Medicina Generale

La salute degli “over 50″

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Gli aiuti che la natura e i prodotti naturali possono offrire al benessere del nostro corpo e della nostra mente sono molteplici. Per questo, tante tipologie di medicine non convenzionali, l’omeopatia su tutte, riscuotono tanto consenso e successo in tutto il mondo. Il principio su cui si basano questi tipi di trattamenti è quello dell’autoguarigione: in pratica, per favorire la naturale capacità di curarsi dell’organismo, l’uomo si somministra, a dosi molto diluite, sostanze ricavate da piante, minerali ed estratti animali che in un soggetto sano e a dosi normali producono gli stessi effetti della malattia. Questo per stimolare il sistema immunitario a rispondere all’attacco della malattia o del disturbo in corso.
Tra i prodotti naturali più apprezzati e utili per mantenersi giovani, ricordiamo i Fiori di Bach, preparati a base di principi vegetali che favoriscono le capacità di ri-equilibrio e di armonizzazione le personalità o i disagi emozionali, gli estratti di soia, che contiene isoflavoni, genisteina e daidzeina, noti per le loro proprietà naturali utili contro la sintomatologia menopausale, e il trifoglio rosso – o pratense – i cui estratti possono aiutare le donne contro i disturbi e sintomi legati all’età. Ancora sono utili, kiwi, more e frutti di bosco e tutti quei prodotti ricchi di anti-ossidanti, nemici dei radicali liberi e alleati per mantenersi giovani. Anche le bacche di Goji, pianta coltivata in Tibet e in Himalaya negli ultimi tempi, inseriti nella lista ufficiale degli integratori antiossidanti, garantiscono un pieno di proprietà rinvigorenti.

Salute e benessere over 50
Un’alimentazione ricca di fibre, minerali, di frutta e verdura, è la chiave per mantenere il nostro fisico giovane e per combattere i segni del tempo. Accoppiare a una dieta corretta uno stile di vita consapevole e attiva, è l’unica strada per vivere bene e sentirsi ancora meglio.
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+DetIt – Maggio/Giugno

EPATITE A

I primi destinatari di questo vaccino sono:
- i viaggiatori diretti ad aree endemiche
- gli addetti ad alcuni servizi (ad esempio gli alimentaristi)
- i ricoverati ed i componenti di istituti e collettività
Tuttavia non si può escludere che in futuro anche la vaccinazione contro l’epatite A entri a far parte dei programmi di vaccinazione sistematica dell’ infanzia.

Caratteristiche del vaccino: è formato da un virus coltivato in cellule diploidi umane, trattato con formolo e adsorbito su idrossido di alluminio.

Modo d ‘USO: è somministrato per via intramuscolare nella regione deltoidea in tre dosi.
II ciclo di vaccinazione primaria è costituito da due dosi inoculate ad un mese di distanza una dall’ altra.
La terza dose, inoculata 6-12 mesi dopo la prima, funge da richiamo.
Solo in casi di emergenza l’intervallo tra Ie prime due dosi può essere ridotto a 15 giomi.

Età : a partire dal III mese di vita.

 

Hepatitis viruses

Meccanismo e durata delI’immunita: il virus penetra nell’ organismo per via orale e dal-
l’ interno raggiunge il fegato, attraverso iI sangue (vena porta).
II virus viene bloccato dagli anticorpi prodotti dal vaccino durante questa fase ematica.
L’immunizzazione da vaccino dura almeno un anno dopo la somministrazione delle prime due dosi e probabilmente una decina di anni dopo la terza (dose di richiamo).
Non sono previste rivaccinazioni

Reazioni e complicanze: reazioni locali nella sede dell’iniezione (rossore) sono rare e reazioni generali di modesta entità sono state osservate in meno del 10% dei vaccinati.

