, ancora in distribuzione nelle farmacie.

Dormire bene consigli pratici e Mindfulness

Dormire bene durante il riposo notturno è molto importante poiché il sonno porta con sé diversi benefici per la nostra salute e il nostro benessere psicofisico e, giorno dopo giorno, un riposo corretto ci garantisce le giuste energie per vivere la nostra vita al meglio.

Non è, però, raro che le persone lamentino di non riposare bene: in alcuni momenti della vita, magari in concomitanza con situazioni personali
e lavorative particolarmente stressanti, può capitare di non riuscire a prendere sonno, di svegliarsi troppo presto la mattina, oppure ancora di alzarsi dal letto ancora stanchi e provati…

L’esperienza di una o più notti insonni è certamente fastidiosa, sebbene abbastanza comune, e crea una condizione di disagio che tende ad avere effetti negativi sulla qualità della vita.

 

Quando si parla di Insonnia?

Per insonnia si intende la difficoltà ad addormentarsi, a mantenere il sonno e a svegliarsi troppo presto la mattina; si parla di insonnia anche quando la persona percepisce il proprio sonno insufficiente e/o insoddisfacente perché dorme troppo poco o male con conseguente stanchezza, irritabilità, inefficienza.

Spesso l’insonnia è causata da altri tipi di disturbi di natura medica e/o psicologica o da ulteriori difficoltà legate al sonno stesso; per alcuni pazienti, invece, essa rappresenta il problema principale ed è indipendente dalla presenza o meno di altre patologie.

Si tratta di un disturbo dove la soggettività è centrale: l’insonnia, infatti, non viene diagnosticata sulla base di rilevazioni oggettive (pur sempre possibili), ma in relazione a quanto lamentato dalla persona, sia rispetto all’intensità del problema, sia rispetto alle difficoltà correlate.

Inoltre, poiché persone diverse necessitano di diverse quantità di sonno, essa non può essere de nita in termini di ore “dormite” o in termini di rapidità nell’addormentarsi. Al contrario, tutto dipende dalla qualità del nostro sonno e da come ci sentiamo al risveglio.

 

Cosa possiamo fare se non dormiamo bene? 

Se la nostra qualità del riposo notturno non è soddisfacente, può essere molto utile iniziare a rispettare le cosiddette norme di igiene del sonno.
Si tratta di un’insieme di “buone abitudini”, consigliate anche dall’Associazione Italiana di Medicina del Sonno e fondate su principi di natura scientifica, che chi soffre di insonnia può da subito impegnarsi ad adottare per eliminare alcuni fattori ambientali e comportamentali che interferiscono con il sonno.

E’ ormai documentato, infatti, che nella maggior parte delle insonnie, a prescindere dalla loro eziologia, le norme di igiene del sonno non sono rispettate e che ciò costituisce un fattore di cronicizzazione e/o di peggioramento del disturbo.

Anche imparare una tecnica di rilassamento può essere molto utile per riuscire a “lasciarsi andare”, raggiungendo uno stato di distensione che aumenta la probabilità che il sonno sopraggiunga. In altre parole il rilassamento favorisce la riduzione dello stato di attivazione cognitiva e fisiologica necessario all’addormentamento a cui tutte le attuali teorie sull’eziologia dell’insonnia riconoscono, ormai, un ruolo chiave sia come fattore predisponente, sia come fattore di mantenimento del disturbo. La pratica del rilassamento ben si integra con il rispetto delle norme di igiene del sonno: può essere molto utile imparare a ritagliarsi un periodo di tempo, dopo cena, per riflettere sulla giornata appena trascorsa e per pianificare quella successiva, portare a termine le attività circa 60/90 minuti prima di andare a letto e praticare gli esercizi di rilassamento veri e propri. Il sonno è estremamente sensibile allo stress e alla sofferenza emotiva: eventi importanti, come una separazione difficile o la morte di una persona cara, e altri agenti stressanti di minore rilevanza, ma quotidiani (come difficoltà interpersonali o pressioni lavorative…), possono influire sui pattern del sonno, incrementando il livello di attivazione prima dell’addormentamento e durante i risvegli notturni.

