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IMSI- UNA TECNICA PIU’ EFFICACE DELLA FECONDAZIONE ASSISTITA

Un pioniere, in Italia e all’estero, che ha stupito il mondo scientifico intero per la sua originalità e successo in questa campo (ad oggi 11mila parti con fecondazione assistita), e il prof Severino Antinori, che da sempre ha dei punti fermi ed irremovibili ce lo contraddistinguono: prima di qualsiasi tentativo di fecondazione assistita e necessaria che la coppia sia studiata, cercando di correggere eventuali disturbi maschili e femminili, prodigandosi ed adoperandosi soprattutto per un parto in modo naturale. Quando questa non è possibile, allora ben venga la fecondazione assistita, anche in età avanzata, a patto che esista un buon equilibrio psicotico della coppia e assenza di malattie da parte della futura madre. E il primato in questa campo spetta proprio al
prof Severino Antinori che mediante la fecondazione assistita ha fatto partorire una donna di 63 anni. Oggi però, in tema di fecondazione assistita, ha solo una preoccupazione: scegliere lo spermatozoo migliore, quello che ha più probabilità di fecondare. “Per fare questo, precisa il prof Severino Antinori, è necessario raggiungere una magnificazione di 6600X tramite un sistema composto dalle lenti dell’invertoscopio, da una telecamera digitale, da un sistema di lenti esterno applicato alla telecamera e dalla dimensione in pollici del monitor ad alta risoluzione”.
In buona sostanza, tramite questa complesso sistema di lenti e di ingrandimenti è possibile osservare, in tempo reale, la morfologia fine degli spermatozoi. Molte sono le patologie che affliggono il seme maschile. Insomma tutta questa attenzione per scegliere lo spermatozoo meglio conformato e con pia possibilità di fecondare, riducendo di molto i tentativi inutili di fecondazione assistita. “Tramite tale metodica infatti, continua il prof Antinori, si possono osservare malformazioni a carico delle diverse regioni; vacuolizzazioni, forme globulari, piriformi, gravemente piriformi della testa, acrosomi con diverse morfologie o che rivestono porzioni diverse della superficie della testa; colli malformati; code doppie, spezzate, inclinate di 90 gradi rispetto alla forma fisiologica (e quindi inabili alla trasmissione del movimento) o mancanti del tutto sono ora individuabili facilmente”.
Diventa dunque possibile selezionare lo spermatozoo in maniera diversa, ancora più rigorosa. Inoltre, ora diviene possibile individuare anche quegli spermatozoi dall’aspetto morfologicamente normale, ma che presentano delle anomalie dell’ultrastruttura interna. L’impiego di questa metodica diventa quindi ancora più selettiva rispetto alla ICSI classica, che ora viene chiamata IMSI.
“Utilizzare tale metodica nell’analisi del seme di pazienti che si sono già sottoposti a precedenti tentativi di fecondazione assistita, con esiti negativi, sottolinea il prof Severino Antinori, potrebbe dare una maggiore percentuale di gravidanza.
Ovviamente, tale analisi deve essere effettuata in concomitanza di altre analisi investigative su possibili cause congiunte di infertilità, a carico sia dell’uomo che della donna. E nell’uomo e importantissimo il ruolo dell’andrologo che dovrà essere in grado di individuare e curare eventuali malattie, dal varicocele alle infezioni delle vie seminali (prostatiti, epidi­dimiti) a quelle sessualmente trasmesse.

Composizione dello spermatozoo
Lo spermatozoo, infatti, è un complesso vettore portatore, nella regione cefalica, dell’informazione genetica. Le dimensioni della testa, del collo e della coda sono state ben definite da eminenti specialisti tutti concordi nell’affermare che variazioni troppo ampie dalle dimensioni fisiologiche influiscono su diverse caratteristiche dello spermatozoo stesso, come ad esempio la velocità (fornita dal movimento del flagello), la direzione del movimento o la capacità di entrare in contatto con il gamete femminile (l’oocita).
Importante però è prestare molta attenzione alla vitrificazione cioè a quel processo che permette di congelare gli oociti impiegando pochissimo tempo e sottoponendo gli stessi al minor stress possibile. La vitrificazione di ovociti ed embrioni derivanti da varie specie animali è largamente impiegata; le tradizionali metodiche di congelamento, “lento” e “rapido”, hanno fornito e forniscono tuttora ottimi risultati, ma oggi l’attenzione è decisamente spostata verso questa
tecnica, di recente introduzione in Italia, ma già in uso in altri paesi. I vari processi che servono per crioconservare gli oociti, precisa la dottoressa Monica Antinori, richiedono l’impiego di soluzioni contenenti diversi composti, tra i più importanti dei quali annoveriamo i crioprotettori (ossia sostanze che proteggono l’oocita da eventuali danni derivanti da stress termico) e il sucrosio (particolare tipo di zucchero)”. AI contrario delle “vecchie” metodiche, che richiedevano delle specifiche macchine per permettere al materiale biologico di raggiungere temperature come -196°C, con notevole dispendio di tempo (circa tre ore), questa nuova tecnica permette
il raggiungimento di bassissime temperature in maniera pressochè immediata. “II materiale biologico, opportunamente trattato, dice il prof Monica Antinori, viene infatti immerso direttamente in azoto liquido”. “Risultano notevolmente migliori, continua il prof Severino Antinori, anche i tassi di soprawivenza degli oociti al momento dello scongelamento e vengono eliminate così problematiche intrinsecamente legate alle “vecchie” metodiche, (ad es. la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno dell’oocita, dannosi per le strutture cellulari).
Gli oociti vengono posti in soluzioni apposite e preparati per il trattamento, dopodichè sono prelevati e depositati su speciali “provette” che verranno immerse in azoto liquido. II materiale biologico può essere conservato per un lungo periodo di tempo senza risentire in modo significativo dello stress termico.
La tecnica della vitrificazione, poichè non prevede l’uso di macchinari specifici, richiede una elevata abilità manuale da parte dello staff addetto all’esecuzione di tale metodica.

Autore prof.Aldo Franco De Rose
Specialista Andrologo e Urologo Genova
aldofdr@/ibero.it

ALLERGIE

In particolare i dermatofagoidi colonizzano le suppellettili imbottite e ricoperte in tessuto, quali materassi, cuscini, piumini, coperte, poltrone e divani, ed inoltre tappeti e moquette, dove possono reperire facilmente le sostanze necessarie al loro nutrimento, costituite in gran parte dalla desquamazione cutanea dell’uomo e degli animali domestici presenti nell’ambiente.
Gli allergeni degli acari sono soprattutto concentrati nei loro escrementi, che aderiscono tenacemente alle fibre dei tessuti e i cui frammenti, di dimensioni ridottissime, possono facilmente disperdersi nell’aria ed essere inalate. Con l’uso dell’aspirapolvere gli allergeni vengono sospesi nell’aria e possono più agevolmente entrare nelle vie respiratorie. E’ anche importante tener presente che un’esposizione continua ad elevate concentrazioni di allergeni non è solo causa di gravose manifestazioni per i soggetti allergici, ma favorisce la sensibilizzazione e lo sviluppo di malattie in coloro che sono geneticamente predisposti a queste. Ciò è soprattutto evidente nei bambini. Fondamentale risulta perciò il ricorso alla prevenzione che consente di tenere sotto controllo l’ambiente e mantenerlo nelle migliori condizioni.
Come per tutte le forme allergiche, anche nel caso dell’allergia alla polvere domestica il consiglio terapeutico più logico è quello di allontanare gli allergeni dall’ambiente.
I metodi convenzionali (eliminazione di tappeti e moquette, sostituzione di materassi e cuscini ecc.) se pur raccomandabili, in molti casi non sono sufficienti. Anche l’ immunoterapia specifica, se non accompagnata da adeguate misure di prevenzione e di bonifica, non è in grado di dare da sola i risultati, specialmente quando la concentrazione degli acari è estremamente elevata.
Molti prodotti messi a punto per bonificare l’ambiente si limitano soprattutto all’eliminazione degli acari ed alla loro rimozione insieme a quella parte dei loro allergeni che può essere allontanata ricorrendo ad aspirapolveri di notevole potenza e con filtri estremamente selettivi.
I laboratori Allersearch,hanno commercializzato in Italia prodotti, sia sotto forma di soluzione che di polvere umida, che affrontano il problema da un’ altra angolazione.
Da una parte il prodotto è costituito da tanacetano, frazione a basso peso molecolare dell’acido tannico la cui proprietà è di denaturare le proteine allergeniche (acari, forfore, micofiti ed anche alcuni pollini).
D’altro canto le caratteristiche specifiche del tanacetano sono esaltate dall’impiego, in qualità di solubilizzante ottimale, dell’ alcool benziIico.
E stato inoltre provato che l’ ac. tannico e le sue frazioni purificate sono del tutto innocue per l’uomo e per gli animali.
Gli effetti collaterali nel corso delle ricerche sono stati rari, e limitati: esclusivamente a pochi fenomeni di dermatite da contatto.
I prodotti si applicano con facilità, direttamente sulle superfici da bonificare. Il trattamento deve essere ripetuto ogni due/tre mesi.

Il Laboratorio nello Studio delle Malattie Allergiche
I metodi tradizionali di diagnosi allergologica, insieme alla storia clinica, costituiscono il punto di partenza per lo studio del paziente allergico.
Come è noto essi sono rappresentati dai test cutanei, dai test di provocazione e dal dosaggio delle IgE specifiche per l’ allergene responsabile della sintomatologia. (tab.1)

Tabella 1 – Tests convenzionali per la diagnosi allergologica.

