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LA DAY-SURGERY & PATOLOGIE DEL PIEDE

Intanto passavano i giorni; il paziente viveva con l’ansia dell’intervento; il ricovero indeboliva il suo fisico; la noia accentuava la sua ansia e, per passare il tempo, aiutava il personale paramedico a piegare le garze da sterilizzare e mentre piegava pensava che forse una di quelle garze sarebbe stata utilizzata per il suo intervento … si, ma quando?

Arrivava finalmente il giorno fatidico … anestesia … intervento … ritorno in corsia ore buie, spesso molta nausea e conati di vomito. “Finalmente è passato il peggio”.
Questo pensiero era solamente una speranza, un sogno del povero paziente: seguivano giorni forse ancora più terribili di quelli passati nell’attesa dell’operazione.
Giorni di immobilità sotto le coperte e sopra un materasso che, coperto da una tela cerata diventava una graticola, ma lui non doveva muoversi, altrimenti sarebbero potute intervenire complicazioni serie e, perché no, irreparabili.
Per fortuna tutto questo appartiene al passato, anche se non troppo lontano. La realtà chirurgica si è velocemente trasformata e quest’evoluzione è un fatto estremamente positivo sia per il paziente sia per la Sanità.
Molti interventi oggi si effettuano in regime ambulatoriale o di Day Surgery, in altre parole ricovero, intervento e dimissione in giornata. Per quanto riguarda il campo specifico della chirurgia del piede il progresso medico è stato veramente incredibile.
Tutti colleghiamo l’immagine dell’Ortopedia, della Chirurgia ortopedica, della chirurgia del piede in particolare a quella di un apparecchio gessato, di un’ immobilizzazione a letto di giorni e giorni, di degenze lunghissime … BASTA!!!!! ABBIAMO GIRATO PAGINA!!!
Patologie quali l’alluce valgo, le dita a martello, le sindromi neurologiche periferiche ecc. oggi sono risolte sempre chirurgicamente, ma con ricoveri giornalieri o addirittura ambulatoriamente.
La filosofia di ieri ci imponeva ad esempio dopo un intervento al piede, l’applicazione di apparecchi gessati e il divieto di carico per diversi giorni.
Questo significava costrizioni e complicazioni: l’apparecchio gessato infatti spesso doveva essere aperto perché l’arto operato, gonfiando, era compresso con conseguente dolore violento e poteva anche verificarsi una compressione di nervi con complicazioni ancora peggiori. L’immobilità, poi, in caso di insufficienza venosa poteva causare, al momento in cui si permetteva al paziente di alzarsi, la mobilizzazione di trombi causa, a volte, di embolia e di decesso!!!!!
La filosofia odierna ci invita a non ingessare praticamente più, a far alzare al più presto il paziente. Non sono favole; oggi la chirurgia del piede per quanto riguarda l’alluce valgo, le dita a martello, le sindromi di Morton non prevede allettamento o costrizione in gesso. Pensate che il paziente operato di alluce valgo può essere dimesso ed iniziare a camminare dopo 24 ore dall’intervento, mentre interventi minori come correzione di dita a martello o rimozione di neurinomi possono addirittura lasciare la struttura non appena cessato l’effetto dell’anestesia, vale a dire all’incirca dopo due, tre ore, ma camminando autonomamente e senza l’uso di apparecchi gessati.
Questa inversione di rotta nella chirurgia ortopedica ci offre una miriade di vantaggi sia per il paziente sia per il Servizio Sanitario.
Come ho scherzosamente descritto in apertura di articolo, il paziente ha i seguenti vantaggi: l’intervento viene programmato, vengono eseguiti gli esami preoperatori che vengono controllati dall’anestesista che visiterà e addormenterà. Il paziente, il ricovero avviene il mattino stesso dell’intervento. II pomeriggio stesso si procede alla dimissione (al massimo questa può essere programmata per la mattina successiva).
Quanto stress in meno per il paziente, che in questo modo può anche sperare in liste di attesa più snelle, non è umiliato da lunghe permanenze in reparto, si sente meno malato ed ha un recupero psicofisico molto più veloce.
Non dimentichiamo, poi che questo permette anche minori costi sanitari con strutture più snelle e quindi un’ottimizzazione nell ‘utilizzo delle risorse strutturali ed umane.

Luigi GREMESE
Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Genova
Pubblicazione del 2004

IL MONITORAGGIO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA

E’ già da tempo nota a tutti, inoltre, la cosidetta “Ipertensione da camice bianco” (White coat hypertension), tipica reazione d’allarme provocata dalla visita medica, che comporta una elevazione improvvisa e spesso importante della pressione arteriosa in un grande numero di pazienti (falsi positivi).