LE EMORROIDI: UN PROBLEMA SEMPRE ATTUALE

Questa distinzione è importante sia da un punto di vista etiopatogenetico che terapeutico poichè il flusso venoso del plesso superiore si immette nel sistema venoso portale, mentre gli altri due affluiscono nel sistema della vena cava inferiore. Ricordiamo infine che i tre plessi sopra descritti sono in comunicazione tra loro per mezzo di piccole vene che collegano il flusso sanguigno.
Comunque, quando comunemente si parla di emorroidi, si intende una più o meno accentuata dilatazione di questi plessi venosi (superiore – medio – inferiore). La loro frequenza nella popolazione è di difficile valutazione, ma si ritiene che almeno il 50% delle persone al di sopra dei 50 anni soffra di emorroidi senza particolare preferenza per l’uno o l’altro sesso.
Questa alta frequenza suscita una immediata domanda: quali sono le cause delle emorroidi?
Le cause sono molte e la più frequente è la predisposizione familiare ereditaria: può capitare infatti che più persone nella stessa famiglia soffrano di questa malattia o, più in generale, di generiche malattie delle vene come le varici degli arti inferiori. Pare infatti che non si ereditino le emorroidi o le varici, ma una certa debolezza della parete venosa.
Un’altra causa molto frequente di emorroidi è la costipazione cronica o stipsi perchè provoca, durante la defecazione, violenti premiti i quali a loro volta aumentano la forza di gravità della colonna di sangue che grava sui plessi emorroidali.
Inoltre il cilindro fecale duro provoca un trauma sui plessi venosi durante il suo passaggio attraverso il canale anale.
D’altra parte anche la diarrea, che determina tenesmo rettale (sensazione di fastidio), può evocare violente contrazioni degli sfinteri anali con conseguente aumento di pressione all’interno dei plessi emorroidali.
Possono essere ancora cause primitive di emorroidi, non derivanti cioè da altre malattie, la dieta priva di scorie e di fibre vegetali e alterazioni dello sfintere anale.
Hanno inoltre grande importanza le cause secondarie: ovvero quando le emorroidi sono manifestazioni di altre lesioni o stati fisici particolari. Ricordiamo la cirrosi epatica con ipertensione portale, la trombosi della vena porta, tumori addominali che comprimono la vena cava inferiore e la gravidanza.
È ovvio che in questi casi elencati non saranno certamente le emorroidi a portare il paziente dal medico. Infatti, per esempio, la cirrosi epatica con ipertensione portale (che determina la dilatazione dei plessi emorroidari superiore e medio perchè, come già detto questi plessi emorroidali superiore e medi sfociano direttamente nel distretto della vena porta) si manifesta con sintomi ben più gravi che un prurito anale od una piccola emorragia dopo la defecazione.
Lo stesso dicasi per un tumore addominale che comprime la vena cava (rarissimo).
Infine che la gravidanza e il parto siano una causa favorente le emorroidi è noto a tutti ed i motivi sono facilmente intuibili e già precedentemente analizzati.
Ed eccoci giunti ai sintomi ovvero ai motivi che spingono il paziente a recarsi dal medico. Nel 70% dei casi il sintomo sentinella è il sanguinamento le cui caratteristiche sono di presentarsi alla fine della defecazione con sgocciolamento oppure lo sporcare la carta igienica di colore rosso vivo; raramente si giunge all’anemia.
Il restante 30% dei sintomi che spingono il paziente dal medico, è variamente diviso fraprurito, irritazione e dal fatto che il soggetto palpa a livello anale: “qualcosa” o “una escrescenza”.
Si tratta cioè del prolasso dei gavoccioli emorroidari attraverso l’ano che di solito avviene alla fine della defecazione e che, nella maggioranza dei casi, si risolve spontaneamente. Se ciò non avviene allora si tratta già di complicanze delle emorroidi che sono appunto il prolasso e la trombosi.
Rarissimamente la trombosi interviene in plessi emorroidali non prolassati o per dirla in altre parole, il prolasso è la causa favorente la trombosi.
E’ ovvio che queste ultime due condizioni, volgarmente dette “attacco di emorroidi” conducono il paziente dal medico con una certa urgenza o addirittura in Pronto Soccorso.
Il medico a sua volta ad ogni caso di emorroidi che gli si presenta, sia semplice che più complesso, provvederà ad un attento esame che comprende la ispezione della regione anale, la palpazione e l’esplorazione rettale e infine eseguirà la rettoscopia che permette, con uno strumento adatto (il rettoscopio) di esplorare visivamente il canale anale almeno fino a 20 cm. dall’ano.
A questo punto la diagnosi è quasi completa e si parla di emorroidi di primo, secondo e terzo grado. Per emorroidi di primo grado si intendono quelle interne appena visibili; di secondo grado quelle con prolasso alla fine della defecazione che regredisce spontaneamente e diterzo grado quando il prolasso è permanente.
Quando il prolasso è irriducibile anche manualmente allora si parla addirittura di emorroidi diquarto grado, ma in questo caso, come già detto si tratta di complicanze.
Lo studio di un paziente con emorroidi va completato con l’esecuzione del clisma opaco se possibile a doppio contrasto per esaminare tutto il colon cioè il tratto terminale dell’intestino. Questo perchè bisogna escludere molte altre malattie (colite ulcerosa, morbo di Crohn, tumori benigni e maligni) che si possono manifestare con sintomi simile alle emorroidi, quali il sanguinamento.
Purtroppo infatti può accadere che un sanguinamento attraverso l’ano sia interpretato come la manifestazione di emorroidi quando invece è il sintomo di altre lesioni più gravi.
Fatta quindi la diagnosi con più precisione è giunto il momento del trattamento che può dividersi in quattro forme:
- terapia medica
- iniezioni sclerosanti
- terapia criochirurgica
- terapia chirurgica
La terapia medica contempla determinate regole igieniche e dietetiche quali i semicupi con acqua fredda, assunzione di cibi ricchi di scorie, e di emollienti delle feci corredati da terapia antiinfiammatoria e pomate locali.
Tale trattamento ha una buona percentuale di successo, almeno sintomatico nei primi due stadi di emorroidi.
Le iniezioni sclerosanti, attual­mente in disuso, si attuano infiltrando i gavoccioli emorroidari con agenti sclerosanti (fenolo al 5% in olio vegetale) che causano la sclerosi delle sottomucose. Questa tecnica è imprecisa ed alcune volte complicata da reazioni infiammatorie locali di discreta entità, da prostatiti. È inoltre eseguibile solo nei primi due stadi dove ha un discreto successo anche la terapia palliativa.
La criochirurgia si avvale dell’uso di sonde che utilizzano anidride carbonica o azoto liquido per produrre temperature molto basse (da -70°C a -180°C).
Queste sonde, poste a contatto delle emorroidi, ne provocano la necrosi in modo indolore e quindi senza anestesia. Questa metodica, dopo un iniziale successo attorno agli anni ’70 è attualmente al centro di varie critiche poichè i risultati sia a breve sia a lungo termine non sono brillanti, con possibilità anche di gravi complicanze.
Il trattamento chirurgico definitivo consiste nella legatura e nella escissione dei gavoccioli emorroidari. Si tratta di un intervento chirurgico tecnicamente facile che comunque richiede la anestesia generale tranne casi particolari di pazienti in condizioni generali pessime per cardiopatie o pneumopatie in cui si deve eseguire in anestesia locale. Richiede dai tre ai cinque giorni di degenza ospedaliera e può presentare, in basse percentuali, alcuni inconvenienti quali il dolore, l’emorragia, la ritenzione urinaria.
Complicanze che sono comunque facilmente controllabili con analgesici, emocoagulanti e nel caso di ritenzione col cateterismo vescicale.
L’intervento chirurgico di legatura ed escissione delle emorroidi è d’obbligo nei casi di emorroidi di terzo e quarto tipo dopo adeguato periodo di preparazione preoperatoria, ed infine quando le emorroidi sono causa di anemia.
Concludendo si può affermare che le emorroidi sono una malattia frequente dell’età adulta che si presentano progressivamente sotto diverse forme.