 

TEST IN VIVO
Tests cutanei (per puntura, scarificazione, intradermici, epicutanei)
Tests di provocazione (congiuntivale, buccale, nasale, bronchiale)

TEST IN VITRO
Ricerca IgE e IgG specifiche
Ricerca di anticorpi precipitanti o emoagglutinanti

 
I test tradizionali hanno l’indiscutibile vantaggio, a costi relativamente bassi, di permettere l’identificazione del paziente allergico, e di orientare la scelta terapeutica (es: allontanamento dell’ allergene, programmazione di un ciclo di vaccinazione), ma non sono in grado di quantificare la gravità di una affezione allergica o il grado di attività dell’ infiammazione allergica che spesso persiste anche in temporanea assenza di sintomatologia.
In altre parole i test tradizionali ci dicono se un paziente è allergico ma non ci dicono quanto o in che misura un paziente è allergico. Per definire questa nuova e fondamentale dimensione dell’allergologia sono state messe a punto metodiche di laboratorio in grado di quantificare i numerosi mediatori biologici che intervengono nella flogosi allergica.
Questi mediatori, dosati nel sangue periferico o in altri liquidi biologici (secreto nasale, lacrime, secreto bronchiale ecc.), si sono rivelati utili marcatori di monitoraggio dello stato di attività di una sindrome allergica.
I mediatori sono il prodotto di quelle cellule come i mastociti, i basofili e gli eosinofili, i linfociti, i granulociti, coinvolti nella flogosi allergica.
Per quanto riguarda i mediatori eosinofilo-derivati, si è reso recentemente disponibile un test radioimmunologico per il dosaggio della proteina cationica degli eosinofili (ECP) nel siero ed in altri liquidi biologici.
Nei soggetti asmatici e nei pazienti con dermatite atopica, si riscontrano valori sierici di ECP notevolmente elevati.
La concentrazione di ECP è spesso in rapporto alla gravità dell’asma, aumentando nelle fasi di attività della sindrome asmatica. Pertanto la misurazione di questo parametro può essere utile per il monitoraggio dei pazienti asmatici.
Nei pazienti affetti da patologie respiratorie e in pazienti con affezioni dermatologiche (ad esempio orticaria) può essere utile la determinazione della mieloperossidasi derivata dai granulociti neutrofIli (MPO), che consente di accertare la partecipazione e l’attività di queste cellule nel processo patologico.
MPO tende ad aumentare in patologie infettive (ad esempio infezioni batteriche), mentre l’aumento dei livelli di ECP orienta la diagnosi verso una forma allergica.
Altri mediatori cellulari utili nella valutazione delle allergopatie sono rappresentati dall’ istamina e dalla triptasi.
Il test di liberazione istaminica dai basofili può essere utile all’allergologo per valutare la “releasability” cioè la capacità di rilascio cellulare dei mediatori, che determinano la gravità della malattia. In altre parole, quanto maggiore è la “releasability” , tanto maggiore sarà la quantità di effettori cellulari prodotti e in definitiva, più accentuata la sintomatologia. Il secondo mediatore, la triptasi, è più stabile a livello ematico rispetto all’istamina, pertanto risulta più agevole la sua misurazione.
La triptasi serica rappresenta un indice molto attendibile di attivazione mastocitaria.
Il dosaggio di questa proteina può rivelarsi utile per la diagnosi di anafilassi in soggetti andati incontro a morte improvvisa dopo puntura di imenotteri, dopo somministrazione di farmaci o dopo ingestione di alimenti.
Si può ricorrere al dosaggio di triptasi in corso di test di provocazione, nei liquidi di lavaggio broncoalveolare, nel secreto nasale e lacrimale.
In conclusione, nei liquidi biologici la triptasi risulta elevata quando la patogenesi è su base allergica.
Tra le indagini diagnostiche condotte su cellule, può affiancare il test di liberazione istaminica, una interessante tecnica denominata CAST-ELISA (Cellular antigen stimulation test), basata sulla capacità di alcune cellule del sangue (principalmente granulociti basofIli) di sintetizzare sulfidopeptide­leucotrieni, dopo appropriato stimolo allergenico.
Si ricorda che i leucotrieni avendo un effetto contratturante sulla muscolatura liscia bronchiale (centinaia di volte superiore a quella dell’istamina) svolgono un ruolo primario nella patogenesi dell’ asma bronchiale.
È stato evidenziato oltre alla buona concordanza tra Cast e test allergologici tradizionali (test cutanei Rast e prove di provocazione) anche ad una potenziale applicazione della metodica al di fuori delle malattie allergiche IgE­mediate, in particolare nelle sin­dromi non-IgE-mediate o in quelle pseudo-allergiche, per valutare una sostanza sospetta (ad esempio farmaci).
Deve essere ricordato infine che alcuni test dell’immunità cellulomediate (test di blastizzazione e concomitante dosaggio di interferon-gamma, IL-4 e/o altre citochine) possono essere utilizzati in alcuni casi di allergopatie IgE­mediate soprattutto da farmaci.
Il rapporto tra interferon-gamma e IL4 può essere valutato in corso di immunoterapia specifica (ad esempio prima e dopo rash- immunotherapy per veleno di imenotteri, per documentare l’avvenuto switch della risposta immunitaria da TH2 a TH1).

Tabella 2

 

La diagnostica di laboratorio delle principali malattie allergiche può avvalersi delle seguenti metodiche:
- IgE totali
- Determinazione IgE Specifiche verso gli estratti allergenici e/o verso allergeni ricombinanti (esempio BeT VI e BeT V2) con metodo CAP system o altri.
- Determinazione delle IgG allergene-specifiche e rast-inibizione
- Dosaggio di ECP e MPO
- Dosaggio di Triptasi
- Dosaggio di Leucotrieni e prostaglandine
- Liberazione in vitro di istamina
- Produzione de novo in vitro di sulfidopeptideleucotrieni (CAST- ELISA)
- Liberazione di PAF da sospensione leucocitaria
- Proliferazione di linfociti in risposta ad antigeni e mitogeni
- Clonaggio di linfociti T e B, relativi marker.
- Dosaggio e produzione di citochine (esempio IL4, IL6, IFN-gamma) e recettori solubili per citochine.
- Sintesi in vitro di immunoglobuline spontanea o indotta da antigeni o mitogeni.
- Test funzionali (chemiotassi, fagocitosi, chemioluminescenza)
- Dosaggio di tutte le frazioni complementari e CH50
- Detenninazione di C1 INA
- Immunocomplessi circolanti non specifici e a specificità nota
(misurando il tasso di antigene o di anticorpi).
- Tipizzazione HLA
- Anticorpi antigliadina
- Ricerca di anticorpi precipitanti
- Marker del collagene (PIIINP, PICP, PINP, NC1, A8).

 

PARLIAMO DI VACCINI ANTI – ALLERGICI
Colloquio con Renato Enzo Rossi allergologo presso le Unità territoriali di Allergologia della provincia di Cuneo.
Giornalista: Cerchiamo di spiegare innanzitutto in che cosa consiste un vaccino.
Dr Rossi: Un vaccino, o meglio, l’immunoterapia specifica, consiste nella somministrazione di un estratto allergenico a dosi scalari progressivamente crescenti, allo scopo di ottenere una riduzione della sensibilità del paziente verso l’allergene responsabile della sintomatologia.
G. A base di quali allergeni ambientali vengono allestiti i vaccini e quali risultano i preparati più efficaci?
R. I più comuni estratti allergenici per terapia vengono preparati con pollini di graminacee, urticaee, betullacee o di allergeni della polvere domestica (i famosi acari della polvere) o sono a base di derivati epidermici come quelli provenienti dal gatto o, infine, allestiti a partire da miceti come l’ Alternaria e il Cladosporum. L’efficacia di questi preparati è alta, come risulta dalle innumerevoli ricerche pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali.
Nel caso poi dei vaccini allestiti con veleni di imenotteri l’efficacia del vaccino si attesta intorno al 95%.
G. Per quali malattie allergiche è indicata l’immunoterapia specifica?
R. L’indicazione elettiva dell’immunoterapia è rappresentata dalla rinocongiuntivite allergica, In quest’ultimo caso il vaccino si è dimostrato un vero e proprio salvavita. G. Ci sono controindicazioni a praticare il vaccino?
R. Costituiscono una controindicazione le malattie che interessano, primitivamente o secondariamente il sistema immunitario (deficit immunologici, connettiviti, tumori), gravi malattie renali o epatiche, dermatiti estese.
La gravidanza non costituisce una controindicazione al vaccino. Mentre è bene non avviare all’immunoterapia pazienti con ipertensione arteriosa in trattamento continuo con farmaci beta-bloccanti. Questa categoria di farmaci renderebbe infatti problematica la terapia di una eventuale reazione sistemica provocata dal vaccino. G. Quali sono le reazioni indesiderate in corso di immunoterapia specifica ?
R. Si possono avere reazioni locali, nella sede di iniezione (eritema. gonfiore, senso di tensione, prurito), oppure si possono avere sintomi che riproducono le malattie allergiche (rinite, asma).
Infine, se pur in rarissimi casi, si possono presentare orticaria generalizzata fino allo shock anafilattico.
In realtà questi ultimi eventi, con gli estratti allergenici attualmente disponibili sono, come ripeto, rarissimi ed hanno grosso modo una incidenza pari alle reazioni sfavorevoli provocate da altri farmaci penicillina. aspirina ecc) .
Le reazioni in genere si verificano entro pochi minuti dall’iniezione, in pratica entro i primi trenta per cui è indispensabile che l’allerglogo tenga sotto controllo il paziente per almeno mezz’ ora dopo la somministrazione e attui in caso di bisogno, le misure terapeutiche idonee a controllare le reazioni.
A tale proposito, è utile sottolineare che il vaccino deve essere praticato presso strutture specializzate.
G. Quando deve essere iniziato un vaccino?
R. Quanto prima possibile (a partire anche da 3-4 anni); è stato ampiamente dimostrato infatti, che i benefici dell’immunoterapia sono tanto maggiori e duraturi quanto più precocemente essa viene intrapresa. È bene poi ricordare che nel paziente allergico si verifica una condizione di infiammazione allergica persistente, caratterizzata da un aumento dei mediatori di flogosi. Questi mediatori sembrano agire su delicate strutture anatomiche (ad es: l’albero respiratorio) e possono provocare danni biologici irreversibili.
Pertanto l’immunoterapia, l’unica terapia in grado di modificare la storia naturale della malattia allergica riesce a interrompere il circolo vizioso di automantenimento della flogosi, tipico di tutte le allergopatie respiratorie.
G. Come agisce, in senso biologico, il vaccino?
R. Sembra ormai accertato in maniera definitiva come nel paziente allergico prevalga una risposta immunitaria di tipo TH2 contrariamente a quanto avviene nei soggetti non allergici, caratterizzati invece da una risposta di tipo TH1.
Le risposte di tipo TH1, o di tipo TH2, per semplificare, rappresentano un modello di risposta immunitaria che avviene per mediazione di alcuni effettori biologici chiamati citochine (IL-4, IL-3, IL-l3, IL-5 nelle risposte TH2; IFNgamma e IL-2 nelle ri­sposte TH1).
Le citochine di tipo TH2 sono caratterizzate da una produzione aumentata e persistente di IgE allergene-specifiche (lgE sono gli anticorpi che “armano” mastociti e basofili, le cellule che liberano le sostanze responsabili dei sintomi dell’allergia).
Le citochine di tipo TH1, invece, sembrano inibire le reazioni che avvengono secondo la modalità precedente.
L’azione del vaccino, si esplicherebbe, appunto, a questo livello: farebbe virare una risposta da tipo TH2 ad un tipo TH1 portando perciò l’individuo allergico nelle condizioni immunologiche di un soggetto non allergico. Probabilmente i meccanismi sono ancora più complessi di quelli descritti e coinvolgerebbero anche i suddetti anticorpi-antiidiotipo, ma la complessità dell’ argomento è tale da non poter essere affrontato in questa sede.
Possiamo solo dire che questi anticorpi particolari possono competere con l’allergene, e quindi bloccare l’attivazione delle cellule effettrici. È stato dimostrato infatti che il vaccino è in grado di incrementare i livelli di anticorpi anti-idiotipo ed attraverso questa via attivare una sottopopolazione linfocitaria ad azione soppressiva sulla risposta di tipo IgE.
G. Da queste considerazioni emerge la notevole complessità dei meccanismi immunologici che regolano le risposte allergiche. Sarà possibile in futuro agire in maniera più selettiva su queste componenti?
R. Senza dubbio. Attualmente il vaccino può essere paragonato ad un “bombardamento antigenico”, in grado di stimolare in maniera, forse un po’ anarchica, il sistema. Ma oggi sono state identificate le porzioni molecoIari più rilevanti degli allergeni. Bisognerà attendere ancora pochi anni, e sarà possibile intervenire in maniera più selettiva nei pazienti allergici.
Si potrà “confezionare” allora, una terapia su misura.
Non sarà solo quindi più agevole curare, ma anche fare diagnosi più precise, e monitorare il decorso della malattia, e gli effetti della terapia grazie all’impiego di allergeni ricombinanti.
G. Per concludere cosa possiamo consigliare ad un paziente che voglia sottoporsi a immunoterapia specifica?
R. Di rivolgersi a centri specializzati: Servizi di allergologia dell’ Università o ospedalieri, ambulatori territoriali di allergologia o anche privatamente, presso professionisti specializzati in Allergologia e Immunologia Clinica. In questo modo i pazienti avranno la garanzia di trovare la professionalità necessaria per affrontare queste complesse problematiche. Anche perché ogni allergologo, in Italia, opera secondo le direttive della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (SIAIC), il principale riferimento per l’aggiornamento e la formazione permanente.
L’ultimo consiglio che vorrei dare ai pazienti è di essere, mi scuso per il gioco di parole, molto pazienti (!!!) poiché l’immunoterapia specifica necessita di iniezioni mensili, per un periodo che varia dai tre ai cinque anni.
Questi tempi sono indispensabili per un buon esito anche per le cosiddette vaccinazioni alterative (ad esempio per via orale).

