Medicina Sportiva

10 REGOLE PER UNA VITA PIÙ ATTIVA

BENEFICI DELL’ATTIVITÀ MOTORIA
• Incrementa il dispendio energetico
• Protegge/accresce la massa magra a svantaggio di quella grassa
• Migliora lo stato psicologico
• Riduce il rischio di morbilità e mortalità
• Può inibire l’appetito (effetto dopaminergico)
• È un valido predittore del mantenimento a lungo termine della perdita di peso corporeo.

L’ATTIVITÀ FISICA INCIDE IN MODO SIGNIFICATIVO A LIVELLO PSICOLOGICO
• Migliora il tono dell’umore
• Aumenta l’autostima
• Aumenta l’autoconsiderazione
• Aumenta benessere psichico
• Riduce lo stress
• Riduce la depressione

L’ATTIVITÀ MOTORIA HA UN FORTE IMPATTO SULLA SALUTE
• Migliora la funzione cardiorespiratoria
• Migliora il profilo lipidico
• Riduce la pressione arteriosa
• Aumenta la sensibilità insulinica
• Migliora il controllo glicemico
• Riduce il rischio di tumore (es.
mammella, colon)

10 REGOLE PER UNA VITA PIU’ ATTIVA
1. Cercare sempre di massimizzare le opportunità di movimento (ginnastica opportunistica).
2. Monitorare il numero di passi giornalieri incrementando il numero fino a 15000 passi (armband o segnapassi).
3. Spostarsi a piedi per distanze inferiori al chilometro.
4. Usare le scale e mai l’ascensore.
5. Andare al lavoro a piedi o in bici. Se non è sempre possibile scegliere i momenti migliori: es. il giorno in cui si
inizia più tardi oppure quando c’è la pausa pranzo più lunga, etc.
6. Parcheggiare lontano dal luogo in cui si deve andare: al supermercato nel posto più lontano del parcheggio, alle
poste, in banca, dai parenti, etc.
7. Salire o scendere una fermata prima o dopo dall’autobus.
8. Camminare almeno 30 minuti oltre la normale attività lavorativa.
9. Programmare 3 momenti settimanali di attività fisica (nuoto, palestra, jogging, bici).
10. In casa, se possibile, usare per 20 minuti, la cyclette oppure il tapis roulant.

 

Leggi di più sull’ultimo numero di Diagnosi & Terapia, lo trovi GRATIS in farmacia!
Richiedilo al tuo farmacista: www.det.it/farmacie

LO SPORT E L’ATTIVITA’ FISICA NEI BAMBINI FANNO SEMPRE BENE?

Accade che durante o dopo alcune attività sportive praticate costantemente, ad alcuni bambini ed adolescenti, insorgano dei dolori alle articolazioni e che i genitori preoccupati dalla loro persistenza e ricorrenza si rivolgono al medico o al pediatra di fiducia per avere delle spiegazioni. Per questo, ci siamo proposti di scrivere questo breve ma completo articolo che ha lo scopo di dare delle corrette informazioni sul problema e di aiutare i genitori a conoscerlo ed affrontarlo meglio.