BIBLIOGRAFIA GENERALE
Alexander-Williams J.: Le malattie del retto e dell’ano. Il pensiero scientifico – Editore Roma Dicem­bre 1975.
Buls J.G., Goldberg S.M.: Moderno trattamento delle emorroidi in:
Clinica Chirurgica del Nord America voI. 11 n. 2 Piccin Padova 1979.
Dunphy E.J., Way L.W: Current Surgical Diagnosis And Treatment. 5th edition Lange MedicaI Pubblication 1981.
Goligher J.C.: Surgery /of the Anus Rectum and Colon. 4th edition Baillière Tindall 1980.

Parodi Antonio Giacomo Parodi chirurgo
pubblicazione del 1983

L’ARIA CHE RESPIRIAMO

L’aria che respiriamo nelle città contiene insidiosi ed invisibili “VELENI”: Vapori, Gas, Fumi, Polveri. Alcuni di questi termini possono sembrare sinonimi, invece non lo sono ed anche nel confronto del nostro organismo lo aggrediscono in maniera diversa.
VAPORE: prodotto nell’aria da particelle di liquido in ebollizione
GAS: sostanza allo stato aeriforme pura o miscelata ad altre sostanze ma anch’esse allo stato aeriforme.
FUMI: dispersione di particelle solide in gas o vapori.
POLVERI: piccole particelle di sostanza solida.
Di fronte alla massiva aggressione di tanti inquinanti l’organismo mette in atto sistemi di difesa di tipo fisico, chimico o immunologico che hanno funzione di blocco alla penetrazione degli inquinanti. Il prevalere di un meccanismo rispetto all’altro è fortemente legato alla natura dell’inquinante, ma anche alle sue dimensioni ed alla forma fisica; essa determina infatti la diversa penetrabilità nelle vie aeree e quindi la profondità della sede raggiunta e conseguentemente anche la sede del processo morboso generato.
La natura chimica della sostanza inalata è prevalentemente responsabile del tipo di patologia indotta, anche se ad essa concorrono anche la concentrazione dell’inquinante ed il tempo di esposizione e le caratteristiche individuali del soggetto.
L’irritazione suul’organismo quindi può avvenire sia a livello esterno (cute, ochii, ecc.) sia a livello interno (polmini, bronchi, organi interni ecc.) infatti gli inquinanti possono essere assorbiti e depositati in altri tessuti, dando poi luogo alla comparsa di sintomi anche a distanza di tempo dall’ avvenuta esposizione.
Se pensiamo che ogni giorno respiriamo 10-20 mila litri di aria, ci rendiamo conto che il suo inquinamento può avere conseguenze estremamente gravi sulla nostra salute.
Infatti l’organismo che viene a contatto con un agente inquinante (e quindi lo riconosce come cosa esterna all’organismo stesso ) attiva il complesso sistema immunitario, di cui siamo dotati, che è deputato al riconoscimento e all’eliminazione delle sostanze estranee potenzialmente o di fatto nocive.
Studi condotti a Filadelfia negli anni 1973-82 hanno messo in evidenza che la mortalità giornaliera era aumentata del 7% per ogni 100 microgrammi/m3 di aumento giornaliero di particelle inquinanti sospese nell’aria e del 5% per ogni 100 microgrammi/m3 di aumento giornaliero di anidride solforosa.
A questo proposito sono da – ricordare come eventi particolarmente esemplificativi, proprio perchè hanno avuto conseguenze catastrofiche, le concentrazioni di elevate quantità tossiche verificatesi in Belgio nel 1930 (valle della Mosa), in Pennsylvania nel 1948 (Donora) e in Inghilterra nel 1952 (Londra) dove una settimana di smog fitto ha fatto salire vertiginosamente il numero dei morti; sono stati stimati 4000 morti in più in 5 giorni.
Si parla in questi casi di uno “smog di tipo invernale” che aggrava le condizioni dei soggetti già afflitti da patologie croniche cardio-respiratorie; invece lo ” smog di tipo estivo” è responsabile di effetti acuti anche in persone sane e giovani.

L’ AEROBIOLOGIA
Ovvero come controllare l’inquinamento biologico dell’aria
In realtà l’ aerobiologia comprende anche altri settori; è la scienza che studia le sorgenti, la dispersione e l’impatto degli organismi biologici presenti in atmosfera ed i loro effetti in ambienti confinati e aperti.
Le particelle biologiche presenti in atmosfera, alcune delle quali capaci, anche a basse concentrazioni, di causare ingenti danni alla popolazione umana, animale e vegetale, sono state oggetto di studio, fin dai tempi remoti, da parte di illustri ricercatori come Spallanzani, Pateur, Miquel.
Ma solo dal 1972, nell’ ambito dell’ IBP (International Biological Program), è stato sviluppato un programma di collaborazione internazionale sull’ aerobiologia senza il quale probabilmente la stessa avrebbe continuato ad essere un settore scientifico dai contorni sfumati.
Per quanto riguarda l’Italia in particolare, il primo centro di monitoraggio aerobiologico è sorto nel 1974 a Bologna, presso l’Istituto di Fisica dell’ Atmosfera del CNR , coordinato dal dr. Mandrioli.
Con il passare degli anni, altri Centri- una ottantina- si sono aperti lungo tutta la Penisola; fanno capo alla AIA (Associazione italiana di Aerobiologia) fondata nel 1985 ancora a Bologna.
Oggetto delle ricerche sono la provenienza e la modalità con cui le particelle vengono liberate nell’atmosfera, la produzione delle particelle biologiche, la loro permanenza ed il loro trasporto da parte dell’ aria, la deposizione dei corpuscoli sulle varie superfici.
Ovviamente le particelle studiate non svolgono solo effetti negativi sull’ambiente.
Il polline, ad esempio, è utilissimo perchè permette la riproduzione delle piante, ma può essere fastidioso nei confronti di alcuni individui che soffro di allergia.
In questa nostra trattazione ci occupiamo solo degli effetti indesiderati ed in particolare degli effetti indesiderati sull’uomo.
Ecco che vengono ad essere interessati campi importanti quali quello delle malattie infettive diffuse da batteri aerotrasportati, malattie respiratorie allergiche causate dall’inalazione di particelle allergeniche e l’inquinamento dell’ aria.