Giorgio Monasterolo – Laboratorio Analisi
Ospedale S:S: Trinità – Fossano
Renato Enzo Rossi – Unità Allergologica
Ospedale S.S. Trinità – Fossano
pubblicazione del 1996

ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI

Si parla invece di INTOLLERANZA ALIMENTARE quando un certo individuo manifesta una risposta clinica anomala ad un alimento ingerito per cui non sia dimostrato un meccanismo immunologico. La maggioranza delle reazioni avverse agli alimenti risultano reazioni di intolleranza. Qualsiasi alimento può provocare allergie.
Le allergie alimentari dipendono dalla capacità di alcune componenti degli alimenti stessi di stimolare reazioni immunologiche sostenute da anticorpi IgE (o da altra classe immunoglobulinica).
Una improntante caratteristica degli allergeni alimentari è la resistenza.
Infatti, per conservare la loro nocività devono poter resistere ai comuni trattamenti usati per la preparazione dei cibi (frammentazione, spremitura, cottura) e alla digestione gastrica ed enterica.
Vi sono alcuni allergeni considerati assai labili presenti nella frutta e nella verdura che possono provocare sintomi a carico del cavo orale o generalizzati, poco dopo il contatto con le mucose digestive, ma che non resistono alla cottura, alla spremitura, centrifugazione ed alla stessa conservazione prolungata.
Un esempio tipico è rappresentato dall’allergia alla mela, condizione assai frequente tra i soggetti allergici alla betulla, che quando mangiano un frutto fresco vanno incontro a prurito ed edema delle labbra e del faringe, a volte ad edema della glottide e spesso sintomi generalizzati.
Questi soggetti possono però mangiare senza problemi il frutto cotto, oppure anche conservato a lungo o il succo dello stesso ottenuto per spremitura o centrifugazione.
Questo avviene perché gli allergeni responsabili della sindrome vanno incontro ad una rapida denaturazione. Viceversa altri allergeni, in pratica quelli che provocano i disturbi persistenti, sono dotati di particolare resistenza alla cottura e alla digestione gastrica ed enterica.
Ad esempio l’ovomucoide e la beta-lattoglobulina sono allergeni importanti, rispettivamente dell’uovo e del latte, verosimilmente per la loro particolare resistenza alla bollitura ed alla digestione.
La frequenza di reazione agli alimenti è sicuramente superiore nell’età infantile che nell’ età adulta. La frequenza è elevata soprattutto nei primi tre anni di vita e diminuisce poi in funzione dell’aumentare dell’età.
Dopo i 10 anni d’età l’allergia alimentare diventa un fenomeno raro e si presenta con la stessa bassa prevalenza che si può riscontrare nell’età adulta ove non raggiunge lo 0,5%. Alcuni allergeni dei principali alimenti allergizzanti sono riassunti nella seguente tabella

alimento
allergene
latte a s, as1, a s2, -caseina
a-, K-, µ-Caseina
ß-latto-globulina
a-latto-albumina
proteasi
proteine del sangue
uovo ovalbumina
conalbumina
ovomucoide
G2, G3 globulina
ovomucina
lisozima
ovoinibitore
merluzzo antigene M
crostacei antigene I
antigene II
Diversa è la situazione che concerne l’allergia ad alimenti di natura vegetale quali frutta e verdura, che risulta essere condizionata dall’esistenza di allergia a betullacee, a graminacee e composite.
Essendo il numero di soggetti allergici ai pollini di queste piante relativamente elevato, si comprende come possa essere alto il numero di soggetti colpiti da questa forma di allergia, che si manifesta principalmente con sintomi localizzati alla bocca, ma anche con sintomi gravi come lo shock anafilattico.
Mentre nel bambino le allergie alimentari (ad es. al latte vaccino) si risolvono spontaneamente, in una alta percentuale dei casi entro i 3 anni di età, nell’età adulta le reazioni da allergia alimentare tendono difficilmente a scomparire.
Soprattutto le reazioni più gravi quali lo shock anafilattico o l’allergia alle sostanze vegetali non hanno la tendenza a scomparire e si ripresentano con regolarità ad ogni contatto anche con piccole quantità dell’alimento sensibilizzante. Una delle manifestazioni più temibili indotte dall’allergia alimentare è lo shock anafilattico. Questo quadro morboso, che dipende da una massima liberazione di istamina e di altri mediatori cellulari, interessa contemporaneamente diversi organi e sistemi:
-la cute con prurito, orticaria;
-l’apparato respiratorio con asma ed edema della glottide
-l’apparato cardiovascolare con ipotensione e aritmie cardiache.
I sintomi generalmente seguono rapidamente l’ingestione dell’alimento e si manifestano da 5 minuti ad un massimo di mezz’ora dopo il pasto.
Principali additivi in grado di scatenare reazioni allergiche o pseudo allergiche
additivi funzione
tartrazina (E102) colorante (bevande-dolci)
eritrosina (E127) colorante (bevande-dolci)
sodio benzoato (E211) conservante (dolci-bevande)
acido 4-idrossibenzoico conservante (pasta-pane)
solfiti antimicrobico sbiancante (vino-birra)
glutammato miglioratore di palatabilità (carni-dado)
aspartame dolcificante
I primi sintomi sono nausea, vomito, prurito sensazione di fastidio alla gola, formicolii alla faccia, alla bocca, alle estremità superiori, tachicardia e senso generalizzato di calore. A ciò può seguire orticaria rinite ed edema della glottide.
Come regola molte delle manifestazioni dopo circa 1 o 2 ore si risolvono.
In alcuni casi la morte può intervenire per edema della glottide o per collasso cardiocircolatorio. E’ opportuno anche segnalare l’esistenza di sindromi anafillatoidi da intolleranza agli additivi alimentari.
Gli alimenti contengono moltissimi additivi, alcuni di questi si aggiungono all’alimento durante la produzione (antibiotici nelle carni, pesticidi nei vegetali), altri vengono aggiunti successivamente come preservanti (benzoati, solfiti) o coloranti (tartrazina, eritrosina) esaltatori del sapore (monopodico-L-glutammato). L’intolleranza al glutammato, ad esempio, si manifesta in soggetti che abbiano assunto ingenti quantitativi della sostanza, come si verifica in occasione dei pasti consumati in ristoranti orientali che fanno largo uso del componente.
alimenti ricchi di istamina (in quantità decrescente) alimenti contenenti sostanze istamino-liberatrici
formaggi fermentati fragole
insaccati cioccolato
acciughe crostacei
fegato di maiale frutti di mare
pomodori pomodori
bevande fermentate pesci in scatola
salmone albume d’uovo
spinaci
tonno

L’intolleranza ai glutammati provoca una tipica sindrome che è definita appunto “Sindrome del ristorante Cinese”, caratterizzata dalla comparsa, 10-20 minuti dopo il pasto, di bruciore della pelle, tensione dei muscoli facciali e del torace, cefalea. Meno frequenti sono capogiro e diarrea.
Esistono infine alimenti in grado di provocare reazioni che simulano le allergie, ma attraverso meccanismi diversi dalle classiche reazioni allergiche, (reazioni pseudo-allergiche ). I sintomi vengono provocati dalla liberazione di istamina, sostanza che provoca orticaria e reazioni respiratorie. Diversi cibi sono ricchi di istamina, altri alimenti contengono invece sostanze istamino-liberatrici (vedi tabella)
DIAGNOSI
Stabilita, in base alla storia clinica o per mezzo di test di provocazione alimentare, l’esistenza di un rapporto di dipendenza dei sintomi con l’ingestione di un alimento, vi sono due possibilità diagnostiche:
1) praticare il test cutaneo
2) ricercare gli anticorpi IgE specifici per l’alimento.
Le indagini permetteranno di differenziare in tal modo una allergia tipica, o una reazione pseudo-allergica, o da intolleranza.

E.R. Rossi -allergologo
pubblicazione del 1992

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO

La dermatite allergica può essere facilmente diagnosticata anche dai non addetti ai lavori grazie a standard estetici evidenti. Molto meno facile è invece individuare gli allergeni scatenanti la reazione essendo una risposta allergica non anticorpomediata e quindi non recuperabile a livello ematico.

Il metodo diagnostico prevede un’esposizione, per un certo numero di ore, alle sostanze, poste una per una su piccole superfici di pelle intatta, grazie a particolari cerotti. Le sostanze utilizzate sono selezionate in base alla frequenza di reazioni allergiche che sono in grado di scatenare e alla loro reperibilità. Ciò non toglie che ogni giorno vengano individuati nuovi allergeni con i quali sviluppare nuovi test epicutanei.
Importante è la tempestività della diagnosi per procedere alla desensibilizzazione del paziente con farmaci sistemici e non, e preventivamente con l’utilizzazione di guanti e creme barriera. Non è inusuale infatti riscontrare che anche soggetti con allergie relativamente importanti come appunto la dermatite da contatto, la rinite allergica, l’orticaria, l’ eritema solare sviluppino nel corso degli anni una maggiore sensibilità ad allergeni di altra natura potendo manifestare così reazioni allergiche più gravi.

Angela D’Anna – farmacista
pubblicazione del 1998

Perché a primavera…

Il polline delle piante che sfruttano la velocità delle correnti d’aria (dette anemofile ) che riesce a raggiungere fino a 15 chilometri di distanza dalla pianta di origine.
E se un fiore di betulla (betulla alba) produce fino a 4 milioni di granuli, è facile immaginare quanti ne siano contenuti in un metro cubo di aria primaverile.
Seppur invisibile (ogni granulo misura dai 5 ai 200 micron), il polline colpisce un esercito di settantamila persone nella sola città di Genova, pari ad un 10% sul territorio nazionale.
Ci si potrebbe aspettare che gli abitanti delle campagne soffrissero di allergie primaverili in percentuale maggiore, dati i frequenti contatti con le sorgenti di polline.
In realtà, recenti studi hanno evidenziato uno stretto legame tra allergie da pollini e l’inquinamento atmosferico. A parità di quantità di polline nell’aria, infatti, la presenza concomitante di inquinamento dovuto ai gas di scarico, fa quasi triplicare il numero di soggetti allergici.
Un altro fattore da non sottovalutare è la componente ereditaria.
La probabilità di prole allergica cresce, infatti,  del 30% se ambedue i genitori sono affetti da pollinosi, ed aumenta ulteriormente (circa del 70%) se addirittura sensibili allo stesso allergene.
I risultati di questi studi evidenziano come non siano da sottovalutare fattori solo apparentemente estranei ma, in realtà, molto aggravanti di queste affezioni allergiche stagionali.