Cominciamo col dire che i dolori alle articolazioni nei bambini ed adolescenti che compaiono dopo uno sport praticato costantemente, sono attribuiti per la maggior parte delle volte alla crescita e vengono perciò comunemente chiamati “dolori della crescita”. Questo termine indica in realtà una malattia dello scheletro detta osteocondrosi che da un punto di vista strettamente medico consiste in un’alterazione del processo di ossificazione encondrale delle cartilagini di accrescimento delle epifisi, apofisi e metafisi articolari. In termini più semplici, si tratta di un’alterazione del processo di accrescimento, accrescimento a cui tutte le ossa vanno incontro. Tra i dolori articolari, quello più frequentemente lamentato dai bambini è quello al ginocchio. In questi casi si tratta dell’osteocondrosi apofisaria tibiale che è conosciuta anche comunemente come malattia di Osgood-Schlatter. Questa malattia prende il nome dal primo medico che nel 1903 la descrisse e ne soffrono in genere gli adolescenti tra i 12 ed i 15 anni, anni in cui, avviene la fase apofisaria della maturazione ossea della tuberosità tibiale. Una domanda frequente che in questi casi i genitori porgono al medico con curiosità è perché il dolore al ginocchio compare dopo la partita di calcio, la corsa o dei salti ripetuti. La spiegazione è da ricercare scientificamente e biomeccanicamente nella contrattura ripetitiva del muscolo quadricipite e nella tensione del tendine rotuleo che avviene durante l’esecuzione di alcuni movimenti come i salti e la corsa. Questo tendine inserendosi sull’apofisi tibiale anteriore infatti, la traziona ripetutamente provocando dolore proprio in questa sede così come illustrato in fig1. Ma come si devono comportare i genitori in queste situazioni? In questi casi, quando il dolore interessa solo un ginocchio è utile far eseguire al bambino delle radiografie che mostreranno nel caso di osteocondrosi una irregolarità dell’apofisi che apparirà o separata dalla tuberosità tibiale o frammentata (fig.2). Come esami, si possono anche effettuare una semplice ecografia o una risonanza magnetica nucleare del ginocchio che non esporranno i bambini a radiazioni ed aiuteranno comunque a fare diagnosi. Una volta riconosciuta la malattia, la cura consiste nell’alleviare il dolore del bambino con semplici gesti come quello di applicare del ghiaccio sul punto dolente più volte nel corso della giornata, di somministrare degli anti-infiammatori per bocca e di evitare gli sport che causano dolore almeno fino a quando scheletricamente l’apofisi non si sia fusa completamente con la tibia. La malattia in genere, si risolve dopo la crescita senza lasciare problemi e solo in pochissimi casi il dolore al ginocchio può persistere e può permanere una prominenza ossea esuberante sulla tibia. Ma oltre al ginocchio il dolore può interessare altre articolazioni? La risposta è si perché l’osteocondrosi può interessare anche altre ossa in accrescimento come ad esempio la parte posteriore del calcagno (fig.3). In questi casi si tratta della malattia di Sever-Blenke che colpisce proprio il nucleo apofisario di accrescimento del calcagno. Questo nucleo della tuberosità posteriore del calcagno viene quindi trazionato ripetutamente dal tendine d’Achille e questo causa il dolore tipico di questa malattia. Spesso, il disturbo è bilaterale e ciò ci può tranquillizzare, ma quando il dolore si presenta solo su un piede è invece opportuno prestare più attenzione e far eseguire al bambino delle radiografie. La cura di questo problema può essere semplice se viene esattamente diagnosticato dal pediatra o dall’ortopedico. Noi ortopedici consigliamo in questi casi, l’uso di calzature idonee che siano un po’ più alte sotto il tallone e l’astensione solo di determinate attività sportive. Il piede può anche essere sede di altre osteocondrosi come quella della base del 5° metatarso (malattia di Iseline), dello scafoide e della testa del 2° metatarso (malattia di Kohler I e II) o del 3° metatarso. Il bambino in questi casi lamenterà un dolore al mesopiede o all’avampiede e potrà anche zoppicare. L’uso di idonei plantari è la cura più efficace da effettuare in queste malattie. L’anca può anche essere colpita da questa malattia? si, anche l’anca può far male.Una coxalgia con zoppia può comparire quando il bambino cammina o si affatica e questo può far sospettare che ci sia un’osteocondrosi che interessa la testa del femore. In questo caso si può trattare della malattia di Legg-Calvé-Perthes dove una tempestiva valutazione dei sintomi, l’esame radiografico e l’ecografia delle anche sono elementi importanti che consentiranno ai medici di effettuare una precoce diagnosi e conseguentemente un precoce trattamento della malattia. Questa malattia in genere non desta preoccupazione perchè nella maggior parte dei bambini affetti, dopo la crescita si ha una guarigione spontanea. Solo in pochi casi, può essere indicato durante la crescita del bambino l’astensione del carico o l’uso di tutori di carico che hanno la funzione di centrare e posizionare la testa femorale nella normale sede acetabolare. L’ultimo disturbo articolare di cui parliamo, non ultimo però come importanza è il mal di schiena, in genere ne soffrono adolescenti e bambini che praticano costantemente la ginnastica artistica, il sollevamento di pesi, la danza, la palla a volo e questo disturbo compare più frequentemente tra i 7 ed i 10 anni. Da un punto di vista medico le malattie più frequenti che possono causare a questa età, questo disturbo sono due : la spondilolisi e spondilolistesi. La spondilolisi consiste in un’interruzione dell’istmo della vertebra mentre la spondilolistesi consiste nello scivolamento della vertebra. L’interruzione dell’istmo della vertebra potrebbe secondo alcuni verificarsi solo in casi specifici e predisposti già dalla nascita, mentre secondo altri potrebbe essere dovuto a dei microtraumi ripetuti che si verificherebbero durante ripetuti e specifici movimenti e specifiche attività sportive. Ma questi disturbi alla schiena si risolvono dopo la crescita? Nella maggior parte dei casi si. Di spondilolisi di solito si guarisce spontaneamente dopo la crescita, ma bisogna comunque sapere che in alcuni casi è bene far seguire il bambino dall’ortopedico perché potrebbe necessitare di una terapia chinesica come una ginnastica posturale, un potenziamento della muscolatura del tronco ecc. Un’attenzione in più merita poi la spondilolistesi. In questi casi è consigliabile far eseguire visite specialistiche periodiche e controlli radiografici fino alla maturità scheletrica per valutare l’evoluzione della malattia. Vogliamo concludere quest’articolo tranquillizzando i genitori in merito ai dolori articolari che possono comparire dopo determinati sport che vengono praticati in modo costante dai bambini e dai nostri adolescenti. La maggior parte dei dolori articolari che compaiono durante la crescita e con determinate attività sportive praticate costantemente, non devono destare quindi esagerati allarmismi e sproporzionate preoccupazioni. Se si tratta di osteocondrosi, si tratta per lo più di disturbi, che in genere, guariscono una volta terminata la crescita senza causare problemi nell’età adulta. È comunque importante che il genitore che nota il problema si rivolga ad uno specialista in modo che venga effettuata una corretta diagnosi e cura della eventuale malattia. Lo sport e le attività fisiche hanno un ruolo importante e positivo nello sviluppo dei bambini. Un’attività sportiva praticata in modo costante, adeguato e corretto non può che far bene ai nostri bambini ed adolescenti. L’insorgenza del dolore articolare se dovuto all’osteocondrosi, si manifesta il più delle volte soltanto dopo specifici sport e movimenti e quello che è consigliabile evitare sono esclusivamente dei determinati movimenti e stress sulle articolazioni affette, questo non vuol dire proibire al bambino tutti gli altri sport e movimenti. Il medico specialista potrà quindi dare delle giuste indicazioni sul tipo di attività sportiva che il bambino potrà tranquillamente praticare senza alcun problema.

Bibliografia

F. Postacchini e coll. Ortopedia e Traumatologia. Antonio Delfino Editore

G.Canepa e G. Stella Trattato di Ortopedia Pediatrica vol. 3 Piccin Editore

L’aerodinamica nel ciclismo

 

Il ciclismo è la disciplina sportiva che, forse, meglio si presta ad essere oggetto di analisi multidisciplinare da parte dei tecnici dello sport: alle valutazioni di carattere medico, fisiologico, biomeccanico ed a tutti gli studi che si possono eseguire sui materiali, si affianca l’importantissimo filone dell’analisi aerodinamica.

Infatti se si pensa che pedalando a 50 Km/h il 95% circa dell’energia viene spesa per vincere la resistenza dell’aria, si comprende il ruolo che questa variabile gioca sulla prestazione finale; inoltre, è noto che la “bontà” aerodinamica di una posizione è strettamente collegata alle caratteristiche antropometriche degli atleti influenzando in modo decisivo la loro capacità di produrre potenza.
Per questi motivi centri di ricerca sparsi in tutto il mondo, hanno condotto numerosi studi utilizzando atleti di diverse caratteristiche e livello di qualificazione.
L’idea di base sul quale si fondano tali studi è che la velocità massima del sistema atleta-bicicletta si ottiene quando la potenza fornita dall’atleta eguaglia la somma delle resistenze incontrate. Nella figura (Free Body Diagram) sono schematizzate le forze propulsive (azzurro) e quelle resistenti (rosso) che agiscono sul sistema ciclista-bicicletta lungo la direzione orizzontale.

È logico che quando la potenza espressa dall’atleta è maggiore della resistenza, la bicicletta accelera; nel caso inverso invece rallenta.