DENTRO E FUORI CASA
Due realtà in qualche modo contrastanti; sembrerebbe logico pensare alla “casa dolce casa” come nido tranquillo e sicuro … ecco invece che anche l’abitazione, soprattutto se moderna, genera ancora pericolo.
Nell’ ultimo decennio è emerso che anche gli ambienti domestici e gli uffici, lungi dall’essere una protezione, sono impregnati di inquinanti d’origine chimica o biologica, talvolta presenti addirittura in concentrazioni superiori a quelle rilevate all’esterno.
I nuovi materiali impiegati nella costruzione e nell’arredo, i sistemi di condizionamento d’aria, persino le suppellettili e gli stessi prodotti per la pulizia, possono sprigionare sostanze irritanti, alle quali risultano evidentemente più esposti casalinghe, bambini, anziani e ammalati.
Ma allora quando possiamo considerare l’aria pura, priva di inquinamento?
Quando non vi siano alterazioni delle caratteristiche chimico-fisiche, determinate sia da variazioni di concentrazione dei suoi normali costituenti come, e soprattutto, dalla presenza di sostanze estranee (di origine fisica, chimica o biologica) alla sua composizione normale, in grado di determinare effetti di danno e/o malattia all’uomo ed agli organismi viventi”.
Pensare poi di respirare aria pura fuori casa è assolutamente impossibile se si abita in agglomerati urbani.
Respirare nelle principali città italiane equivale a fumare 60 sigarette al giorno.
Le particelle tossiche sospese nell’ aria, sono tra gli inquinanti più pericolosi e di difficile misurazione sistematica, infatti mentre il controllo delle emissioni di tipo industriale è facilitato dal carattere locale di questo tipo di sorgente inquinante, il monitoraggio dell’inquinamento da traffico e da riscaldamento domestico è più complesso a causa della sua distribuzione su tutto il territorio.
Ovviamente le condizioni atmosferiche giocano un ruolo determinante sulla diffusione di questo tipo di inquinamento.

LE CITTA’ SI INGRANDISCONO
Un’idea della rapidità con cui avvengono i processi di urbanizzazione ?
In trent’anni la popolazione delle città è quasi triplicata passando da 700.000.000 a 1.900.000.000 di persone con crescite spettacolari soprattutto nelle metropoli del Terzo
Mondo.
Nel 1970, 11 città delle Nazioni in via di sviluppo avevano oltre 5 milioni di abitanti. E’ possibile che questo numero aumenti fino a 35 entro l’anno 2000.
Di queste 35 si suppone che 11 avranno tra i 20 e i 30 milioni di abitanti. Ma un quarto di tutti gli essere umani vive in condizioni di povertà e la maggior parte abita in ghetti e bidonvilles nelle città del Terzo Mondo.
Queste cifre con così tanti zeri danno un’idea della vastità del problema della salute nelle città coinvolgendo una serie infinita di elementi: dalla qualità insufficiente delle abitazioni alle risorse scarse e mal distribuite, dalle politiche governative poco efficaci all’aumento della criminalità. E città tanto densamente popolate non possono che avere aria e acqua inquinate.

SINDROME DELL’ EDIFICIO MALATO
Ovvero in casa ci avveleniamo con … … la cottura dei cibi, la combustione della fiammella dello scaldabagno, il fumo del tabacco, i mobili laminati di formica,” i tessuti e i materiali isolanti, la moquette ed i prodotti di pulizia ….
Sembra strano, invece è proprio così. Queste cose così abituali, che fanno parte della vita di tutti i giorni, liberano una miriade di composti chimici gassosi e potenzialmente pericolosi.
Tuttavia raramente, e solo quando si realizzi un’esposizione di lunga durala, gli inquinanti domestici (con esclusione del fumo) danno luogo a tumori polmonari.
Oltre ai sintomi locali, la cattiva qualità dell’aria ambiente può determinare sintomi di tipo generale ed aspecifico quali cefalea, nausea, fatica, irritabilità, appunto quella che si chiama sindrome dell’edificio malato.

ASBESTO: rallenta l’attività dei macrofagi (cellule che hanno il compito di fagocitare (“mangiare”) gli elementi estranei al corpo). E’ impiegato oltre che nella costruzione dei freni, anche in alcuni materiali per l’edilizia.

AZOTO OSSIDO deriva da combustione delle cucine a gas, stufe a cherosene ecc. ; inoltre la sua concentrazione è potenziala dalla quota che giunge dall’esterno e che è particolarmente rilevante nelle zone ad alto inquinamento.
Svolge azione inibitrice nei confronti di alcuni linfociti.

FORMALDEIDE: si libera dai materiali di costruzione delle suppellettili e dai prodotti per la pulizia.
Fa parte del gruppo dei composti organici volatili (VOC) la cui concentrazione raggiunge valori preoccupanti nelle costruzioni Particolarmente ermetiche.