Caterina DE VITO
Antonella PEDRINI
Silvio ROSSI
Edoardo SCHENARDI
A.GI.FAR.L.
Associazione Giovani Farmacisti Liguri
pubblicazione del 1995

Allergie Imprevedibili

E’ verosimile che l’incidente anafilattico possa essere ascritto alla cross­reazione tra le due piante (Subiza J e coli. J .Allergy Clin. Immunol. 84 : 353, 1989.
Allergia da nichel
Il nichel è uno degli allergeni più diffusi e causa più comune di allergia da contatto. Una fonte possibile del metallo, oltre a bracciali e monili, può essere il comune gessetto da lavagna e i danni connessi con il suo impiego possono colpire coloro che ne fanno largo uso (ad esempio insegnanti).
Si ritiene possibile che il rilascio di nichel dal gessetto aumenti con il sudore e il prolungato contatto e sia responsabile di eczema soprattutto alle mani ( Zonca A. c coll., Contact Dermatitis, 19: 143, 1988).
Allergia al polline
Una causa non infrequente di allergia è quella provocata da polline ingerito come prodotto dietetico con l’indicazione di ricostituente ed energizzante, secondo i dettami della cosiddetta medicina naturale. Le pallottoline di polline sono commercializzate nei negozi di dietetica e nelle farmacie come rimedi totalmente innocui e privi di controindicazioni. Che questo non sia sempre vero lo dimostra il grave shock anafilattico che ha colpito una giovane donna a Strasburgo. La donna era portatrice di una pollinosi con polisensibilità a Graminacee e Composite. Le “pelotas” di polline incriminate contengono pollini di varie specie fra i quali le Artemisie.(Hurr N. Rev.Fr.Allergol. 29: 147,1989).
Allergia al Katon CG
Il Kathon CG è un preservante attualnente molto usato in vari cosmetici, quali shampoo ed altri prodotti per capelli, saponi, creme e lozioni idratanti. L’elevata incidenza di sensibiizzazione nelle donne è legata all’ esposizione domestica (cosmetici, prodotti da toeletta) al Kathon CG. n Italia, l’incidenza di sensibilizzazione a questo prodotto è maggiore al Nord probabilmente per gli influssi di un clima più freddo che comporta un maggior consumo di prodotti protetivi della pelle. Attualmente l’uso del Kathon CG e di altri Kathons non è permesso nella CEE in prodotti farmaceutici o dermatologici ne’ come additivo negli alimenti.(Pigatto e Coll. Boll. Derm. Allergol .Profess. 4: 203, 1989).
Allergia alla gomma naturale (lattice)
Da qualche tempo stanno aumentando i casi di sensibilizzazione alla gomma naturale o di lattice, oggi impiegata nella produzione di articoli sanitari: Un comune impiego della gomma naturale avviene nella fabbricazione dei prolilattici, usati sia come anticoncezionali sia nella prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale. In uno studio condotto in Finlandia sono stati riscontrati in abituali utilizzatori del profilattico un certo numero di manifestazioni a carico dei genitali rappresentati da prurito, gonfiore, orticaria, in rapporto con l’uso del profilattico stesso.
In molti casi poi, diversi pazienti non mettono in relazione i disturbi con l’uso del condom stesso. E’ necessario pertanto che il medico valuti tale eventualità. (Turjan­maak Contact Dermatitis 20:360,1989).
Allergia alla saliva del cane e del cavallo
E’ stato recentemente segnalato un insolito caso di orticaria da contatto alla saliva di cane. Una ragazza di 17 anni aveva notato l’immediata comparsa di reazioni ponfoidi nelle sedi cutanee leccate dal suo cane alsaziano.
I test allergologi praticati con la saliva di cane e con comuni allergeni risultavano positivi per la saliva del cane, graminacee e cereali. Ai numerosi fattori causali dell’orticaria bisogna dunque tener presenti anche l’effetto di alcuni fluidi biologici come la saliva di cane e cavallo. (Valsecchi R. e colI. Contact Dermatitis 20:62, 1989).

Renato Enzo ROSSI Allergologo
Ambulatorio di Allergologia U.S.S.L. 58
Via C. Boggio 14CUNEO

ALLERGIE: CURARLE CON LA MEDICINA NATURALE

I pollini sono piccolissime particelle provenienti dalle piante, di cui costituiscono la parte maschile, che volando nell’aria vanno a fecondare gli elementi femminili di piante della stessa specie, diffondendosi nell’aria (essi appartengono in generale alle Graminacee- Urticacee – Composite ­ Betullacee ..ect) indi attraverso la respirazione date le loro piccolissime dimensioni, penetrano nel naso e nella bocca raggiungendo le mucose, laddove avviene la scissione del loro involucro protettivo ad opera di acqua e sistemi enzimatici provenienti dalle secrezioni delle mucose.
Le proteine liberate in seguito al dissolvimento dell’involucro costituiscono gli allergeni, ossia sostanze capaci di scatenare una reazione allergica.
Tale reazione però non avviene in maniera automatica, né si verifica in tutte le persone, in quanto i pollini non sono sostanze pericolose in se stesse, come i virus e i batteri, considerati estranei e attaccati dai sistemi di difesa dell’organismo.
L’allergia si manifesta solo se si verificano 3 condizioni:
1) La predisposizione della persona
2) Il processo di sensibilizzazione
3) Il contatto con l’allergene

La predisposizione
E’ la prima condizione perché abbia luogo l’allergia.
Nel caso specifico della pollinosi, la predisposizione è ereditaria.
Un figlio eredita dai genitori un patrimonio genetico e con esso anche la possibilità di contrarre allergia, nel caso in cui i genitori siano ambedue allergici, il figlio ha il 60% di probabilità di diventare allergico.
C’è da precisare che ciò che si eredita non è l’allergia, ma solo la predisposizione a diventare allergici, pertanto può capitare che il genitore sia allergico alla polvere e il figlio non sopporta il contatto con i pollini e viceversa.
A contribuire alla allergia concorrono anche altri fattori esterni quali: l’allattamento si è visto infatti che il latte materno protegge dalle allergie, in quanto contiene una quantità di beta­lattoglobuline minore rispetto al latte vaccino e proprio queste proteine secondo un recente studio finlandese, sarebbero sostanze allergizzanti, sopratutto nei primi anni di vita. L’alimentazione che deve prevedere la introduzione di cibi quali uova, arachidi, noccioline, pesce, solo dopo l’età pediatrica (dopo i 12-13 anni) perché si tratta di cibi che già di per sé hanno un alto valore allergizzante. Il fumo (anche passivo) in quanto irrita le vie respiratorie e aumenta la reattività dei bronchi. L’inquinamento atmosferico, perché i pollini si legano meglio alle particelle di aria inquinate, per questo infatti paradossalmente la pollinosi è molto più frequente in città che in campagna. Per avere la reazione allergica è però necessario che si verifichi il processo di sensibilizzazione.

Il processo di sensibilizzazione
E’ il processo mediante il quale, il sistema immunitario della persona, si programma ad avere in futuro una reazione esagerata nei confronti dell’allergene.
Essa avviene la prima volta che l’organismo incontra una sostanza che non riconosce come “amica”. Quando la sostanza (Allergene) penetra per la prima volta nell’organismo viene intercettata dai macrofagi (cellule che hanno la funzione di inglobare ed espellere le sostanze riconosciute come estranee) che la riconoscono come estranea e la trattengono nel loro interno.
Alcune parti dell’allergene sono poste all’esterno della membrana cellulare affinché siano riconosciute dai linfociti T (globuli bianchi addetti a produrre anticorpi).
Possono a questo punto verificarsi due casi :
Nella persona non predisposta si ha la produzione di interleuchina 2 che con i linfociti TH-1 produce le immunoglobuline G (IgG) le quali non si legano al mastocita e non sono anticorpi ad azione specifica.
Nella persona predisposta si ha la produzione di interleuchina 4 e interleuchina 13, i linfociti B che derivano da un altro gruppo di linfociti, i TH-2, sviluppano le immunoglobuline di tipo E (IgE) che si fissano al mastocita (cellule che in determinate condizioni liberano istamina).
Da questo momento la persona è sensibilizzata.

Il contatto con l’allergene
La seconda e tutte le volte successive in cui l’organismo entra in contatto con l’allergene, il sistema immunitario è in grado di ricordarlo come nemico e di mettere in moto le sue armi di difesa in particolare le IGE.
Purtroppo, però, questi anticorpi, dopo essersi uniti all’allergene innescano un meccanismo di difesa che è in grado di liberare alcune sostanze (istamina , leucotrieni e prostaglandine) che porteranno alla reazione allergica.
Tale reazione si manifesta in due fasi:
l) Liberazione di istamina (mediatore pre-formato) con conseguenti sintomi fisici quali starnuti, orticaria, infiammazione dei bronchi e bronchioli, asma ecc …
L’immediatezza con cui si realizza tale reazione è dovuta al fatto che l’istamina è una sostanza già presente nell’organismo e per mettere in atto la sua azione infiammatoria, non ha bisogno di essere attivata da altre sostanze.
2) La reazione allergica prosegue in quanto si ha la liberazione di altri mediatori
dell ‘infiammazione, i cosiddetti mediatori neoformati Leucotrieni (LT) che fanno uscire dal sangue i neutrofili e gli eosinofili (due tipi di globuli bianchi) e si attivano le piastrine (PAF) : si ha così la formazione di mediatori secondari che mantengono e prolungano la durata della infiammazione con azione su specifici organi bersagli quali pelle, vie respiratorie, occhi.

LA DIAGNOSI
La diagnosi è relativamente semplice i sintomi sono inconfondibili e si presentano sopratutto in primavera.
Il medico sa già che si tratta di pollinosi , ciò che non conosce è il responsabile dell’allergia.
La diagnosi mira quindi a conoscere le sostanze che determinano nel soggetto le reazioni allergiche.
La ricerca dell’allergene può essere fatta attraverso il Prick-test e il Rast ­test.
Il Prick-test è un esame che è di semplice realizzazione e fornisce l’esito immediatamente e consiste in una serie di piccole punture sull’avambraccio : si inietta sotto la pelle una goccia di estratto allergico e dopo circa 10 minuti il medico osserva la reazione della pelle in corrispondenza del punto di iniezione se la persona è allergica, la pelle si sarà gonfiata e darà una sensazione di prurito, in base alla intensità il medico assegna un grado alla allergia che oscilla da uno a quattro, valori espressi da segni “+”.
Tale test non è attendibile se il paziente è in cura con antistaminici o cortisonici, in tal caso si avranno falsi valori.
Il Rast-test è un esame che si esegue su di un campione di sangue e permette di quantificare il livello di anticorpi specifici (IgE) messi in azione come abbiamo detto in precedenza durante la reazione allergica.
Un numero elevato di IgE indica che l’organismo è sensibilizzato a quella sostanza.
Una volta individuato l’allergene si può decidere di eseguire l’immunoterapia specifica o meglio la vaccinazione abituando l’organismo a non reagire in modo esagerato al contatto con l’allergene, si esegue iniettando nell’ organismo dosi prima piccole poi crescenti della sostanza sotto accusa. Questo contatto progressivo con l’allergene fa diminuire la sensibilità dell’organismo che quindi avrà nel periodo dei pollini una manifestazione allergica minore.
La somministrazione del vaccino non ha efficacia immediata, durante il primo anno non si desensibilizza del tutto l’organismo e possono comunque manifestarsi anche se in forma leggermente più attenuata i sintomi fisici dell’ allergia.