Per questo motivo un valido aiuto nel trattamento dell’insonnia, e soprattutto nella prevenzione delle ricadute, è rappresentato dalla pratica della Mindfulness. Con questo termine ci si riferisce ad un esercizio sistematico di osservazione non giudicante di tutto ciò che accade fuori e dentro di noi, compresi i nostri pensieri. Si tratta di uno “stato mentale” in cui la nostra consapevolezza si focalizza su ciò che ci accade momento per momento, incrementando la nostra capacità di essere presenti a noi stessi. Grazie alla pratica della Mindfulness è possibile contrastare l’impulso spontaneo a definire, giudicare, valutare la nostra esperienza e a ricorrere in modo automatico a processi di pensiero irrazionali che causano, poi, reazioni emotive e comportamentali abituali. Questo è molto importante non soltanto perché, come abbiamo detto, nella maggior parte dei casi, l’insonnia è scatenata da eventi stressanti, ma anche perché, indipendentemente da ciò che può avere inizialmente causato il problema, la sfiducia appresa nella propria capacità di dormire è uno dei principali fattori che alimentano e perpetuano il disturbo. Rimuginare sulla propria difficoltà a dormire aumenta la preoccupazione e più siamo preoccupati di non dormire meno riusciamo a bene! Attraverso la Mindfulness è possibile riconoscere i nostri pensieri come pensieri liberandoci dalla realtà distorta che essi spesso creano.

NORME AMBIENTALI
• Limitare il rumore e la luce

• Controllare la temperatura della stanza

• Migliorare la qualità dell’aria

• Migliorare il comfort del letto

NORME DIETETICHE
• Limitare caffeina, nicotina e alcool

• Controllare la dieta (coricarsi né troppo sazi né a
stomaco vuoto)

• Prediligere i carboidrati alle proteine

NORME AMBIENTALI
• Limitare il rumore e la luce

• Controllare la temperatura della stanza

• Migliorare la qualità dell’aria

• Migliorare il comfort del letto

 

Autore: Dott. Lara FERRARI

Psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale

laraferrari@centrokairos.it |  www.centrokairos.it

 

Dormire-bene-consigli

 

 

 

 

 

Ulteriori approfondimenti sulla Mindfullness

Video ed esercizio del respiro: https://www.youtube.com/watch?v=ei9VPNaxEKg

Consapevolezza del respiro: http://www.istitutomindfulness.com/mindfulness/esercizi/esercizio-di-consapevolezza-del-respiro/

Mindfulness guide pratiche: http://www.mindfulnessitalia.org/guide-online/mindfulness

 

David Beckham per Unicef

Il calciatore ha lanciato questo fondo per raccogliere i soldi necessari a cambiare la vita di tanti bambini nel mondo.

 

David Beckham, Ambasciato- re dell’UNICEF, ha visitato lo scorso novembre, il campo profughi di Gibuti, nell’Africa Orientale, incontrando bambini e famiglie scappati sfollati a causa di conflitti e violenze dai paesi vicini. David è stato nel campo di Ali Addeh, che ospita oltre 10.000 rifugiati provenienti Etiopia, Eritrea e Somalia e ha potuto vedere come l’UNICEF protegge i bambini attraverso interventi salvavita come le vaccinazioni.

L’impegno di ogni singolo è fondamentale: l’Ambasciatore David Beckham con la sua popolarità è essenziale per far conoscere al mondo le sofferenze e le speranze di tanti bambini, così come l’impegno di ognuno di noi può fare davvero la differenza nella vita dei bambini.