Lo scopo dell’allenatore è, quindi, quello di ottimizzare la prima; lo scopo del ricercatore è ridurre le seconde per quanto possibile.
Ogni ciclista è a conoscenza, se non altro per esperienza personale, che più si riduce la superficie di esposizione all’aria, più è possibile raggiungere velocità elevate a parità di “sforzo” sui pedali.
Basti osservare come i migliori passisti e specialisti delle cronometro riescono a mantenere per periodi lunghissimi il busto parallelo al terreno, la testa bassa (incassata nelle spalle) e come riescano a limitare il più possibile i movimenti di tali distretti corporei.
Per ottenere una posizione ideale si gioca su due elementi che sono la geometria del telaio e la capacità di adattamento dell’atleta. Quest’ultima, a sua volta, dipende dalle caratteristiche morfo-strutturali e da un sufficiente periodo di allenamento.
Esiste tuttavia un’altra componente aerodinamica importante sulla quale è possibile operare, componente che risulta fondamentale in altri settori sportivi ed industriali come quelli aeronautici e motoristici.
Questa riguarda la forma della superficie esposta all’aria identificata comunemente come Cx (coefficiente di forma).
L’ottimizzazione del Cx è il motivo per cui sono nate e vengono sviluppate le carenature delle motociclette, le appendici aerodinamiche delle vetture da competizione, ma anche più banalmente, il design delle autovetture stradali. Migliorare il Cx significa più velocità a parità di potenza ma anche, e soprattutto, minori consumi a parità di velocità.
Sul sistema atleta-bicicletta, non potendo utilizzare appendici e carenature, l’ottimizzazione delle forme è molto più complessa.
Nello studio del complesso uomo-mezzo di gara, la posizione con la miglior aerodinamica quasi sempre deve essere pagata in termini di minor libertà di movimento da parte dell’atleta. Questo si traduce nella ridotta capacità di fornire potenza e, più in generale, in un precoce affaticamento e nella ridotta maneggevolezza del mezzo. Queste valutazioni non possono essere sottovalutate nell’economia di una gara perché, alla lunga, gli svantaggi dovuti alla penalizzazione dell’atleta potrebbero divenire superiori ai benefici ottenuti.
Vediamo di analizzare, quindi, il problema. Il principio generale è evidentemente lo stesso, i target da raggiungere sono: ridurre la superficie di esposizione all’aria, utilizzare abbigliamento adeguato, ottimizzare i particolari del mezzo.
Cominciamo dalla bicicletta. Migliorare l’aerodinamica non significa operare, come spesso avviene forse a causa delle accattivanti offerte del mercato degli accessori, su particolari come caschi, occhiali, calzature, ecc. Questo è necessario se si è in preparazione di un record sull’ora, ma se vogliamo andare un poco più veloci nelle nostre uscite domenicali o se vogliamo faticare un po’ meno a parità di velocità, dobbiamo giocare sull’ottimizzazione di altri elementi.
Non sempre si pensa, infatti, che una delle componenti più influenti sull’aerodinamica del sistema è la ruota. Il motivo di tale importanza dipende dal movimento che la caratterizza: la ruota, infatti, è soggetta a due tipi di moto combinati tra loro. Il primo è traslatorio lungo la direzione della marcia della bicicletta; il secondo è rotatorio intorno all’asse dei mozzi. I due moti combinati tra loro determinano un curioso effetto per cui la parte superiore della ruota si muove a velocità doppia rispetto a quella della bici e con la stessa direzione perché la velocità di rotazione si somma a quella di traslazione. La parte inferiore della ruota si muove con velocità inferiore addirittura nulla del punto di contatto del pneumatico con l’asfalto.
Questo particolare fenomeno rende il comportamento della ruota molto critico dal punto di vista aerodinamico, comportamento ancora in fase di studio da parte dei ricercatori ma comunque assai influente sulla efficienza generale del mezzo. Oltre tutto, come dimostrato dall’uso delle ruote lenticolari (addirittura negative in talune circostanze), possiamo trovarci in condizioni ambientali caratterizzate da vento laterale che complica ulteriormente il problema.
Detto questo, esistono in commercio ruote che presentano indubbi vantaggi aerodinamici (profilo del cerchio, numero di raggi, profili dei raggi, ecc.) la cui utilizzazione può migliorare sensibilmente, almeno in pianura, la capacità di sviluppare velocità (e per questo si rimanda ai testi specialistici).
L’altro elemento sul quale è possibile operare con relativa facilità per migliorare le caratteristiche aerodinamiche del sistema riguarda la posizione dell’atleta. Questa deve essere finalizzata a migliorare soprattutto la superficie di sezione frontale.
Il tale ottica l’elemento di primario interesse riguarda la posizione del busto che, almeno in determinate circostanze, dovrebbe posizionarsi più basso e parallelo più possibile al terreno. Per ottenere questa configurazione si opera generalmente sulla geometria del telaio.
La possibilità di orientare il busto parallelo al terreno dipende dalla regolazione di alcuni parametri: la differenza di quota e la distanza tra sella e manubrio, l’arretramento della sella, il disegno e le caratteristiche del manubrio.
Regolazioni che apparentemente non presentano particolari problemi.
La realtà è, invece, che la posizione ideale si scontra molto spesso con le caratteristiche morfostrutturali dell’atleta.
In particolare, sono le capacità di flessibilità articolare della colonna vertebrale e di estensibilità della muscolatura che spesso limitano la possibilità di posizionarsi correttamente in bici. La presenza di dismorfismi o paramorfismi come scoliosi, dismetrie degli arti ed altro, determinano ulteriori limiti per i compensi posturali che ne derivano.
Nel ciclismo amatoriale esistono poi ulteriori variabili, come l’età mediamente più elevata dei praticanti, con la possibilità che le strutture articolari presentino processi degenerativi e infiammatori.
La posizione allungata e abbassata sollecita fortemente, infatti, il tratto lombare della colonna che inverte la sua curvatura fisiologica ed il tratto cervicale con notevole aumento della lordosi. Se tali sedi sono oggetto di processi infiammatori e degenerativi, la posizione aerodinamica può scatenare o acuire dolore e disfunzione.
L’altro importante aspetto sul quale è necessario lavorare e che viene trascurato dalla maggior parte dei ciclisti, riguarda il miglioramento della flessibilità ed elasticità dell’apparato muscolo-scheletrico.
La migliore posizione aerodinamica si può ottenere e, soprattutto, mantenere se attraverso esercizi di allungamento eseguiti abitualmente riusciamo a migliorare i gradi di flesso-estensione articolare soprattutto dei distretti più interessati.
Grande attenzione va, infatti, riposta alla muscolatura del bacino che deve essere in grado di ruotare anteriormente seguendo il busto (antiversione); una buona estensibilità della muscolatura flessoria della gamba (ischio-crurali), dell’ileo-psoas (per l’influenza che ha sulla colonna lombare) e dei dorsali, e l’elemento fondamentale per avere buoni risultati.