LE CURE
Oltre alla prevenzione con il vaccino e la profilassi con i farmaci, la cura è importante per convivere bene con i disturbi da allergia.
Nel caso dei farmaci i più usati sono gli antistaminici, i quali agiscono inibendo la liberazione di istamina, i più recenti quali la cetirazina, la loratidina, l’oxatomide e più recentemente la fexofenadina hanno eliminato molti degli effetti collaterali che
questi farmaci davano; ora quelli che si possono manifestare sono di lieve entità quale una leggera sedazione con sonnolenza e lentezza nei riflessi (in tal caso si rimedia con una assunzione serale), lieve stitichezza, diminuzione dell’appetito.
Quando essi non danno risposte terapeutiche adeguate si passa all’utilizzo dei glucocorticoidi , farmaci a base di cortisone sostanza con potente azione antiintiammatoria.
Le molecole più usate sono il desametasone, deflazacort, e flunisolide. Hanno però effetti indesiderati più evidenti, tra cui citiamo alterazione a carico del sistema endocrino con conseguente obesità, blocco delle difese immunitarie, disturbi gastrointestinali, problemi nell’assorbimento degli zuccheri con conseguente innalzamento della glicemia.
Nel caso si manifesti l’asma vengono allora usati i broncodilatatori che si dividono in tre classi, i simpaticomimetici che possono essere dati anche ai bambini fino ai 18 mesi, gli antimuscarinici, che attenuano anche i sintomi del raffreddore e i teofillinici che rilassano i muscoli ed eliminano la chiusura dei bronchi, anche in tal caso si hanno effetti collaterali e si somministrano solo su indicazione del medico curante.

MEDICINA NATURALE: Omeopatia e Fitoterapia
Pur restando i farmaci un elemento indispensabile nella cura della allergia è opportuno sapere che esistono in medicina naturale alcune sostanze capaci di influenzare in maniera positi­a il decorso della sindrome allergica.

OMEOPATIA….brevi cenni introduttivi.
Tale metodo è stato formulato da un medico tedesco Samuel Federick Hahnemann (1755-1843).
Egli scoprì sulla propria pelle che prendendo piccolissime quantità di chinino quando stava bene (il chinino allora veniva. usato per curare la malaria) provocava in sé gli stessi sintomi che la malattia produceva nell’individuo malato.
Da questo e da altri esperimenti dedusse la regola della similitudine in omeopatia:
“il simile cura il simile”.
Quindi nel caso delle malattie si interviene con rimedi omeopatici (sostanze basi provenienti dal regno animale vegetale e minerale) diluite e dinamizzate secondo regole ben precise.
I rimedi omeopatici più utilizzati nella cura delle allergie con il metodo Hahmenmiano sono svariati e devono essere individuati dal medico omeopata dopo attenta visita, in quanto è proprio nell’approccio con il paziente che la visita omeopatica si differenzia da quella allopatica, in tal caso il paziente viene considerato nella sua interezza e non scisso in vari organi e apparati. L’omeopata attraverso un approfondito colloquio deve ricercare ciò che Hahmenman definiva il simillimum, ossia il rimedio costituzionale del paziente, tale minuziosa ricerca richiede talvolta molto tempo, ecco perché ultimamente l’unicismo Hahnemanniano è stato sostituito dal complessismo di scuola tedesca. Proprio in riferimento all’utilizzo di tali complessi, la rivista scientifica Lancet ha segnalato alcuni anni fa che utilizzando una miscela omeopatica di una dozzina di pollini (Pollens) si sono ottenuti discreti risultati in diverse manifestazioni allergiche.
Altri rimedi omeopatici che singolarmente o associati hanno dati dei benefici nella cura delle allergie sono:

Galphimia glauc.: agisce soprattutto sulle mucose del naso, delle cavità paranasali e della faringe, regolando la secrezione e attenuando il prurito, il bruciore e la secchezza nasale, riducendo la frequenza degli starnuti ed eliminando la sensazione di naso chiuso.
Analogamente agisce Luffa opercolata: entrambe nelle diluizioni D3 e D4 tali rimedi allievano starnuti e riducono la secrezione delle mucose.
Nel caso in cui sia presente il prurito, il rimedio che si preferisce associare è Casidospermum halicacabum: specifico per gli allergici ed infiammatori accompagnati da prurito.
Nei disturbi acuti si utilizzano i rimedi assunti ogni due ore fino a miglioramento dei sintomi, si consiglia poi di passare a un dosaggio intervallato di 3 somministrazioni al giorno protraendo somministrazioni al giorno protraendo la terapia anche dopo la scomparsa dei sintomi.
Allium cepa: corizza fluente che inizia con numerosi starnuti.
Sambucus nigra: corizza secca, con ostruzione completa del naso
Euphrasia officinalis: rossore infiammatorio della mucosa della cornea con sensazione di bruciore negli occhi (impiegato sopratutto nell’uso di colliri omeopatici).
Kalium Bichromicum: riniti acute e croniche.
Le diluizioni omeopatiche dei singoli rimedi sopracitati vanno stabilite dal medico.
Per i rimedi omeopatici chiaramente è sempre valida l’assunzione lontano dai pasti, non assumendo the, caffè, camomilla, sigarette, menta e altre sostanze una mezz’ora prima e dopo la assunzione di tali rimedi, in quanto come è noto i sapori e gli odori forti tendono ad annullarne l’azione.
Grazie alla loro tollerabilità si possono eseguire con tali rimedi anche terapie prolungate.

FITOTERAPIA
Anche la fitoterapia, ossia l’uso delle piante ci viene in aiuto nel caso di allergia, si preferisce in tal caso l’assunzione di
Ribes nigrum come Macerato Glicerico 1DH per la sua azione specificamente antinfiammatoria, se ne somministrano 40 gtt per 2 volte al giorno, unitamente alla Rosa Canina in una unica somminsitrazione serale di circa 40 gg. Le erbe che però hanno una spiccata attività antiallergica vengono dai paesi dell’India e del centro sud America, ne citiamo alcune che devono essere comunque impiegate su indicazioni del medico o del Vs farmacista di fiducia.
La Galphia Glauca
La Adhatoda vasica
La Pychorhyza curroa

ABITUDINI ALIMENTARI
Vi sono inoltre alcuni alimenti che possono aggravare o determinare delle manifestazioni allergiche: tra esse citiamo kiwi, pomodori, pesche, albicocche, cioccolata, i quali dovrebbero in virtù di ciò essere eliminati o quantomeno ridotti in un soggetto allergico.
Concludendo la natura con le piante e i rimedi sopracitati ci fornisce un valido supporto per combattere e tenere sotto controllo i fastidiosi sintomi correlati alle manifestazioni allergiche.

Francesco CICALESE -scienze e tecnologie cosmetiche
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CAFFE’ NELLO SPORT: STRATEGIA, RESISTENZA, IPOALGESIA

CAFFE’ NELLO SPORT: STRATEGIA, RESISTENZA, IPOALGESIA

Diffusa più di quanto si possa immaginare (è presente in oltre sessanta specie di piante), la caffeina (1, 3, 7­trimetilxantina) è una “purina” presente naturalmente nei semi di caffè (Coffea arabica e Coffea canephora o “robusta”), di cacao (Teobroma cacao), di kola (Gola acuminata) e di guarana (Pallinia cubana), oltre che nelle foglie di tè (Theasinensis) e di matè (llex paraguariensis).
Meccanismo d’azione del caffè ed effetti fisiologici e farmacologici
L’attivita del caffe è dovuta essenzialmente alla componente xantinica della caffeina che esercita i suoi effetti inibendo la fosfodiesterasi, promuovendo l’accumulo intracellulare di AMP ciclico e aumentando la permeabilità degli ioni calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico. Fisiologicamente e farmacologicamente la caffeina non si limita solo a stimolare il sistema nervosocentrale dove, com’è noto, migliora l’attenzione e la capacità di essere vigili, ma riduce la sensazione soggettiva della fatica e, quindi, concorre al miglioramento dell’efficienza fisica e mentale (vedi tabella 1 e 2). Lo hanno dimostrato Foskett A. e coil. in uno studio recentissimo, il cui scopo era valutare l’effetto della caffeina sulle performance durante una simulazione di attività calcistica.
Gli autori hanno concluso che l’ingestione di caffeina prima di una simulazione di attività calcistica ha migliorato la precisione di passaggio dei calciatori e le prove di salto senza che ciò andasse a discapito di altri parametri di performance.

Tab. 1 – EFFETTI DELLE PRINCIPALI SOSTANZE XANTINICHE

Stimolazione del Sistema Nervoso Centrale Effetto diuretico Stimolazione cardiovascolare
CAFFEINA INTENSA MODESTO MODESTA
TEOBROMINA MODESTA MEDIO MEDIA
TEOFILLINA MEDIA INTENSO INTENSA

Tab. 2 – EFFETTI FARMACOLOGICI DELLE METILXANTINE SU ALCUNI SISTEMI E ORGANI
SISTEMA/ORGANO EFFETTI DELLA CAFFEINA/TEOFILLINA

SISTEMA/ORGANO EFFETTI DELLA CAFFEINA/TEOFILLINA
Cuore Isotropo/Cronotropo positivo
Vascolarizzazione Dilatazione
Coronarie Dilatazione
Renale Dilatazione
Periferica Costrizione
Centrale Costrizione
Respiratorio Broncodilatazione, Stimolazione della respirazione
Renale Diuresi, Stimolazione del rilascio della renina
Gastrointestinale Stimolazione della secrezione gastrica
Muscolatura Liscia Rilassamento
Asiposo Stimolazione della lipolisi
Piastrinico Inibizione dell’aggregazione
Nervoso Centrale Stimolazione