 

DONA

Conto corrente postale. n. 745000 intestato a UNICEF Italia – causale BPFI Boni co bancario. IBAN: IT55 O050 1803 2000 0000 0505 010

C/C bancario intestato a UNICEF Italia, Via Palestro, 68 00185 Roma, presso Banca Popolare Etica. Causale del bonico BPFI

Carta di credito  Tramite sito internet www.unicef.it Numero Verde. 800 745 000

Un sorriso per i Bambini in Ospedale

 

Progetto per garantire la visita dei Dottor Sogni di Fondazione Theodora Onlus ai bambini in ospedale.

 

Regalano ogni anno la magia di un mondo a colori a oltre 35.000 bambini ricoverati in 40 reparti pediatrici di 18 ospedali italiani.

Sono i 30 Dottor Sogni di Fondazione Theodora Onlus, artisti professionisti specificamente formati per lavorare in ambito ospedaliero pediatrico che portano un sorriso ai piccoli pazienti attraverso visite personalizzate in base all’età, all’umore, alla condizione medica e famigliare del bambino.

Perché un bambino sereno ha più forza per affrontare la malattia e per guarire.

Scarica qui il pdf dell’iniziativa presente sulle pagine di Diagnosi e Terapia di Gennaio

Dona anche tu 2€ con un SMS al 45509 dal 10 al 24 Gennaio

 
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CRAMPI: cause e rimedi

Il crampo muscolare è contrazione involontaria e forzata di un muscolo che non riesce a rilassarsi.
Quando usiamo i muscoli che possono essere controllati volontariamente, come quelli delle nostre braccia e gambe, si verifica un’alternanza di contrazione e rilassamento tra i gruppi muscolari, a seconda del movimento che viene svolto. I muscoli che supportano la testa, il collo e il tronco si contraggono in modo sincronizzato per mantenere la postura. Quando un muscolo (o anche alcune fibre di un muscolo) si contrae involontariamente (cioè senza la volontà di eseguire alcun movimento) si assiste ad uno “spasmo”. Se lo spasmo è forte e sostenuto, diventa un crampo.

I crampi muscolari causano spesso l’indurimento visibile e palpabile del muscolo coinvolto.
Questo disturbo può durare da pochi secondi a un quarto d’ora, e solo occasionalmente più a lungo. Non è raro che un crampo si ripeta più volte prima di risolversi. Il crampo può coinvolgere tutto il muscolo, una parte o diversi muscoli che agiscono insieme, come ad esempio quelli che flettono le dita adiacenti.
Alcuni crampi causano la contrazione simultanea di muscoli che muovono lo stesso osso in direzioni opposte.
Molti autori concordano nell’affermare che i crampi siano causati dall’ipereccitabilità dei nervi che stimolano i muscoli.
I crampi muscolari sono estremamente frequenti. Si stima che circa il 95% delle persone hanno avuto un crampo in qualche momento della loro vita. I crampi muscolari sono comuni negli adulti e diventano sempre più frequenti con l’invecchiamento.Tuttavia, anche i bambini possono avere crampi muscolari.

Il crampo si può verificare in qualunque muscolo posto sotto il nostro controllo volontario
(muscoli scheletrici), anche se si manifestano più spesso a livello degli arti, soprattutto nelle gambe e nei piedi e più particolarmente nel polpaccio.
muscoli involontari dei vari organi (utero, pareti dei vasi sanguigni, viscere, albero bronchiale, ecc.) sono anch’essi soggetti a crampi.
Questo articolo si concentra sui crampi del sistema muscolo scheletrico.
Leggi tutto l’articolo su Diagnosi e Terapia di Ottobre

I crampi: cause e rimedi a cura del Dott. Massimo Defilippo – www.fisioterapiarubiera.com

L’occhio del Bambino: prevenire e curare

L’occhio del bambino

È interessante nel neonato e comunque durante la crescita vedere la correlazione tra l’età, l’altezza, il peso corporeo e la lunghezza dell’occhio (che si sviluppa e cresce né più né meno del resto dell’organismo.)