FUMO DI TABACCO: riduce la proliferazione delle cellule più attive nella difesa dell’organismo (cellule killer), così come provoca una diminuzione di immunoglobuline o anticorpi circolanti.
Le sigarette sono il più importante fattore di rischio per il cancro polmonare (il 85% è attribuibile al fumo).

ACARI: causano asma allergico; sono in essi racchiusi i principali allergeni responsabili della sensibilizzazione allergica indicata una volta come” polvere di casa”.
In effetti gli acari a cui ci riferiamo (Dermatophagoides) sono presenti particolarmente nelle polveri degli ambienti in cui vive l’uomo. Infatti le condizioni ambientali ottimali per la loro colonizzazione, sono le stesse che determinano il “confort” ambientale dell’ uomo.
E per questo colonizzano facilmente nei materassi, nelle coperte, nei cuscini ecc., tanto che
in passato il disagio provocato da questi acari era chiamato “allergia alla lana o alla piuma”. Inoltre la loro sensibilizzazione nei confronti delle persone allergiche continua nel tempo e recentemente è stata individuata la “flogosi minima persistente”; cioè è stato dimostrato che in soggetti sensibili, anche in periodo di assenza dei sintomi, se esposti a sia pur basse quantità di allergene, esiste uno stato di infiammazione moderata a livello delle mucose nasali e congiuntivali.
Ciò starebbe a significare che il danno ai tessuti esiste anche quando non sono presenti
sintomi clinici; e non è da escludere che studi più approfonditi dimostrino che lo stesso
vale anche per gli altri inquinanti.

BATTERI: proliferano soprattutto negli impianti di aria condizionata creando veri e
propri bio-aerosol.
In genere le concentrazioni di aerosol biologico presenti in un determinato ambiente sono
destinate ad incrementarsi nel tempo ed a distanza dalla sorgente iniziale, in quanto le stesse sorgenti biologiche tendono a diffondersi ed incrementarsi, per un processo di colonizzazione.

FUNGHI: causano asma allergico; anch’ essi si trovano con facilità degli impianti di aria
Condizionata.

POLLINI: causano asma allergico; sono legati alla stagionalità ed è quindi importante conoscere per ogni periodo quali siano i pollini potenzialmente dispersi nell’ aria e causa di allergia.
Il granulo di polline quando viene liberato dalla pianta madre è altamente disidratato e contiene, nelle due pareti che lo circondano e nel citoplasma, proteine che, a contatto con le mucose, vengono liberate in un tempo brevissimo e provocano reazioni allergiche in soggetti sensibili.
Il problema della liberazione nell’ aria sia delle spore dei funghi che dei pollini delle piante, il ciclo vegetativo delle piante, correlato con i fattori ambientali climatici, sono oggetto di studio da parte dell’ aerobiologia.

POLVERE :che essendo ricca di acari, batteri e funghi, provoca pneumopatie da ipersensibilità.
Inoltre ad acari, batteri e funghi dobbiamo l’insorgenza di patologie infettive.
Perchè la situazione si è aggravata soprattutto negli ultimi decenni?
La ragione sostanziale è che le innovazioni progettuali e di impiantistica introdotte dalla architettura contemporanea dai primi anni ’70 al fine di ridurre i consumi energetici e le fughe di calore hanno comportato l’impiego di nuovi materiali e strutture tese a rendere ermetiche le abitazioni, nonché il sistema di condizionamento dell’aria.
La riduzione al minimo dei ricambi d’aria, la chiusura ermetica delle finestre, la liberazione di sostanze chimiche dai materiali di costruzione e dall’ arredo sono i fattori riconosciuti che portano all’accumulo all’interno delle case di inquinanti di natura diversa che spesso raggiungono concentrazioni superiori a quelle rilevabili nell’’ aria delle città.

L’AMBIENTE DI LAVORO
E se fino ad ora abbiamo pensato all’ambiente chiuso come ad una abitazione, pur tuttavia non dobbiamo dimenticare che anche officine, laboratori, uffici, banche, alberghi, cinema, ristoranti, negozi, magazzini, auto, treni, navi ecc, sono veri e propri ambienti chiusi in cui il problema dell’inquinamento atmosferico si fa sentire in maniera più o meno pressante a seconda dei casi ma che comunque rappresenta un problema da risolvere.
Alcuni gruppi di popolazione sono particolarmente a rischio poiché particolarmente sensibili all’azione degli inquinanti: individui in giovane età, anziani, soggetti immunodepressi soprattutto se esposti a particolari sostanze durante la loro attività lavorativa. Particolarmente allarmante è la presenza nell’ambiente di vita o di lavoro di sostanze riconosciute come cancerogene, per le quali la dose assorbita, e quindi il rischio globale, per l’individuo dipendono dalla sommazione tra le quote derivanti dalle diverse vie di assorbimento (aria, acqua, alimenti) e quelle derivanti dalle esposizioni in ambienti diversi.
La relazione tra esposizione continua a basse concentrazioni di inquinanti e deterioramento delle condizioni di salute può essere indirettamente rilevata da indicatori di morbosità come l’aumento dell’ assenteismo per malattia o il numero di ricoveri in ospedale.
U n indicatore pi ù diretto è dato dalla rilevazione dell’­incidenza nella popolazione di patologie note per ricono­scere nella loro origine anche cause corre late con l’am­biente di vita quali le pneumopatie croniche ostruttive, l’asma bronchiale, le patologie cardiovascolari e le neoplasie polmonari.
Va detto peraltro che tali patologie riconoscono un’ origine multifattoriale nella quale non è sempre possibile distinguere il ruolo dell’ esposizione ad inquinanti dal ruolo giocato dai fattori individuali.