BIBLIOGRAFIA

Abbot I.H.: Theory of wing sections – Dover pb. n.y. 1945

Berta C.: Aerodinamica computazionale – Report C.R.F. 1985

Cogotti A.: Aerodinamica dei veicoli terrestri – Articolo A.T.A. 1985

Dal Monte A., Dalla Vedova D., Marini C.: Cycling aerodinamics and frame design – Atti del “Second World Congress Of Biomechanics” – Amsterdam, luglio 1994

Dal Monte A., Faina M., Mirri G., Dalla Vedova D.: La Valutazione Funzionale del complesso uomo-mezzo da gara – 3^ Convegno Nazionale Di Medicina Dello Sport, Firenze 1994

Di Prampero P. E.Et Al.: Energy cost and efficiency of riding aerodynamic bicycles – Eur. J. Appl.Physiol. 67 144-149 1993

Faria I. E.: Energy expenditure, aerodynamics and medical problems in cycling – Sport Medicine 14(1) 43-63 1992

Kyle C.R.: Articoli vari riguardanti l’aerodinamica della bicicletta pubblicati sulla rivista “Bicycling” (29 (3) 186-190 1988 – 29 (4) 194-204 1988 – 29 (5) 180-185 1988 – 19 (6) 144-152 1988 – 29 (8) 45-58 1988 – 30 (5) 178-182 1989)

Ricciardi A.: L’aerodinamica – Ed. I.B.N. Roma 1988

Shanebrook J. R., Jaszczak R.D.: Aerodynamics of human body – Biomechanics 4^ International series on sport science vol. 1 – University Park Press, Baltimore Md Pp 567-571 1974

 

Anche gli anziani fanno sport

 

A partire tra la quarta e la quinta decade di vita si registra una sensibile flessione delle capacità di forza e resistenza; le cause sono da ricercare nella perdita fisiologica della massa muscolare, nella perdita di unità motorie di tipo veloce FT (fast twitch fibres) unitamente ad un rallentamento della capacità del SNC di condurre stimoli nervosi e conseguentemente di produrre risposte motorie atte al mantenimento della forza. A tutto ciò bisogna aggiungere un aumento del grasso sottocutaneo una diminuzione nella sintesi delle proteine e abitudini di vita sedentaria. L’allenamento non può fermare questi processi fisiologici, ma può indurre modificazioni che riescono a rallentare l’impatto che l’età ha sulle performance e sulla qualità di vita del soggetto. L’ipotesi che l’adattamento muscolare al lavoro sia ancora possibile e significativo non può nascondere il fatto che avvenga con maggiore lentezza, per cui prima di iniziare un programma di esercizi alla forza nell’anziano è importante una sua graduale introduzione che lo porti molto prudentemente alle forme di allenamento tradizionali. Tale periodo può includere nelle fasi iniziali carichi bassissimi o a corpo libero progressivamente crescenti.


Macchine isotoniche

È importante avere una progressione molto graduale degli esercizi fra quelli che attivano le masse muscolari principali e che abbiano un’escursione regolare, prevedibile, lineare come è possibile con le macchine isotoniche. L’ordine degli esercizi non differisce dalle indicazioni generali per gli adulti dando priorità agli esercizi che impegnano le masse muscolari più grandi, perciò inizieremo con esercizi agli arti inferiori per continuare con i muscoli del tronco e finire con le braccia. Il numero delle ripetizioni è tendenzialmente simile a quello classico,8-16, ma bisogna evitare uno sforzo molto elevato I recuperi fra le serie devono consentire di svolgere, senza alcuno stress, il lavoro proposto. Il carico di lavoro corretto viene calcolato facendo riferimento al peso che è possibile sollevare soltanto una volta con il movimento-esercizio che abbiamo deciso di far effettuare (1 RM). Il protocollo di lavoro viene impostato intorno al 30% del massimale (1 RM) per le esercitazioni iniziali, fissando un numero di ripetizioni che non portino all’esaurimento muscolare. Dopo circa due-tre settimane il carico può essere incrementato sino ad un massimo del 70% di 1 RM.

Allenamento alla resistenza

 Per allenare la resistenza dovremo far lavorare gli anziani ad una frequenza cardiaca variabile dal 65 al 80% di Fcmax. Si consideri che, per anziani nella terza fase della riabilitazione della cardiopatia ischemica dopo infarto del miocardio, vengono consigliate attività con valori tra il 65 e 70% della Fcmax da realizzare autonomamente al proprio domicilio. La durata dell’allenamento deve variare tra i 20-60 minuti, alcune ricerche hanno evidenziato l’efficacia anche di periodi più brevi, ripetuti più volte nel corso della giornata, in particolare per soggetti poco allenati.

Le attività consigliate sono:

Attività all’aperto 

▪ cammino

▪ corsa

▪ bicicletta

▪ sci di fondo

▪ ballo

Attività in palestra

▪ circuiti e percorsi con esercizi diversificati a bassa intensità

▪ esercizi coordinativi

▪ aerobica a basso impatto

▪ tapis roulant, cyclette
Attività in piscina

▪ nuoto

▪ aquagym

▪ ginnastica in acqua sia alta che bassa

In Acqua

Le attività in acqua rispondono al meglio alle esigenze motorie dell’anziano che può eseguire esercitazioni graduate secondo le sue necessità e senza stress fisici, sfruttando le componenti fisiche proprie dell’elemento acquatico: la spinta idrostatica, il galleggiamento indotto e la pressione.

La resistenza idrostatica può dar luogo a contrazioni muscolari prodotte in modo quasi del tutto isocinetico, quindi sforzi muscolari graduali e costanti per quasi tutta la lunghezza del movimento effettuato, a garanzia di un più completo rafforzamento dell’apparato muscolare. Le attività natatorie rientrano quindi in un contesto salutista utile sia al benessere psicofisico sia all’aggregazione sociale. Il gruppo costituito in questo ambito, trova obiettivi comuni fortemente motivanti, come la socializzazione, il rafforzamento della propria identità, e spesso determina un’aumentata attenzione verso problemi quali l’alimentazione, il fumo e l’alcool, migliorando sensibilmente lo stile di vita.