All’inizio del sesto mese di vita il neonato riesce a fissare bene gli oggetti e carpirne i particolari e soprattutto comincia a distinguere finalmente i colori; a questa età acquisisce anche la competenza gnosica: riconosce il viso della madre dai molti visi sconosciuti.
Al sesto mese tenta di prendere gli oggetti al di fuori della sua portata, riesce a fissarli bene e a distinguere i particolari, matura la visione binoculare singola con un più completo senso della tridimensionalità.
Nessuna preoccupazione se gli occhi fino al sesto mese tendono ad andare un po’ per i fatti loro; è tipica della più tenera età quell’espressione un poco buffa che assumono i bimbi con gli occhi convergenti o divergenti o spostati rispetto all’asse della visione, sembrano strabici ma non lo sono.
Ma se gli occhi sono un po’ divergenti o convergenti dopo il sesto mese, si può cominciare a sospettare uno strabismo, perché quella è l’età nella quale gli occhi del bambino devono assumere il loro aspetto dritto, che poi dovrà restare per tutta la vita.
In caso di strabismo o di anisometropia (notevole differenza di rifrazione tra i due occhi come quando un occhio è molto miope e l’altro non lo è proprio) il cervello non è in grado di fondere le immagini dei due occhi in una sola; per evitare visione doppia o confusa il cervello esclude l’immagine offuscata dell’occhio con il difetto; in questo modo l’occhio più debole diventa pigro cioè ambliope per dirlo con un termine scientifico. In questi casi più la diagnosi è precoce, più è facile avere successo con la terapia.

Da 1 a 3 anni, lo sviluppo della vista di un bambino comincia a percorrere la strada maestra della crescita tumultuosa cui è sottoposto tutto l’organismo; il piccolo segue con attenzione tutto ciò che si muove intorno a lui, i suoi occhi riescono a convergere bene se si avvicina al viso o alla bocca un giocattolo; ma soprattutto comincia a sviluppare un’azione che si rivelerà fondamentale per la sua crescita, cioè collegare vista e memoria, riconoscere persone e oggetti con cui ha familiarità. Il bambino a questo punto ha già cominciato a costruirsi il suo mondo, lo vede, lo riconosce e lo difende.

Tratto dal libro “Salute:occhio malattie e cure” realizzato a cura del dr Lucio Buratto

Verruche: come prevenirle e come curarle

PICCOLI ACCORGIMENTI PER PREVENIRLE
La comparsa delle verruche può essere contrastata seguendo semplici precauzioni. L’accorgimento più immediato è indossare sempre ciabatte quando si cammina in piscina o si frequentano docce e spogliatoi comuni, come quelli delle palestre.

Un altro importante espediente, che pochi conoscono, consiste nel lavare spesso le ciabatte, lasciandole immerse per qualche minuto in una vaschetta con disinfettante e acqua.

Occorre infine fare attenzione a non camminare a piedi nudi in altri ambienti come casa, giardino o sull’asfalto.

Si corre infatti il rischio di procurarsi graffi o taglietti, che rappresentano la principale porta d’ingresso del virus che causa le verruche.

 

COSA FARE SE COMPAIONO

Data l’elevata infettività che le contraddistingue, le verruche devono essere eliminate al più presto per evitare ogni possibilità di contagio.

Le tecniche migliori per toglierle sono la crioterapia (o terapia del freddo) e il laser.

Nel primo trattamento viene applicato dell’azoto liquido a temperatura bassissima che congela immediatamente la verruca, consentendo una facile estrazione anche quando è molto profonda.

Anche il laser agisce in profondità, ma, anziché congelare la verruca, la secca, permettendo di eliminarla in maniera rapida.

L’asportazione è piuttosto semplice e indolore ed in pochi giorni, l’area cutanea colpita ripristina la sua integrità. Viene inoltre eliminato il rischio che il virus possa propagarsi, rendendo la cura più lunga e difficoltosa.

 

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