PREVENZIONE
L’inquinamento atmosferico è particolarmente pericoloso per alcuni soggetti a rischio: bambini, asmatici, fumatori, bronchitici cronici e soggetti con una funzione polmonare già alterata.
Particolarmente pericoloso per chi non è abituato a vivere in ambiente inquinato è trovarvicisi immerso improvvisamente.
Esiste infatti una risposta individuale nei confronti di gas inquinanti e bisogna quindi tener conto del fenomeno della tolleranza o adattamento (capacità dei soggetti, precedentemente esposti a dosi subletali dei gas, di tollerare successivamente una dose maggiore) .
Tale tolleranza acquisita non esiste in chi non è già venuto in contatto con il materiale inquinante, lo stesso dosaggio sopportato dal primo gruppo sarebbe invece letale per gli altri.
E’ quindi importante sottolineare il ruolo primario affidato alla profilassi: sia per quanto riguarda l’insorgenza della malattia che per la sua progressione.
E’ quindi importante, a livello collettivo avere normative mirate e controllate; a livello individuale sottrarre la persona all’ambiente sfavorevole; a livello terapeutico privilegiare l’uso di molecole in grado di opporsi all’azione ossido- riducente dei gas inquinanti e alla cascata delle reazioni flogistiche.

I BRONCHI
I bronchi hanno il compito di trattenere tutti gli agenti contenuti nell’aria (batteri, virus, polline, gas inquinanti) per difendere l’apparato respiratorio da aggressioni esterne.
Ciò avviene attraverso la produzione di muco bronchiale, una specie di ” vernice protettiva” che ricopre le vie aeree e viene continuamente prodotta e rimossa dalle cellule ciliate.
Quando gli aggressori contenuti nell’aria superano livelli accettabili, la risposta difensiva dei bronchi si manifesta con una maggiore produzione di muco, che diventa più denso del normale. Di fronte ad una aggressione costante, la produzione del muco aumenta, causando però un rallentamento, fino alla stasi della rimozione del muco da parte delle cellule ciliate, alla perdita di cilia o addirittura di cellule ciliate.
Come abbiamo visti in precedenza, l’arrivo di un agente inquinante allerta il sistema immunitario che a livello polmonare può dividersi in branca specifica ( T e B Linfociti, anticorpi~ recettori) e branca aspecifica (macrofagi, granulociti).

DANNI BRONCHIALI
I danni da agenti inquinanti possono essere di gravità e di significato diverso. Per semplicità proponiamo una classificazione:
DANNI ACUTI sono determinati soprattutto dalla concentrazione dell’agente inquinante; si suddividono ancora in:
Acuti Lievi, che si manifestano con tosse, espettorato, dispnea da dolore retrosternale o da “respiro corto”.
Acuti gravi, che sono rappresentati da edema polmonare acuto e emotisi.
DANNI CRONICIsono rappresentati da bronchite cronica, asma bronchiale, enfisema polmonare. Sono determinati soprattutto dal tempo di esposizione.
La bronchite è definita cronica quando i sintomi (tosse e ipersecrezione bronchiale) si manifestano per almeno tre mesi l’anno e per almeno due anni consecutivamente.
Il processo infiammatorio, presente anche nelle forme più lievi della malattia, prevede l’intervento di numerose cellule e mediatori (mastociti, linfociti, macrofagi, neutrofili, ecc). La persistenza di una situazione flogistica delle vie aeree si traduce in una persistenza di iperreattività bronchiale , conferendo carattere di cronicità alla malattia che con il tempo perde il suo carattere di reversibilità.
La sua importanza è andata sempre aumentando in questi anni, e oggi colpisce non meno del 5% della popolazione adulta ed il 10 % di quella in età pediatrica (i 2/3 sotto i 5 anni).
Ma c’è di più. Nonostante la disponibilità di trattamenti farmacologici efficaci, indubbiamente più validi rispetto al passato, si è avuto un incremento di mortalità per asma in buona parte dei Paesi Occidentali.
In Italia per esempio, il numero dei decessi per asma si è triplicato negli ultimi 10 anni, passando da 726 a 2341 casi.
Recentemente si è costituito il “Gruppo di Studio sull’ Asma” , formato da esperti di diverse discipline (pneumoligi, pediatri, allergologi ed immunologi clinici).
Il gruppo non si pone come organismo scientifico alternativo a quelli già esistenti, ma vuole rappresentare uno strumento al loro servizio, rendendo possibile la comunicazione e l’informazione tra specialisti e medici di famiglia.
Altra tipica reazione all’inquinamento è la “pneumopatia da ipersensibilità” .
Il meccanismo è rappresentato da una flogosi delle vie distali, (alveolite) che si riaccende ad ogni esposizione all’ agente e tende a cronicizzare.

LA CURA
Un importante meccanismo di azione svolto dagli inquinanti, soprattutto quelli chimici, è di tipo irritativo; la reazione a livello delle vie aeree è la flogosi della mucosa.
Questa situazione dà luogo ad una riduzione delle difese locali, con una più elevata permeabilità per gli altri agenti patogeni, dotati di ipotetica capacità di infettare o di dare luogo a sensibilizzazione allergica.
Il rapporto di attività fra agenti tossico-irritanti ed allergeni è di grande interesse ed ancora in parte non conosciuto.
D’altra parte la condizione infiammatoria rappresenta di per se stessa un importante processo morboso, che può dare luogo a manifestazioni respiratorie diverse. Fra i farmaci antinfiammatori specificatamente più usati in campo respiratorio, vanno ricordati il Disodiocromoglicato, il nedroconile sodico ed i corticosteroidi. Recentemente è stata messa in commercio una molecola con durata d’azione di circa 12 ore.
E’ evidente come nell’asma bronchiale questa possibilità terapeutica risulti interessante, soprattutto quando si voglia garantire l’assenza di accessi asmatici durante il riposo notturno, ma anche quando si voglia ridurre la reazione asmatica nei confronti dei prevedibili, ma non evitabili, stimoli asmigeni.
Ovviamente altra terapia può essere rappresentata dai vaccini specifici, ma questi non possono essere oggetto di questa trattazione.
E’ bene ricordare anche i broncodilatatori quali Teofillina e Ipratropium che si oppongono all’effetto broncocostrittore del biossido di zolfo.
Si impiegano anche farmaci “muco-attivi” quali la Nacetilcisteina, la Stepronina e la Tiopronina che svolgono una attività riducente nei confronti degli agenti ossidanti quali ozono e biossido d’azoto.