La ginnastica in acqua può migliorare:

• le capacità motorie

• le capacità sensoriali

• la coordinazione dinamico-generale

• l’efficienza muscolare e articolare

• le capacità respiratorie e cardiocircolatorie

• la socializzazione

• l’autostima

BALLO

Attività ideale a tutte le età che aiuta a coordinare l’azione fra mente e corpo e combatte l’invecchiamento precoce. La pratica del ballo, sia a livello sportivo-ricreativo, che a livello competitivo-amatoriale richiede l’osservanza di regole di igiene comportamentale alla salvaguardia della salute che, nel caso degli anziani, sono di fondamentale importanza per evitare lesioni sia alla struttura scheletrica che al sistema cardiocircolatorio. La danza-movimento-terapia non è soltanto una modalità specifica di trattamento di una pluralità di manifestazioni della patologia psichica, somatica e relazionale ma si occupa inoltre di favorire una positiva ricerca del benessere e di un’evoluzione personale. Il messaggio è dunque favorire lo sviluppo delle risorse umane verso la prevenzione del disagio psicosociale promuovendo il benessere dell’individuo attraverso la ricerca di un’unità psicofisica e spirituale.

TAI CHI CHUAN

Inserito in varie nazioni nei protocolli terapeutici e nei programmi di prevenzione sanitaria. La pratica del tai-chi non solo prevede il lento movimento di tutti i muscoli e di tutte le articolazioni, ma richiede anche una respirazione e un movimento del diaframma conformi al ritmo dell’esercizio, mantenendo rilassato il corpo e restando contemporaneamente vigili con la mente. Questi accorgimenti permettono che si produca un effetto riequilibrante sul sistema nervoso centrale, il quale a sua volta è stimolato ad attivare o a migliorare le funzioni di altri sistemi. Nell’esecuzione del tai-chi si richiede che il praticante sia rilassato, pienamente concentrato e capace di dirigere la sua completa attenzione su qualsiasi parte del proprio corpo, laqualcosa è già di per sé un’ottima disciplina per la mente.

È necessario possedere un appropriato controllo del corpo e un adeguato senso dell’equilibrio, requisiti che si possono ottenere attraverso un’intensa attività cerebrale; ciò attiva di conseguenza, in misura elevata, i meccanismi e i processi fisiologici del sistema nervoso centrale e di tutti gli altri sistemi e apparati dell’organismo. Infine, per l’aspetto più importante nella terza età, vale a dire la prevenzione delle cadute, questa disciplina sembra effettivamente contribuire a una diminuzione del rischio.

 

Il pilates è una ginnastica posturale?

Anche voi fate parte di quelle persone che non hanno mai ben capito di che cosa si tratta il Pilates? Una ginnastica posturale? Uno “yoga faticoso”? Una serie di esercizi che vanno di moda? Una roba per… vecchie signore? Ovviamente nulla di tutto ciò!

Da qualche anno c’è stata una vera e propria ascesa del Pilates: palestre, centri benessere, ma anche veri e propri studi specializzati in questa disciplina. La più grande differenza nella scelta del corso di Pilates adatto a noi è tra l’uso dei macchinari appositi come Reformer,Cadillac, Chair, spine corrector, barrel o nel lavoro a corpo libero, definito matwork.

Il Reformer è un macchinario ideato dallo stesso Joseph Pilates e tra i più versatili del suo repertorio: è un attrezzo simile a un letto costituito da una parte fissa e una parte mobile che scorre su un binario. Le due parti sono collegate con delle molle di diverso colore: ogni molla può essere agganciata o sganciata per dare un livello di intensità diverso all’esercizio che si deve eseguire.

Una delle posizioni di base consiste nello sdraiarsi in posizione supina posizionando i piedi nella parte fissa  e mantenendo il corpo nella parte mobile. Per spostare e far scorrere la parte mobile si dovrà esercitare una forza variabile in base al numero e alla tipologia delle molle agganciate e al peso del proprio corpo.

Il reformer inoltre è costituito da due staffe che possono essere utilizzate con gli arti superiori o inferiori. Il movimento sulle staffe provoca lo scorrimento della parte mobile. L’intensità dell’esercizio dipenderà ancora una volta dalle molle agganciate e dal peso del proprio corpo.

Le modalità di utilizzo del reformer sono quasi infinite: è possibile eseguire numerosissimi esercizi dedicati a ogni parte del corpo. Dallo squat in movimento sfruttando la parte mobile per equilibrio e controllo, a un affondo frontale, a esercizi per le braccia/spalle o per i glutei sfruttando le staffe. Da sottolineare inoltre che facilita l’allenamento senza stress per le articolazioni.  La sfida è duplice poiché in molti esercizi l’allievo deve tenere la stabilità del corpo su una superficie mobile, aumentando così la percezione del corpo nello spazio.

 

SPINE-CORRECTOR

Lo spine-corrector o Hump Barrel è stato progettato appositamente per correggere gli squilibri e le imperfezioni nella spina dorsale. La maggior parte esercizi sono eseguiti da sdraiati con la schiena arcuata sopra la porzione a forma di barile. Usarlo per eseguire i push-up è il modo migliore per impegnare tutte le masse muscolari del dorso senza sovraccaricare la colonna vertebrale. Anzi durante l’esercizio la colonna vertebrale viene allungata in modo benefico. Lo spine-corrector inoltre mantiene la corretta postura di colonna e articolazioni, così oltre a far lavorare pettorali e braccia hai anche una benefica ricaduta sui muscoli stabilizzatori di bacino e colonna e su paravertebrali ed erettori spinali. E contemporaneamente glutei e bicipiti femorali svolgono un importante lavoro isometrico, allungando quadricipiti, flessori dell’anca e del piede.

 

Chair
Il nome dell’attrezzo è dato dalle dimensioni e dall’utilizzo che un tempo lo collocava tra i primi attrezzi ginnici da casa. J.H.Pilates aveva infatti ideato la Chair come poltroncina da casa che, una volta aperta, si trasformava in un piccolo attrezzo dotato di resistenze (simile come concetto all’Universal Reformer).

La Chair permette un lavoro di rafforzo graduale di tutta la muscolatura.

Nel programma del Metodo pilates sono compresi esercizi in stazione eretta, seduta, prona e supina.

BIG BARREL

La Big Barrel è un attrezzo in legno imbottito esternamente dalla forma di un emicilindro che permette esercizi di mobilizzazione della colonna vertebrale.
Gli esercizi proposti sulla Barrel interessano principalmente la colonna vertebrale che viene sollecitata in tutti i segmenti, anche se negli esercizi tutte le catene muscolari sono sempre coinvolte.
I primi modelli di questo strumento, costruiti con la stessa tecnica utilizzata per le botti, appunto “barrel” in inglese, sono nati per creare uno strumento capace di far realizzare esercizi per la decompressione e l’allungamento della colonna vertebrale. Il Big Barrel consente di eseguire sia un allenamento intenso e specifico per il rafforzamento muscolare, sia esercizi di stretching, per un costante allenamento del corpo.

Cadillac

La Cadillac consiste in una intelaiatura in legno a forma di lettino su cui è installata una struttura metallica che permette l’inserimento di molle ed accessori con diverse posizioni, altezze ed angolature.