Caffè: incremento di lavoro muscolare, resistenza e diminuzione del dolore
L’azione ergogenica (aumento della capacità di lavoro) della caffeina dipende da molti fattori (caratteristiche morfologiche del soggetto, consumi abituali della caffeina/assuefazione,composizione della dieta, ecc.) ed è spiegata anche in virtù della sua capacità di favorire la liberazione di acidi grassi liberi dagli adipociti (lipolisi) e, conseguentemente, di aumentare la produzione di glucosio e di risparmiare il glicogeno muscolare, anche
in virtù di un possibile “blocco” dei recettori dell’adenosina delle cellule adipose (effetto lipolitico) e nervose (effetto stimolante).
A tale proposito ne riferiscono Pedersen e collaboratori in un recente lavoro all’interno del quale si sottolinea che, in soggetti allenati,quando le riserve di glicogenomuscolare siano esaurite per effetto di un carico di lavoro intenso, l’assunzione combinata di caffeina (8 mg/kg p.c.) e carboidrati sia in grado di migliorare la risintesi del glicogenomuscolare rispetto a quanto avviene con i soli carboidrati. La caffeina – continuano gli autori – pare aumentare la velocità e/o la potenza in condizioni di corsa simulata. Questi effetti sembrano manifestarsi sia in gare che durano fino a 60 secondi sia in quelle più lunghe (fino a due ore). La somministrazione, 60 minuti prima dell’attività fisica, di 3-9 mg di caffeina per kg di peso corporeo (200-350 mg) sarebbe in grado di favorire le prestazioni atletiche aerobiche attraverso un aumento della disponibilità dei lipidi, un minore ricorso al metabolismo glucidico e l’attivazione del sistema nervoso centrale. E su caffeina e resistenza pubblicano anche Davis JK e Green JM3: “L’effetto della caffeina sulle prove di resistenza è ben documentato. A livello comparativo, tuttavia, risulta che sono state condotte meno ricerche sui potenziale ergogeno delle prove anaerobiche. In alcuni studi, in cui non erano stati dimostrati effetti della caffeina sulle performance, erano stati impiegati soggetti non allenati o si trattava di lavori basati su disegni non funzionali all’osservazione dell’effetto ergogeno Studi recenti condotti su soggetti allenati e sulla base di schemi specifici per l’attivita sportiva intermittente, supportano l’ipotesi che la caffeina eserciti, in una certa misura, un effetto ergogeno in corso di sforzo anaerobico. La caffeina sembra avere un effetto altamente ergogeno in esercizi di velocità di durata compresa tra 60 e 180 secondi. Tuttavia, per altri modelli che valutano l’output di potenza (per esempio il test di Wingate dei 30 secondi) è stato dimostrato un effetto minimo della caffeina sulle performance.
Viceversa, gli studi basati su metodogie specifiche di alcuni sport (per esempio hockey, rugby, calcio) con durata inferiore (per esempio 4-6 secondi) dimostrano che la caffeina risulta ergogenadurante sforzi intermittenti di breve durata. In recenti studi è stato dimostrato che la caffeina agisce sulla forza isometrica massimale, fornendo evidenze preliminari di una maggiore resistenza muscolare della muscolatura degli arti inferiori. Tuttavia, le misurazioni isocinetiche del picco di forza, la ripetizione massima (l-RM) e la resistenza muscolare della muscolatura degli arti inferiori danno risultati meno chiari. Poichè non sono stati condotti molti studi sui training di resistenza, non possono essere tratte conclusioni definitive sull’entità dell’influenza della caffeina sulle performance. In precedenza si riteneva che il meccanismo d’azione della caffeina fosse associato all’incremento dell’ossidazione degli acidi grassi liberi a favore del consumo di glicogeno muscolare indotto dall’adrenalina (epinefrina), il che costituiva la principale ipotesi alla base dell’effetto ergogeno. Sembrerebbe però improbabile che questa teoria possa supportare un miglioramento delle performance anaerobiche, dato che lo sforzo è regolato da vie metaboliche ossigeno-indi pendenti.
Sono perciò stati suggeriti altri meccanismi, come l’incremento della mobilizzazione del calcio e l’inibizione
della fosfodiesterasi. Tuttavia, una normale dosefisiologica di caffeina in vivo non indica che questo meccanismo abbia un ruolo preponderante. E’ stato anche proposto che la caffeina contribuisca all’aumento dell’attività della pompa sodio-potassio che, a sua volta, incrementerebbe lo stimolo alla contrazione. Secondo un’ipotesi più accreditata, invece, la caffeina stimolerebbe il SNC. La caffeina ha un’azione antagonista sui recettori dell’adenosina e inibisce pertanto l’effetto negativo dell’adenosina sulla neurotrasmissione e sull’insorgenza e percezione del dolore. Gli effetti ipoalgesici della caffeina consistono nell’attenuazione della percezione del dolore e nella diminuzione della percezione della fatica sotto sforzo. Ciò potrebbe esercitare un potenziale effetto positivo sulle unità motorie muscolari, con conseguente produzione di una forza muscolare più efficace e intensa.
L’esatto meccanismo alla base dell’azione della caffeina rimane tuttavia ancora da chiarire. Anche Doherty e Coll riferiscono di caffeina e ristenda in un loro studio all’interno del quale si applica un approccio metaanalitico dell’esame deli effetti dell’ingestione di caffeina sull’attribuzione di un punteggio in base a una scala di sforzo percepito (rating of perceid exertion – RPE). I risultati dimostrano che la caffeina riduce il punteggio di RPE sotto sforzo, il che potrebbe in parte spiegarne l’effetto ergogeno sulle performance.
Infine Tarnopolsky conclude che gli effetti ergogeni della caffeina durante l’attività di endurance sono mediti in parte dall’aumento della forza contrattile e in parte dalla riduzione della soglia di fatica percepita, causata probabilmente dalla diminuzione dello sforzo richiesto e/o del dolore.
http//www.caaffemedicina.it

PRINCIPALI EFFETTI POSITIVI DELLA CAFFEINA SULLA PRESTAZIONE SPORTIVA

  • Incremento della vigilanza acustica e visiva: Effetto positivo
  • Incremento dell’attenzione in attività ripetitiva:Effetto positivo
  • Incremento della capacità di eseguire semplici esercizi di calcolo: Effetto positivo
  • Incremento dello stato di allerta: Effetto positivo
  • Riduzione del senso di fatica: Effetto positivo
  • Incremento della stimolazione del Sistema Nervoso Centrale: Effetto negativo/positivo
  • Incremento dellavelocità di reclutamento delle fibre nervose: Effetto positivo
  • Effetti analgesici sul sistema nervoso centrale: Effetto positivo
  • Aumento della gittata cardiaca e del flusso coronarico: Effetto positivo
  • Aumento della termogenesi: Effetto positivo
  • Aumeto produzione succhi gastrici: Effetto negativo/positivo
  • Maggiore rilassamento della muscolatura bronchiale (broncodilatazione): Effetto positivo
  • Aumento della glicogenolisi e della lipolisi: Effetto positivo
  • Incremento dell’utilizzazione degli acidi gassi e risparmio del glicogeno: Effetto positivo
  • Possibile incremento della disponibilità di substrati energetici: Effetto positivo

La caffeina non è una sostanza dobbante – Che caffeina e bevande contenenti caffeina vengano citati quando si parla di sportivi, non è strano perché il “rapporto” tra caffeina e sport è stato – in passato – molto dibattuto e ancora oggi molto ne ignorano le conclusioni Fino al 2003, infatti, la caffeina figurava tra le “sostanze soggette a limitazione d’uso” all’interno dell’elenco delle sostanze dopanti del Comitato olimpico Internazionale (CIO) e dell’agenzia Mondiale Anti Doping (WADA, World Anti Doping Agency). Qui la caffeina era classificata tra le sostanze stimolanti e se ne stabiliva il limite massimo tollerato per millimetro d’urina in 12 microgrammi. Un limite davvero difficile da raggiungere salvo che non si assumano quantitativi elevati di caffeina (superiori a 7mg/kg peso corporeo), improbabili se riferiti ad un consumo normale di caffè, il cui ci suggerimento giornaliero è di 300 mg (dalle 3 alle 5 tazzine di caffè espresso a secondo che si tratti di qualità robusta o arabica).
La WADA, nel 2004, insrì la caffeina tra le sostanze sottoposte ad un “programma di monitoraggio” e oggi, fortumìnatamente per gli amanti della bevanda nazionale, il caffè non è più sottoprocesso e anche gli sportivi possono goderne i benefici effetti.

LA CELIACHIA

 
La dieta senza glutine, condotta con rigore, è quindi l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Ma la completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare, in quanto i cereali non permessi ai celiaci si ritrovano in moltissimi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine e spesso presente nei processi di lavorazione dell’industria alimentare.II glutine è un complesso proteico. La prolamina è una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine ed è la responsabile dell’effetto tossico per il celiaco.
La prolamina del frumento viene denominata gliadina, mentre proteine simili, con il medesimo effetto sui celiaco, si trovano anche in orzo, segale, farro, spelta, kamut, triticale ed avena.
Un alimento, per poter essere definita “senza glutine” non deve contenere più di 20 ppm (20 mg/Kg) di glutine. Tale limite, da sempre sostenuto da AIC e dal Ministero della Salute italiano, è stato recentemente accolto anche dal Codex Alimentarius deIl’ONU, la massima autorità mondiale in tema di sicurezza degli alimenti, e ribadito dalla Commissione Europea, tramite il Regolamento 41/2009.
Particolare attenzione va posta nel consumo di prodotti trasformati (sia prodotti confezionati, come gelati, salumi, ecc., sia piatti e prodotti della ristorazione) che possono contenere glutine non solo come ingrediente (che comunque Ie norme sull’etichettatura alimentare impongono di evidenziare in etichetta), ma anche per contaminazione crociata (tra alimenti diversi) o ambientale (ad esempio per la produzione in ambienti dove si lavorano anche sfarinati), per cui non è obbligatorio riportare avvertimento sulle etichette dei prodotti. Per aiutare i celiaci nella scelta di alimenti sicuri per la propria dieta, I’AIC realizza ogni anno un elenco di prodotti confezionati garantiti “senza glutine” dalle aziende il Prontuario degli Alimenti e ha realizzato un progetto di formazione e monitoraggio di esercizi della ristorazione e ricettivi (network Alimentazione Fuori Casa AIC) che offrono pasti senza glutine per i celiaci.
In particolare oltre al progetto Prontuario, AIC da una decina di anni concede il marchio Spiga Barrata, ad ulteriore e massima garanzia di sicurezza per il celiaco.L’ ABC della dieta del celiaco
La completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare in quanto i cereali non permessi ai celiaci si ritrovano in moltissimi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine è spesso presente nei processi di lavorazione dell’industria alimentare.
Le Associazioni dei pazienti celiaci hanno quindi redatto apposite liste suddividendo Ie categorie di alimenti in: alimenti “permessi” (sempre idonei al celiaco, di qualsiasi marca o produttore), alimenti “vietati” (che il celiaco non deve mai consumare), alimenti “a rischio” per cui è necessario verificare caso per caso ingredientistica e processo produttivo per poter escludere la presenza di glutine.
La definizione di queste liste è basata su valutazioni dell’ingredientistica e dei processi produttivi, svolte in collaborazione con aziende, esperti del settore, associazioni di categoria, e sulla normativa specifica di settore. Nel processo di valutazione del rischio, infatti, iI prodotto alimentare va inteso nella sua totalità come costituito non solo dall’ingredientistica, ma anche dai processi e dai trattamenti che ha subito e dal sistema di gestione e controlli cui e sottoposto.
Per le categorie di alimenti “a rischio” AIC pubblica ogni anno iI Prontuario AIC degli Alimenti, che riporta categoria per categoria (gelati, salumi, salse, ecc) quei prodotti che Ie aziende garantiscono come “gluten free” con la consulenza e supervisione dell’AIC.