INQUNIMAMENTO DELL’ARIA E PATOLOGIA UMANA
E’’ il primo tentativo organico ed ambizioso di costruire uno strumento di lavoro che contribuisca a sviluppare un’ area culturale comune tra medicina ed ecologia, raccogliendo in un unico volume tutti i contributi scaturiti da un inedito confronto tra esperti della salute e tecnici dell’ambiente.
Ogni giorno respiriamo “veleni” senza sapere fino a che punto possono compromettere la nostra salute. Da questa incognita, da questa imperdonabile lacuna, è derivata la volontà di affrontare e approfondire un argomento di interesse vitale.
Questo libro è un utile strumento anche di lavoro per tutti coloro che operano nel settore i quali devono aver chiari i contenuti, ma anche i limiti e le inadeguatezze delle attuali conoscenze e normative.
I Medici ad esempio sono chiamati a valutare diversamente le patologie di tutti i giorni, una parte delle quali va imputata con maggior precisione e consapevolezza all’inquinamento ambientale.
Talora le norme inadeguate portano illusioni: per il rischio cancerogenicità, per esempio, non esiste un tetto al di sotto del quale si può stare sicuri.

Principali sorgenti degli inquinanti dell’aria negli ambienti confinati

 

FONTE

AGENTI

materiali da costruzione radon, absesto, fibre minerali
materiali di rivestimento composti volatili organici, contaminanti biologici
arredamento formaldsìeide, composti volatili organici
rivestimenti in legno pentaclorofenolo, altri antiparassitari
materiali isolanti asbesto, fibre minerali, composti volatili organici
apparecchi per la combustione gas (NOx, Sox, CO, O3) idrocarburi policicli
prodotti per la pulizia composti volatili organici, fluorocarboni
impianti di condizionamento batteri, funghi, virus
persone, animali domestici, piante batteri, funghi, virus, pollini bioscrementi antiparassitari
fumo di sigaretta gas, idrocarburi policiclici, particelle respirabili, composti volatili organici
acqua cloro, radon, composti volatili organici
aria esterna particelle, gas, contaminanti biologici, antiparassitari
fotocopiatrici polveri, composti organici, 03

 

(da: Maroni, Atti 53° congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro, Stresa, 1990, modificata)
CONCLUSIONE
Il controllo dell’inquinamento è un obiettivo primario per i Paesi ad elevata industrializzazione anche se non di facile realizzazione sia in termini pratici che politici.
Per quanto concerne i primi, decidere quali siano i livelli accettabili di inquinamento per la salute pubblica, non è semplice. Studi pubblicati recentemente su autorevoli riviste scientifiche hanno dimostrato che anche l’esposizione a livelli molto bassi e normalmente accettati di inquinamento, urbano e anche domestico, è associata ad un aumento della morbilità respiratoria. Così come per il rischio di radiazioni jonizzanti, anche in questo settore, quindi l’abbattimento del rischio e delle concentrazioni degli inquinanti nell’ atmosfera delle grandi città deve essere il più radicale possibile.
Ne consegue che assumono grande importanza le stazioni di monitoraggio di cui abbiamo parlato all’inizio di questa trattazione.
Molte di esse mantengono attivo il campionamento degli aeroallergeni per tutto l’anno; tutte comunque operano nel periodo che va dall’ ultima settimana di febbraio alla seconda di ottobre.
Ad esempio le previsioni dei pollini vengono diffuse sui quotidiani, su Televideo a pag 646, ed è anche a disposizione un numero verde 1678-54050 a cui possono accedere preferenzialmente i medici.
Ad esempio le previsioni dei pollini vengono diffuse sui quotidiani, su Televideo a pag 646, ed è anche a disposizionene un numero verde 1678-54050 a cui possono accedere preferenzialmente i medici.
Da queste informazioni non derivano solo decisioni in campo sanitario: modalità, tempi e dosaggi da impiegare nella profilassi e nel trattamento della pollinosi, ma vengono anche dirette le scelte operative da attuare, ad esempio, nella realizzazione di parchi e giardini sia pubblici che privati.