Le molle si utilizzano opponendo vari tipi di resistenza al lavoro del soggetto.
La Tower integra la Cadillac ampliando la gamma degli esercizi eseguibili.

La Cadillac è nata per sviluppare la componente propriocettiva del lavoro neuromuscolare in fisioterapia.
Gli esercizi  sono comunque inseribili nel programma generale del Metodo pilates e realizzano un miglioramento del tono e dell’elasticità muscolare.

Sono importanti anche gli utilizzi nella mobilizzazione della colonna vertebrale e nello stretching.

Quello che non molti sanno è che il Matwork, ovvero il corpo libero, nasce come una sorta di “compito per casa“ che Joseph dava ai suoi allievi, a cui necessariamente affiancava il suo lavoro in studio mediante l’ausilio dei macchinari. Il lavoro a corpo libero richiede una precisione ed un controllo della propria postura, spesso maggiore di quello richiesto dalle macchine, le quali possono facilitare alcuni movimenti e bloccare atteggiamenti corporei sbagliati.

I due lavori sono necessariamente complementari. Troverete grande beneficio nell’iniziale utilizzo del Reformer, che vi aiuterà a sviluppare ed usare muscoli che sono la condizione necessaria per l’esecuzione di molti esercizi a corpo libero, in un successivo momento il suo sitema di molle potrà aggiungere sfide ulteriori e modellare in maniera ancora più specifica il vostro corpo. Il Matwork è necessario, dal canto suo, per aumentare la percezione della nostra postura ed insegnarci a sentire quando un movimento è eseguito correttamente o meno, nonché ci permette di avere un repertorio di esercizi che potremmo un domani usare in autonomia.

Il percorso inizia con la valutazione della postura, delle tensioni muscolari e dei movimenti scorretti che il corpo utilizza e che possono essere causa di dolori o contribuire a fissare una cattiva postura. Attraverso un programma di esercizi si impara a riconoscere le tensioni, i movimenti alterati e come fare per modificarli per ritrovare e mantenere nel tempo uno stato di benessere diventando più consapevole e responsabile del proprio corpo.

Il Pilates è indicato per:

alterazioni    posturali    e    scoliosi, in ragazzi e adulti

colonna vertebrale e articolazioni: lombalgia, sciatalgia, cervicalgia, periartrite spalla, artrosi anca, distorsioni della caviglia, traumi, fratture..

ernia del disco, ricostruzione legamenti spalla o ginocchio, protesi d’anca..

Osteoporosi per prevenire la perdita di massa ossea

Gravidanza in caso di lombalgia o per recuperare la forma fisica dopo il parto

pavimento pelvico per incontinenza, prolasso

Atleti prima del ritorno all’attività sportiva o per integrare l’allenamento

Nel corso di gruppo visto e considerato che ogni soggetto è differente dall’altro, prima di inserirsi, è consigliato effettuare una o due sedute di Pilates individuale per imparare la corretta esecuzione dei movimenti.

La ginnastica posturale è un tipo di ginnastica importante non solo per tutti coloro che presentano dolori e vari disturbi alla colonna vertebrale, spesso affetta da varie problematiche dovute anche ad un’errata postura assunta durante il corso della giornata, ma anche a scopo preventivo, al fine di prevenire quindi l’insorgenza di eventuali dolori e fastidi a spalle e schiena, fastidi che possono divenire più frequenti con l’avanzare dell’età. Normalmente le posizioni scorrette che assumiamo durante la giornata portano ad accusare dei dolori al collo e alle spalle, le quali appaiono peraltro spesso incurvate verso l’interno.

Gli esercizi, nella loro apparente semplicità, attivano la muscolatura più profonda lavorando in sintonia con un corretto uso del respiro. Questo tipo di ginnastica si prefigge determinati “obiettivi”: una presa di coscienza della propria postura, un miglioramento della coordinazione, un riequilibrio della postura e ovviamente l’apprendimento delle posizioni corrette da assumere.

In questo modo vengono stimolati e migliorati la concentrazione e coordinazione mente-corpo e l’ascolto delle nostre percezioni corporee.

Se la ginnastica posturale “classica” si fonda sull’individuazione generale del disequilibrio ipotono/ipertono e sulla conseguente somministrazione di esercizi di tonificazione per le zone muscolari ipotoniche e di stretching per le zone ipertoniche e mobilizzazione delle principali articolazioni del corpo, il Pilates, o meglio il metodo Pilates (che trae il nome dal suo ideatore), gode di una più ampia specificità e si regge su una particolare filosofia orientata al connubio mente-corpo, che trae origine dalla concezione olistica dell’individuo. Il suo nome originale, infatti, è “Contrology”, ed è evidente come il suo ideatore J.H. Pilates abbia previsto per il suo metodo il principio fondamentale del controllo mentale sul movimento che si va ad eseguire, e questo accade essenzialmente attraverso l’esecuzione di un movimento lento e controllato (secondo il principio fisico che consente di aumentare il controllo biomeccanico del nostro corpo diminuendo la velocità di esecuzione del movimento) e l’abbinamento della respirazione che segue uno schema generale in base al tipo di contrazione addominale, diviso in inspirazione in contrazione eccentrica (l’addome si contrae allungandosi) ed espirazione in contrazione concentrica (l’addome si contrae accorciandosi).

Appare evidente come la ginnastica posturale sia a più ampio spettro e si adatti facilmente ad un pubblico ampio e diversificato, dall’età evolutiva alla terza età, abbracciando una vasta gamma di problematiche e agendo su una prevenzione di primo e secondo livello per ciò che riguarda l’insieme delle alterazioni fisiche e i difetti di andatura e postura. Ma è pur vero che il Pilates è anch’esso una ginnastica posturale, è un tipo particolare e specifico di ginnastica posturale che riguarda essenzialmente i muscoli centrali del corpo, addominali in primis, lombari, paravertebrali e glutei, che in effetti sono i muscoli “posturali” per eccellenza, ossia quei muscoli che racchiudendo la colonna vertebrale controllano il mantenimento della postura e quindi regolano l’equilibrio.

Riassumendo, possiamo affermare che la ginnastica posturale rappresenti un primo livello per chi voglia migliorare la funzionalità del proprio corpo, un’attività generale e che si adatta con facilità ad una vasta gamma di obiettivi e ad un ampio pubblico di differenti fasce d’età, invece il Pilates rappresenta un livello successivo, l’attività ideale per chi cerca una maggiore consapevolezza del suo abitare la corporeità, per chi ha il desiderio di iniziare l’affascinante viaggio alla scoperta del proprio universo corporeo, indissolubilmente legato e fuso alla dimensione psichica e alla componente emotiva.