Alimenti permessi: alimenti che possono essere consumati liberamente, in quanto naturalmente senza glutine o appartenenti a categorie alimentari non a rischio per i celiaci, poichè nel corso del loro processo produttivo non sussiste rischio di contaminazione crociata.
I prodotti naturalmente senza glutine sono gli alimenti che non contengono glutine e non sono stati trasformati, es. riso, mais, carne, pesce, latte, uova, legumi (piselli, fagioli, ceci, soia ecc.), verdura, frutta, utilizzati tal quali I semilavorati o derivati divengono prodotti alimentari a rischio di contaminazione, esempi: farina di riso e mais, latte in polvere: a questi, tra gli alimenti “permessi” si aggiungono quegli alimenti appartenenti a categorie alimentari non a rischio per i celiaci, poichè nel corso del loro processo produttivo non sussiste rischio di contaminazione crociata o ambientale (es. formaggi tradizionali, tonno in scatola o passata di pomodoro).
Questi prodotti non sono inseriti nel Prontuario AIC degli Alimenti.

Alimenti a rischio?: alimenti che potrebbero contenere glutine in quantità superiore ai 20 ppm o a rischio di contaminazione e per i quali è necessario conoscere e controllare I’ingredientistica ed i processi di lavorazione (gelati, salumi, piatti pronti, sughi pronti, salse, caramelle, ecc.). Per poter avere dei prodotti idonei al consumo dei celiaci è necessario che Ie aziende produttrici applichino un corretto piano di controllo delle materie prime e del prodotto finito; inoltre occorre monitorare costantemente il processo produttivo, gli ambienti di lavoro, le attrezzature, gli impianti e gli operatori.
Tutto questa diventa ancora più importante se si considera che posso no verificarsi, durante Ie produzioni, pericolosi fenomeni di contaminazione crociata da glutine. Così, estremizzando, può accadere (soprattutto per alcune categorie di prodotti come gli sfarinati) che da un ingrediente naturalmente privo di glutine (ad esempio i chicchi di riso) si ottenga un prodotto finito (amidi, farine, fecoIe, ecc.) contaminato. Se, ad esempio, nel medesimo molino viene lavorata anche del frumento o un altro cereale proibito, sussiste un forte rischio di contaminazione dei prodotti finiti, per presenza di glutine negli ambienti di lavoro e nei sistemi di trasporto utilizzati.
Per questa motivo alcuni prodotti, anche se preparati o derivati con ingredienti naturalmente privi di glutine, sono considerati alimenti a rischio e quindi sono inseriti nel Prontuario AIC degli Alimenti.

Alimenti vietati: alimenti che contengono glutine e pertanto non sono idonei ai celiaci. Tali alimenti,ovviamente, non sono inseriti nel Prontuario: pane, pasta, pizza, biscotti e prodotti da forno dolci e salati convenzionali.

I prodotti dietetici senza glutine:
sono i cosiddetti “sostitutivi”, alternative di alimenti che contengono il glutine come ingrediente caratterizzante. In pratica, sono gli alimenti alternativi o sostitutivi di quelli “vietati”: pane senza glutine, pasta senza glutine, pizza senza glutine, biscotti e prodotti da forno dolci e salati senza glutine. Questi prodotti sono alimenti dietetici che rientrano in una particolare normativa che comporta specifiche autorizzazioni alla produzione ed alla vendita da parte del Ministero della Salute.
I prodotti dietetici senza glutine sono gli unici che rientrano nel regime di erogazione gratuita da parte del Sistema Sanitario Nazionale.

LA CELIACHIA A TAVOLA
Attualmente il mercato della ristorazione e delle gelaterie presenta un’offerta limitata per i celiaci a causa di una scarsa informazione rispetto alla diffusione della patologia.
Se si pensa che i celiaci sono circa 1’1% della popolazione (almeno 500.000 in Italia) si comprende come non solo manchino ancora tante diagnosi (ad oggi sono stati diagnosticati circa 85.000 soggetti), ma anche che una corretta conoscenza delle problematiche ad essa connesse, in particolar modo relative alla dieta senza glutine, da parte di tutti gli operatori del settore ristorativo, possa contribuire a ridurre notevolmente il disagio sociale che il celiaco vive quotidianamente offrendo parallelamente un’occasione di ampliamento della propria clientela.
La celiachia rappresenta quindi per la ristorazione:
* una sfida,
* un valore commerciale,
* ma anche un forte impegno etico e anche di deontologia professionale nel volersi impegnare a soddisfare Ie esigenze di tutti i propri potenziali clienti .

La dieta senza glutine
La completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare, in quanto i cereali non permessi ai celiaci si ritrovano in moltissimi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine è spesso presente nei processi di lavorazione dell’industria alimentare.
AIC distingue quindi tra:
* alimenti che possono essere consumati liberamente, in quanta naturalmente privi di glutine (frutta e verdura tal quali, carne e pesce non lavorati, cereali in chicchi, ecc.) o appartenenti a categorie alimentari non a rischio per i celiaci, poichè nel corso del loro processo produttivo non sussiste rischio di contaminazione crociata.
* alimenti che potrebbero con tenere glutine in quantità superiore ai 20 ppm o a rischio di contaminazione e per i quali e necessario conoscere e controllare l’ingredientistica ed i processi di lavorazione (alcuni esempi: salumi, gelati, salse, sughi pronti, farine)**.
* alimenti vietati: alimenti che contengono glutine e pertanto non sono idonei ai celiaci (pasta, pane, pizza e tutti i prodotti da forno che convenzionalmente contengono glutine).

** Per offrire supporto nell’identificazione dei prodotti idonei alla dieta senza glutine ai propri associati ed agli operatori della ristorazione interessati ad offrire il proprio servizio anche ai celiaci. AIC ha da anni messo in atto due importanti progetti di controllo e promozione dei prodotti idonei alla dieta senza glutine: il progetto Marchi Spiga Barrata e il prontuario degli Alimenti

Per poter offrire un pasto, una pizza o un gelato senza glutine non è però sufficiente utilizzare gli ingredienti “giusti”, ma è necessario prestare particolare attenzione nell’evitare la contaminazione degli ingredienti o dei piatti senza glutine. La concentrazione massima di glutine oltre la quale un alimento diventa tossico per il celiaco è infatti 20 mg/Kg (20 ppm: parti per milione). Questo significa che anche una briciola di pane convenzionale può bastare a contaminare un piatto senza glutine. Particolari accortezze andranno quindi poste in tutte le fasi di produzione dei pasti gluten free: dalla selezione degli ingredienti, al loro stoccaggio, dalla preparazione dei pasti, alla loro somministrazione, ponendo particolare attenzione alla formazione del personale non solo addetto alla preparazione dei pasti, ma anche al servizio di sala.

I PROGETTI AIC
Il marchio Spiga Barrata
II marchio Spiga Barrata, di proprietà dell’AIC (registrato nel 1995), è costituito da un disegno di fantasia richiamante una spiga di grano tagliata da un segmento ed è per il consumatore celiaco simbolo di identificazione immediata di sicurezza ed idoneità alla propria dieta.
II marchio Spiga Barrata viene rilasciato da AIC secondo una procedura analoga alla certificazione di prodotto agro-alimentare in riferimento ai requisiti riportati nel Disciplinare per la concessione del marchio Spiga Barrata.
Oltre ai prodotti dietetici per celiaci, anche tutti i prodotti del libero commercio che possano essere garantiti con un contenuto di glutine < 20 ppm possono riportare il marchio Spiga Barrata.

I requisiti di concessione
II Disciplinare AIC per la concessione del marchio Spiga Barrata riporta una serie di criteri che vanno soddisfatti per poter ottenere la concessione d’uso del simbolo. Questi criteri riguardano sia I’ingredientistica sia i processi produttivi e e procedure di qualifica dei fornitori, di controllo delle materie prime, di addestramento del personale e di pulizia/sanificazione. II piano di autocontrollo deve comprendere “analisi di rischio relativamente al pericolo di presenza accidentale di glutine nel prodotto finito. Una prima visita ispettiva di concessione e, poi, visite annuali di sorveglianza, vengono svolte da personale specializzato presso i siti produttivi dell’azienda.
II marchio Spiga Barrata e ad oggi riportato sull’etichetta di sempre più numerosi prodotti alimentari e rientra in un insieme più vasto di progetti che AIC ha attivato per favorire una sempre migliore qualità della vita dei soggetti celiaci e delle loro famiglie.

Rassicurazione positiva per iI consumatore
Per il consumatore celiaco, il marchio Spiga Barrata rappresenta un indicatore decisivo e di impatto immediato di sicurezza ed idoneità del prodotto alla propria dieta. In particolare, il simbolo della Spiga Barrata diventa importante qualora ci sia il bisogno di veicolare I’informazione ‘positiva’ che un prodotto è senza glutine. In altre parole, e I’opposto dell’etichettatura degli allergeni, per cui gli alimenti contenenti glutine devono evidenziare tale ingrediente in etichetta, con un valore ‘negativo’ per il celiaco che non può consumare il prodotto.

Come si può utilizzare iI Marchio?
II simbolo è concesso da AIC in concessione d’uso non esclusiva normalmente per tre anni, rinnovabile ad ogni scadenza per il triennio successivo. Una volta ottenuta la concessione, il simbolo potrà essere utilizzato sui packaging e su pubblicazioni/pubblicità inerenti i prodotti certificati. Tutti i prodotti a marchio Spiga Barrata vengono pubblicati sui nostro sito, alla pagina: http://www.celiachia.it/dieta/marchio/aziende-prodotti.aspx, sul Prontuario AIC degli Alimenti e su Celiachia Notizie, house organ quadrimestrale di AIC, distribuito a tutti i nostri più di 56.000 associati.

Quali Aziende possono aderire al progetto?
Oltre ai prodotti dietetici per celiaci, anche tutti i prodotti del libero commercio che possano essere garantiti con un contenuto di glutine < 20 ppm possono riportare il marchio Spiga Barrata. Questo significa che ad essi potrà accedere non solo iI celiaco, ma tutta la famiglia, con la creazione di un indotto non indifferente di potenziali consumatori di prodotti a marchio Spiga Barrata.
Tutti i prodotti a Marchio Spiga Barrata, inoltre, vengono automaticamente inseriti nel Prontuario AIC degli Alimenti.

Sostenere AIC nel migliorare iI servizio offerto ai celiaci
Alle aziende aderenti al progetto viene richiesto un contributo economico sulla base del numero di prodotti e di stabilimenti produttivi. Questo contributo è essenziale, oltre che per coprire i costi interni di AIC relativi a questo progetto, per il finanziamento di tutti gli altri progetti che AIC quotidianamente segue per migliorare la qualità di vita dei celiaci, per sensibilizzare
società ed istituzioni ed aumentare il numero di diagnosi. Questo significa un sostegno diretto alla nostra Associazione e un grande valore aggiunto in termini di immagine per Ie Aziende.