Angelo Bodrato
farmacista
i dati riportati in questo SPECIALE sono stati desunti da:
“Asma Cronico: linee guida per il trattamento”
“Inquinamento dell’ Aria e Patologia Umana”
“Le Broncbiti: Azioni Patogene dell’inquinamento”
Pubblicazione Febbraio 1993

POSTURA, DIAFRAMMA E CERVICALGIE

In questo lungo processo, grande attore protagonista è il diaframma, muscolo principale della respirazione, situato fra torace e addome, a forma di grande cupola asimmetrica. Essendo costituito da tessuto muscolare, esso è soggetto alle stesse leggi di qualsiasi altro muscolo. Nel corso del tempo, cioè, a causa di stress, tensioni prolungate, un’ attività fisica inadeguata, ansie ed angosce, anche il diaframma diventa “retratto”.
E può quindi diventare responsabile di algie.
Ma come può avvenire ciò?
La spiegazione sta nel fatto che ogni muscolo è capace, nelle sue funzioni quotidiane, unicamente di contrarsi e decontrarsi. Cioè non è assolutamente in grado di “riallungarsi”, di riportarsi in modo autonomo nella posizione originale, se non per mezzo del muscolo antagonista.
Ciascuno di noi ha avuto modo di osservare, e magari sperimentare, come un qualsiasi muscolo venga progressivamente limitato nelle sue funzioni e nella possibilità di movimento, nel caso in cui si trovi costretto a rimane per troppo tempo fissato in una posizione (come ad es. un braccio ingessato o una parte del corpo immobilizzata per una frattura). Questo accade perché i sarcomeri, unità che permettono la contrazione dei muscoli, rimangono “imprigionati”, “cementati” dal tessuto connettivo che avvolge il muscolo.
Quando un muscolo è rimasto troppo a lungo contratto, passa alla condizione fissa di “retratto”, cioè definitivamente accorciato, per cui non riuscirà più a “riallungarsi” per mezzo del muscolo antagonista, ma solo ed unicamente con particolari tecniche di “allungamento muscolare globale decompensato”.
Inoltre, poiché ogni muscolo scavalca almeno un’articolazione, se diventa “retratto” svilupperà inevitabilmente azioni di compressione su quell’ articolazione. In aggiunta, per effetto delle “catene muscolari”, ogni singolo muscolo retratto andrà ad agire anche su articolazioni non direttamente a lui connesse, senza che si colga un’ apparente relazione.
Per catene muscolari si intendono quei muscoli che, per il modo in cui interagiscono l’uno sull’altro (prima che un muscolo termini con il suo punto di inserzione, ne parte un altro con il suo punto di origine e così via), trasmettono la loro azione meccanica non solo nel punto di elezione, ma anche sull’intera struttura scheletrica. A questa legge non sfugge neppure il diaframma; se le sue fibre sono diventate retratte, significa che i suoi estremi si sono dovuti ravvicinare, così che ne risulterà inevitabilmente anche una modificazione delle sue funzioni. La cupola si ritroverà più bassa e tesa rispetto alla posizione ideale e la sua capacità ventilatori a verrà inevitabilmente modificata; quindi la sua funzione risulterà compromessa.
L’effetto di tale compromissione agirà su più livelli: esaminiamoli.
Un diaframma teso e retratto, oltre al fatto primario di perdere una parte della sua “corsa”, comprimerà costantemente lo stomaco, andando a disturbare le sue funzioni. Un punto limite per tale disturbo potrebbe essere l’ernia jatale.
Inoltre un diaframma retratto creerà compressioni su tutto l’apparato digerente, disturbandone le funzioni, infatti comprimendo l’addome, si creano congestioni, che determinano spesso difficoltà al circolo venoso nella sua risalita dagli arti inferiori. Anche il sistema linfatico ne risentirà negativamente, mancando di quella compressione e depressione sulla cisterna di Piquè. Il diaframma, essendo intimamente connesso al cuore attraverso il legamento frenopericardico, quando è teso traziona tale legamento più in basso del dovuto, creando sgradevoli sensazioni nella zona cardiaca (disagi e dolori).
La colonna verrà disturbata perché il diaframma si inserisce su di essa attraverso i suoi potenti pilastri nella zona lombare; per questo motivo, ad es., alcune persone rimangono con la schiena bloccata durante uno starnuto. Se il diaframma agisce scorrettamente, col tempo il torace stesso potrà deformarsi.
Ma una scarsa funzione del diaframma, che significa in primo luogo scarsa respirazione, obbligherà i muscoli respiratori accessori del collo e delle spalle ad agire al posto del diaframma stesso. Questo continuo sovraccarico di lavoro e di tensione per i muscoli accessori, che in realtà è previsto solo in particolari casi (corsa, sforzo fisico, etc.), provocherà inevitabilmente la compressione e lo schiacciamento di tutto il tratto cervicale, che tali muscoli, appunto, scavalcano. E se le cervicali vengono deformate, sicateneranno seri problemi alle spalle ed al collo: cervicalgie, artrosi, protrusioni, cervicobrachialgie,spalle dolorose, etc.
Risulta con evidenza, quindi, come una corretta respirazione sia davvero fondamentale per godere di buona salute. Tuttavia non è sufficiente ripetere alle persone le solite frasi fatte: respirate a fondo, usate il diaframma, etc. Bisogna far conoscere dettagliatamente il funzionamento del diaframma e come va allenato, come si possono ripristinare le funzioni che ha perduto.
Quando ci si trova di fronte ad un diaframma alterato bisogna trattarlo in modo particolare, ricorrendo, se necessario, a manovre specifiche, che devono venir eseguite in postura corretta con il metodo dell”allungamento muscolare globale decompensato”.
Attraverso questo metodo, che si avvale dell’utilizzo di specifici attrezzi, si va a scoprire quali sono i muscoli principalmente retratti e si procede ad allungarli senza creare compensi o disagi in altre parti del corpo. Infatti, è cosa risaputa che quando si cerca di allungare un muscolo in una parte del corpo, per effetto delle catene muscolari tutte collegate tra loro, si provoca inevitabilmente l’accorciamento di altri muscoli situati in altre parti del corpo. Per questo motivo una terapia, se non è corretta o adeguata, a volte può semplicemente “spostare” il problema da una parte ad un’altra del corpo, senza risolverlo.

Daniele RAGGI
Posturologo, Chinesiologo.
Docente per il Modulo di Scienze
Motorie e Riabilitative,
la Facolta di Medicina e Chirurgia,
Università La Sapienza di Roma
Pubblicazione Maggio 2003