 

Rossella Caci – Pilates Trainer, Genova

 

ESERCIZIO AEROBIOTICO PER RIDURRE IL PESO

E’ stata studiata una popolazione femminile dai venti ai quarant’anni, sana e solo lievemente sovrappeso.
La percentuale di grasso corporeo era stimata attorno al 30%-40%; si raccomandò a tutte le donne di continuare la dieta abituale durante il trattamento. Un gruppo di donne camminava a passo veloce, un altro pedalava sulla cyclette ed un altro ancora nuotava; dopo circa sei mesi il primo gruppo aveva perso il 10% del peso corporeo, il secondo il12%; quelle che avevano nuotato in piscina non erano dimagrite.
Lo spessore delle pliche cutanee dell’ avambraccio era ridotto nelle cicliste e nelle marciatrici, mentre era invariato nelle nuotatrici.
Fu notato che piccole perdite di peso si manifestavano già nel periodo iniziale e che quando il tempo dedicato all’ esercizio superava la mezz’ ora al giomo, il peso continuava a ridursi in modo progressivo e continuo di circa mezzo chilo alIa settimana.
II nuoto ha evidenziato di essere una forma gradevole di attività, procura benessere e mantiene la forma fisica, ma non è in grado di ridurre il peso corporeo ed il tessuto adiposo.

a cura dell’Istituto di
MEDICINA DELLO SPORT
di Genova della F.M.S.I.
Pubblicazione Giugno 1996

CAFFE’ NELLO SPORT: STRATEGIA, RESISTENZA, IPOALGESIA

CAFFE’ NELLO SPORT: STRATEGIA, RESISTENZA, IPOALGESIA

Diffusa più di quanto si possa immaginare (è presente in oltre sessanta specie di piante), la caffeina (1, 3, 7­trimetilxantina) è una “purina” presente naturalmente nei semi di caffè (Coffea arabica e Coffea canephora o “robusta”), di cacao (Teobroma cacao), di kola (Gola acuminata) e di guarana (Pallinia cubana), oltre che nelle foglie di tè (Theasinensis) e di matè (llex paraguariensis).
Meccanismo d’azione del caffè ed effetti fisiologici e farmacologici
L’attivita del caffe è dovuta essenzialmente alla componente xantinica della caffeina che esercita i suoi effetti inibendo la fosfodiesterasi, promuovendo l’accumulo intracellulare di AMP ciclico e aumentando la permeabilità degli ioni calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico. Fisiologicamente e farmacologicamente la caffeina non si limita solo a stimolare il sistema nervosocentrale dove, com’è noto, migliora l’attenzione e la capacità di essere vigili, ma riduce la sensazione soggettiva della fatica e, quindi, concorre al miglioramento dell’efficienza fisica e mentale (vedi tabella 1 e 2). Lo hanno dimostrato Foskett A. e coil. in uno studio recentissimo, il cui scopo era valutare l’effetto della caffeina sulle performance durante una simulazione di attività calcistica.
Gli autori hanno concluso che l’ingestione di caffeina prima di una simulazione di attività calcistica ha migliorato la precisione di passaggio dei calciatori e le prove di salto senza che ciò andasse a discapito di altri parametri di performance.

Tab. 1 – EFFETTI DELLE PRINCIPALI SOSTANZE XANTINICHE

Stimolazione del Sistema Nervoso Centrale Effetto diuretico Stimolazione cardiovascolare
CAFFEINA INTENSA MODESTO MODESTA
TEOBROMINA MODESTA MEDIO MEDIA
TEOFILLINA MEDIA INTENSO INTENSA

Tab. 2 – EFFETTI FARMACOLOGICI DELLE METILXANTINE SU ALCUNI SISTEMI E ORGANI
SISTEMA/ORGANO EFFETTI DELLA CAFFEINA/TEOFILLINA

SISTEMA/ORGANO EFFETTI DELLA CAFFEINA/TEOFILLINA
Cuore Isotropo/Cronotropo positivo
Vascolarizzazione Dilatazione
Coronarie Dilatazione
Renale Dilatazione
Periferica Costrizione
Centrale Costrizione
Respiratorio Broncodilatazione, Stimolazione della respirazione
Renale Diuresi, Stimolazione del rilascio della renina
Gastrointestinale Stimolazione della secrezione gastrica
Muscolatura Liscia Rilassamento
Asiposo Stimolazione della lipolisi
Piastrinico Inibizione dell’aggregazione
Nervoso Centrale Stimolazione