II Prontuario AIC degli Alimenti
E’ una pubblicazione edita con frequenza annuale che raccoglie, a seguito di valutazione, anche quei prodotti che, seppur non pensati specificamente per una dieta particolare, risultano comunque idonei al consumo da parte del soggetto celiaco.
L’edizione corrente vanta 400 Aziende operanti in tutte Ie aree del mercato alimentare, presenti con più di 10.000 prodotti reperibili sui mercato e viene stampata in circa 90.000 copie.
Le aziende produttrici che aderiscono e concorrono con le loro risposte alla stesura dell’elenco, dichiarano I’idoneità dei loro prodotti ad essere consumati anche dai celiaci (in quanto il glutine eventualmente presente è sempre inferiore a 20 ppm) e ciò tenendo conto non solo degli ingredienti, ma anche delle possibili contaminazioni durante tutte Ie fasi di produzione (stoccaggio, lavorazione, confezionamento, ecc.). AI Prontuario AIC possono aderire tutte Ie aziende produttrici o distributrici a proprio marchio di prodotti del libero commercio idonei per iI celiaco, oltre che le aziende di prodotti dietetici senza glutine

Come si può aderire al Prontuario?
Le aziende devono compilare e sottoscrivere per ogni singolo prodotto un questionario, appositamente predisposto dall’AIC, nel quale forniscono informazioni non solo su tutti gli ingredienti, ma anche sulle possibili contaminazioni durante tutte Ie fasi di produzione. Le schede sono poi controllate e valutate dal Team AIC Prontuario, composto da specialisti nel campo della sicurezza alimentare. Vengono poi effettuate analisi a campione di quantificazione del glutine sui prodotti.

Maggior visibilità
II progetto Prontuario AIC degli Alimenti offre grande visibilità alle Aziende. Viene, infatti, distribuito, con una tiratura di circa 100.000 copie a: soci AIC (più di 56.000), medici, dietisti, farmacisti, ristoranti, pizzerie, alberghi, Bed & Breakfast, gelaterie, servizi di ristorazione collettiva, aziende alimentari e della GDO.
E’ inoltre presente una versione on-line: http://www.celiachia.it/dieta/prontuario/prontuario-online.aspx
ed una versione per mobile phone (palmare): http://www.celiachia.it/dieta/prontuario/prontuario-mobile.aspx

Quali Aziende possono aderire al progetto
AI Prontuario AIC possono aderire anche tutte Ie aziende produttrici o distributrici a proprio marchio di prodotti del libero commercio idonei per il celiaco. Questo significa che ad essi potrà accedere non solo iI celiaco, ma tutta la famiglia.

II progetto
Alimentazione Fuori Casa AIC
II Progetto Alimentazione Fuori Casa AIC nasce dall’esigenza di creare una catena di esercizi informati sulla celiachia che potessero offrire un servizio idoneo alle esigenze alimentari dei celiaci.
II Progetto Ristorazione (Ristoranti, Pizzerie, Trattorie, Osterie, Alberghi, Hotel, Summer Camp, Case vacanze, Bar/Tavola Calda, Paninoteche, Pub, Creperie, Enoteche, Catering, Sale Ricevimenti) prevede un corso base sulla celiachia e sull’alimentazione senza glutine corredato dal rilascio di materiale didattico. II corso comprende una parte teorica, durante la quale si acquisiscono conoscenze sull’aspetto medico della celiachia, su come riconoscere gli alimenti “permessi”, “vietati” e “a rischio” e sulle procedure per la preparazione di un prodotto idoneo al celiaco, ed una parte pratica, che illustra Ie caratteristiche tecnologiche dei prodotti base senza glutine, come farine e pasta; un completamento formative che avviene tramite successivi incontri presso I’esercizio, dove I’AIC offre la propria consulenza, ad esempio nella definizione del menu o per identificare Ie modalità di stoccaggio e Ie aree dove preparare i pasti gluten free;
controlli periodici da parte di AIC; utilizzo esclusivo di prodotti naturalmente senza glutine, dietetici con notifica ministeriale, inseriti nel Registro Nazionale degli Alimenti senza glutine del Ministero della Salute e/o prodotti presenti nel Prontuario degli Alimenti AIC, edizione corrente
e si formalizza nell’impegno da parte del ristoratore/esercente a garantire la NON contaminazione da glutine del processo di lavorazione sino:
- al servizio a tavola della pietanza (Progetto Ristorazione)
- alla distribuzione del gelato (Progetto Gelaterie)
- al servizio a tavola della colazione
(Progetto B&B, Hotel e Bar)
Del Progetto AFC fanno parte anche:
Progetto Gelaterie
Progetto Colazione
Progetto B&B
Progetto Barca a Vela
Progetti Speciali (Alimentazione in Viaggio, Crociere, Grom Gelaterie, Vending).

IL REGISTRO NAZIONALE DEI PRODOTTI DIETETICI SENZA GLUTINE DEL MINISTERO DELLA SALUTE
I prodotti dietetici notificati sono elencati sul Registro nazionale del Ministeo della Salute concernente l’Assistenza sanitaria integrativa relativa ai prodotti esinati ad una alimentazione paricolare. Tutti i prodiìotti dietetici senza glutine inseriti nel Registro Nazionale degli Alimenti per celiachi sono erogabili gratuitamente ai celiaci dal SSN.
AIC Associazione Italiana ceiachia
La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e criticale.
L’incidenza di questa intolleranza è stimata in un soggetto ogni 100 persone.
I celiaci in Italia potenzialmente sarebbero quindi 500mila circa, ma ne so no stati diagnosticati intorno agli 85 mila. Ogni anno vengono effettuate cinque mila nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10%.Sintomi e complicanze
Nel soggetto geneticamente predisposto l’introduzione di alimenti contenenti glutine, quali, pasta, pane, biscotti o anche tracce di farina ricavata da cereali vietati, determina una risposta immunitaria abnorme a livello dell’intestino, cui consegue una infiammazione cronica con scomparsa dei villi intestinali.
Molto diverse possono essere quindi le manifestazioni della celiachia.
I sintomi intestinali sono comuni in bambini che ricevono diagnosi di celiachia nei primi due anni di vita; i più frequenti sono: arresto di crescita, diarrea cronica, vomito, distensione addominale, debolezza muscolare, anoressia e irritabilità.
Tuttavia, con l’aumento dell’età di presentazione della malattia, e con l’ampio uso di screening, sono stati sempre più frequentemente riconosciuti sintomi di esordio extraintestinali, che possono coinvolgere quasi tutti gli organi, anche in assenza di sintomatologia intestinale: osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, anemia sideropenica, ipoplasia, dello smalto dentario, diabete mellito, tiroide autoimmune, alopecia, epilessia con calcificazioni cerebrali e il linfoma intestinale.La Diagnosi
La diagnosi di celiachia si effettua mediante dosaggi sierologici: gli AGA (anticorpi antigliandina di classe IgA e IgG). Gli EMA (anticorpi antiendomisio di classe IgA). Recentemente è stato messo a punto un nuovo test per il dosaggio di anticorpi di clarisse IgA, gli Anti-transglutaminasi.
Per la diagnosi definitiva di celiachia è però indispensabile una biopsia dell’intestino tenue con prelievo di u frammento di tessuto, dall’esame istologico del quale è possibile determinare l’atrofia dei villi intestinali.

La Terapia
Il glutine è un complesso proteico La prolamina è una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine ed è la responsabile dell’effetto tossico per il celiaco.
La prolamina del frumento viene denominata gliandina, mentre proteine simili, con il medesimo effetto sul celiaco, si trovano anche in orzo, segale, farro, spelta, kamut, triticale ed avena.
Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dal proprio regime alimentare alcuni alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza , ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazone alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può procurare seri danni.
La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute.
Un alimento si definisce “senza glutine” se ha un contenuto di glutine inferiore a 20ppm (20mg/kg).
Tale limite, da sempre sostenuto da AIC e dal ministero della Salute Italiano, è stato recentemente accolto anche dal Codex Alimetarius dell’ONU, la massima autorità mondiale in tema di sicurezza degli alimenti e ribadito dalla Commissione Europea, tramite il Regolamento 41/2009.
Particolare attenzione va posta nel consumo dei prodotti trasformati (sia prodotti confezionati, come gelati, salumi, ecc.. sia piatti e prodotti della ristorazione) che possono contenere glutine non solo come ingrediente (che comunque le norme sull’etichetta alimentare impongono di evidenziare in etichetta), ma anche per contaminazione crociata (tra alimenti diversi) o ambientale (ad esempio per la produzione in ambienti dove si lavorano anche sfarinati), per cui non è obbligatorio riportare avvertimento sulle etichette dei prodotti. Per aiutare i celiachi nella scelta di alimenti sicuri per la propria dieta, l’AIC realizza ogni anno un elenco di prodotti confezionati garantiti ”senza glutine” dalle aziende: il Prontuario AIC degli alimenti, e ha realizzato un progetto di formazione e monitoraggio di esercizi della ristorazione e ricettivi (network Alimentazioni Fuori Casa AIC) che garantiscono pasti senza glutine.

ASSOCIAZIONE ITALIANA CELIACHIA
sito: www.celiachia.it
e-mail: segreteria@celiachia.it
NUMERO VERDE 8004546216
AIC

L’Associazione Italiana Celiachia è l’unica rappresentante dei celiaci italiani a livello nazionale con i suoi più di 56.000 associati e 30 anni di attività a difesa e tutela dei celiaci. E’ nata, infatti, nel 1979, e ha Ie seguenti finalità:
* promuovere I’assistenza ai celiaci, agli affetti da dermatite erpetiforme e alle loro famiglie sui problemi dietetici e psicologi;
* informare la classe medica e para­medica sulle possibilità diagnostiche e terapeutiche;
* studiare. in stretta collaborazione con la Società Italiana di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica (SIGENP) e la Società Italiana di Gastroenterologia (SIGE), i problemi dei celiaci;
* stimolare la ricerca scientifica in tre direzioni: genetica, immunologica e clinica, mantenendo i rapporti con associazioni mediche e paramediche nazionali ed internazionali;
* sensibilizzare Ie strutture politiche, amministrative e sanitarie;
* stabilire contatti con organizzazioni e istituzioni aventi analoghi scopi e programmi.

L’Associazione Italiana Celiachia è una Federazione di 19 Associazioni Regionali.
La Sede Nazionale si trova a Genova
via Caffaro 68 a/r
tel. 010.2510016
fax 010.2721615
ASSOCIAZIONI REGIONALI ITALIANE
AIC ABRUZZO MOLISE
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Tel/fax 085 4454650
e-mail: aicabruzzo@inwind.itAIC ALTO ADIGE
Via Galilei 4/a Bolzano
Tet/fax 0471 051626
e.mail: info@aic.bz.itAIC BASILICATA
C/o Rocco La guardia – Via R..Scotellaro, 8-Potenza
Tel 338 8262561 fax 0971 51619
e-mail: segreteria@aicbasilica.it
info@aicbasilicata.it

AIC CALABRIA
Via S. Agata, 72 Paola (CS)
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Tel/fax 02 867820
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Via Scrivia, 29 Ancona\
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AIC SICILIA
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AIC TOSCANA
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AIC TRENTINO
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Tel/fax 0461 391553
e-mail: trentino@celiachia.ot

AIC UMBRIA
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AIC VENETO
Via Barroccio del Borgo, 8 Padova
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Pubblicazione marzo 2010