Caffè: incremento di lavoro muscolare, resistenza e diminuzione del dolore
L’azione ergogenica (aumento della capacità di lavoro) della caffeina dipende da molti fattori (caratteristiche morfologiche del soggetto, consumi abituali della caffeina/assuefazione,composizione della dieta, ecc.) ed è spiegata anche in virtù della sua capacità di favorire la liberazione di acidi grassi liberi dagli adipociti (lipolisi) e, conseguentemente, di aumentare la produzione di glucosio e di risparmiare il glicogeno muscolare, anche
in virtù di un possibile “blocco” dei recettori dell’adenosina delle cellule adipose (effetto lipolitico) e nervose (effetto stimolante).
A tale proposito ne riferiscono Pedersen e collaboratori in un recente lavoro all’interno del quale si sottolinea che, in soggetti allenati,quando le riserve di glicogenomuscolare siano esaurite per effetto di un carico di lavoro intenso, l’assunzione combinata di caffeina (8 mg/kg p.c.) e carboidrati sia in grado di migliorare la risintesi del glicogenomuscolare rispetto a quanto avviene con i soli carboidrati. La caffeina – continuano gli autori – pare aumentare la velocità e/o la potenza in condizioni di corsa simulata. Questi effetti sembrano manifestarsi sia in gare che durano fino a 60 secondi sia in quelle più lunghe (fino a due ore). La somministrazione, 60 minuti prima dell’attività fisica, di 3-9 mg di caffeina per kg di peso corporeo (200-350 mg) sarebbe in grado di favorire le prestazioni atletiche aerobiche attraverso un aumento della disponibilità dei lipidi, un minore ricorso al metabolismo glucidico e l’attivazione del sistema nervoso centrale. E su caffeina e resistenza pubblicano anche Davis JK e Green JM3: “L’effetto della caffeina sulle prove di resistenza è ben documentato. A livello comparativo, tuttavia, risulta che sono state condotte meno ricerche sui potenziale ergogeno delle prove anaerobiche. In alcuni studi, in cui non erano stati dimostrati effetti della caffeina sulle performance, erano stati impiegati soggetti non allenati o si trattava di lavori basati su disegni non funzionali all’osservazione dell’effetto ergogeno Studi recenti condotti su soggetti allenati e sulla base di schemi specifici per l’attivita sportiva intermittente, supportano l’ipotesi che la caffeina eserciti, in una certa misura, un effetto ergogeno in corso di sforzo anaerobico. La caffeina sembra avere un effetto altamente ergogeno in esercizi di velocità di durata compresa tra 60 e 180 secondi. Tuttavia, per altri modelli che valutano l’output di potenza (per esempio il test di Wingate dei 30 secondi) è stato dimostrato un effetto minimo della caffeina sulle performance.
Viceversa, gli studi basati su metodogie specifiche di alcuni sport (per esempio hockey, rugby, calcio) con durata inferiore (per esempio 4-6 secondi) dimostrano che la caffeina risulta ergogenadurante sforzi intermittenti di breve durata. In recenti studi è stato dimostrato che la caffeina agisce sulla forza isometrica massimale, fornendo evidenze preliminari di una maggiore resistenza muscolare della muscolatura degli arti inferiori. Tuttavia, le misurazioni isocinetiche del picco di forza, la ripetizione massima (l-RM) e la resistenza muscolare della muscolatura degli arti inferiori danno risultati meno chiari. Poichè non sono stati condotti molti studi sui training di resistenza, non possono essere tratte conclusioni definitive sull’entità dell’influenza della caffeina sulle performance. In precedenza si riteneva che il meccanismo d’azione della caffeina fosse associato all’incremento dell’ossidazione degli acidi grassi liberi a favore del consumo di glicogeno muscolare indotto dall’adrenalina (epinefrina), il che costituiva la principale ipotesi alla base dell’effetto ergogeno. Sembrerebbe però improbabile che questa teoria possa supportare un miglioramento delle performance anaerobiche, dato che lo sforzo è regolato da vie metaboliche ossigeno-indi pendenti.
Sono perciò stati suggeriti altri meccanismi, come l’incremento della mobilizzazione del calcio e l’inibizione
della fosfodiesterasi. Tuttavia, una normale dosefisiologica di caffeina in vivo non indica che questo meccanismo abbia un ruolo preponderante. E’ stato anche proposto che la caffeina contribuisca all’aumento dell’attività della pompa sodio-potassio che, a sua volta, incrementerebbe lo stimolo alla contrazione. Secondo un’ipotesi più accreditata, invece, la caffeina stimolerebbe il SNC. La caffeina ha un’azione antagonista sui recettori dell’adenosina e inibisce pertanto l’effetto negativo dell’adenosina sulla neurotrasmissione e sull’insorgenza e percezione del dolore. Gli effetti ipoalgesici della caffeina consistono nell’attenuazione della percezione del dolore e nella diminuzione della percezione della fatica sotto sforzo. Ciò potrebbe esercitare un potenziale effetto positivo sulle unità motorie muscolari, con conseguente produzione di una forza muscolare più efficace e intensa.
L’esatto meccanismo alla base dell’azione della caffeina rimane tuttavia ancora da chiarire. Anche Doherty e Coll riferiscono di caffeina e ristenda in un loro studio all’interno del quale si applica un approccio metaanalitico dell’esame deli effetti dell’ingestione di caffeina sull’attribuzione di un punteggio in base a una scala di sforzo percepito (rating of perceid exertion – RPE). I risultati dimostrano che la caffeina riduce il punteggio di RPE sotto sforzo, il che potrebbe in parte spiegarne l’effetto ergogeno sulle performance.
Infine Tarnopolsky conclude che gli effetti ergogeni della caffeina durante l’attività di endurance sono mediti in parte dall’aumento della forza contrattile e in parte dalla riduzione della soglia di fatica percepita, causata probabilmente dalla diminuzione dello sforzo richiesto e/o del dolore.
http//www.caaffemedicina.it

PRINCIPALI EFFETTI POSITIVI DELLA CAFFEINA SULLA PRESTAZIONE SPORTIVA

  • Incremento della vigilanza acustica e visiva: Effetto positivo
  • Incremento dell’attenzione in attività ripetitiva:Effetto positivo
  • Incremento della capacità di eseguire semplici esercizi di calcolo: Effetto positivo
  • Incremento dello stato di allerta: Effetto positivo
  • Riduzione del senso di fatica: Effetto positivo
  • Incremento della stimolazione del Sistema Nervoso Centrale: Effetto negativo/positivo
  • Incremento dellavelocità di reclutamento delle fibre nervose: Effetto positivo
  • Effetti analgesici sul sistema nervoso centrale: Effetto positivo
  • Aumento della gittata cardiaca e del flusso coronarico: Effetto positivo
  • Aumento della termogenesi: Effetto positivo
  • Aumeto produzione succhi gastrici: Effetto negativo/positivo
  • Maggiore rilassamento della muscolatura bronchiale (broncodilatazione): Effetto positivo
  • Aumento della glicogenolisi e della lipolisi: Effetto positivo
  • Incremento dell’utilizzazione degli acidi gassi e risparmio del glicogeno: Effetto positivo
  • Possibile incremento della disponibilità di substrati energetici: Effetto positivo

La caffeina non è una sostanza dobbante – Che caffeina e bevande contenenti caffeina vengano citati quando si parla di sportivi, non è strano perché il “rapporto” tra caffeina e sport è stato – in passato – molto dibattuto e ancora oggi molto ne ignorano le conclusioni Fino al 2003, infatti, la caffeina figurava tra le “sostanze soggette a limitazione d’uso” all’interno dell’elenco delle sostanze dopanti del Comitato olimpico Internazionale (CIO) e dell’agenzia Mondiale Anti Doping (WADA, World Anti Doping Agency). Qui la caffeina era classificata tra le sostanze stimolanti e se ne stabiliva il limite massimo tollerato per millimetro d’urina in 12 microgrammi. Un limite davvero difficile da raggiungere salvo che non si assumano quantitativi elevati di caffeina (superiori a 7mg/kg peso corporeo), improbabili se riferiti ad un consumo normale di caffè, il cui ci suggerimento giornaliero è di 300 mg (dalle 3 alle 5 tazzine di caffè espresso a secondo che si tratti di qualità robusta o arabica).
La WADA, nel 2004, insrì la caffeina tra le sostanze sottoposte ad un “programma di monitoraggio” e oggi, fortumìnatamente per gli amanti della bevanda nazionale, il caffè non è più sottoprocesso e anche gli sportivi possono goderne i benefici effetti.