D’altra parte l’automisurazione effettuata a domicilio dallo stesso paziente o dai familiari, anche se permette la rilevazione d un numero maggiore di valori pressori, può essere influenzata da numeriosi variabili (validità dell’apparecchiatura, errori di lettura da parte dell’osservatore, innalzamento della pressione arteriosa dovuto dallo sforzo per la misurazione con gli apparecchi che comportano il pompaggio a mano dell’aria del manicotto, ecc) che limitano l’affidabilità della misurazione stessa.
Il monitoraggio ambutoriale della pessione arteriosa (ABPM – Ambulatory Blood Pressure Monitoring) viene impiegato sempre più frequentemente nello studio clinico dei pazienti ipertesi; rappresenta una metodica affidabile, di notevole praticità e comodità d’uso, dotata di ottima precisione per la valutazione del profilo pressorio delle 24 ore.
L’evoluzione tecnologica ha consentito di minimizzare gli apparecchi di monitoraggio fino a quelli più recenti del peso di pochi grammi (300-400 circa), dotati di una memoria solida, possono archiviare un elevato numero di misurazioni che, mediante opportuni sistemi di informatizzazione vengono analizzate nei dettagli e rappresentate in forma grafica.
L’apparecchiatura consiste in un manicotto che viene applicato al braccio del paziente e collegato mediante tubi di gomma ad una pompa elettrica alimentata da quattro piccole batterie da 1,5 volt che, ad intervalli regolari e programmabili, immette aria nel manicotto gonfiandolo e sgonfiandolo progressivamente, come avviene per una misurazone della pressione arteriosa effettuata con un normale sfigmomanometro a mercurio o aneroide.
Gli intervalli di misurazone attalmente più usati sono 10-15-20 minuti di giorno e 30-60minuti durante il riposo notturno, in modo da consentire al paziente una attività simile a quella svolta quotidianamente.
L’inizio di ogni singola registrazione automatica viene effettuato mediante un lieve segnale acustico a cui fa seguito, dopo circa cinque secondi, il gonfiaggio del manicotto fino a valori ottimali; la fine della registrazione, preceduto dallo sgonfiamento lento e progressivo dell’aria dal manicotto, viene segnalata da analogo segnale acustico.
Per consentire un sonno fisiologico al paziente, il segnale acustico durante il riposo notturno viene eliminato.
La durata dell’esame è contenuta nelle 24 ore; registrazioni più prolngate, anche se possibili, possono compromettere l’accettabilità della prova.
Il paziente viene dotato di un diario su cui può annotare diversi dati: attività svolte, sintomi avvertiti, stress psicologici, eventuali assunzioni di farmaci, posizione del corpo (seduto, all’impiedi, sdraiato a letto) e qualunque altro dato egli ritenga utile segnalare ai fini di una corretta valtuzione della pressione arteriosa.
Inoltre l’apparecchatura è dotata di un pulsante che consente una o più misurazioni istantanee della pressione nel momento desiderato, oltre i normali intervalli di registrazione programmati.
E’ facile, a tal punto , intuire l’enorme utilità ed i vantaggi del monitoraggio ambutoriale della pressione arteriosa nelle 24 ore:
- diagnosi corretta dei diversi casi e gradi di ipertensione arteriosa;
- valutazione di eventuale terapia antipertensiva (resistenza al farmaco, efficacia dello stesso, necessità di sostituzione di esso di associazione di farmaci);
- valutazione della pressione arteriosa notturna, che normalmente deve essere più bassa di quella diurna sia nei valori di sistolica (massima) che distolica (minima);
- rilevazione delle pericolose crisi ipertensive;
- diagnosi , inoltre , anche di ipotensione sintomatica ed eventale terapia;
- riproducibilità dell’esame data la sua assoluta innocuità e comodità d’impiego;
- e, infine, fatto non secondario in tempi di economia sanitaria, di poco costo per il paziente.

Dott. Carlo Mantuano
Spcialista in Cardiologia
c/o Centro Medico Genovese
Pubblicazine Gennao 1996

ANEURISMI NELLA TERZA ETA’

Non viene così naturale quindi immaginare una malattia che colpisce le arterie aumentando il diametro in determinati segmenti oppure in modo quasi generalizzato. Soprattutto non è così immediato percepire la gravità di una malattia le cui complicanze possono essere disastrose.

Anche le vene e il cuore possono presentare dilatazioni circoscritte ma in questo articolo verarnno solo trattati i casi che colpiscono le arterie.

 ANEURISMA

L’aneurisma è una dilatazione localizzata, abnorme e permanente di un’arteria, dove le pareti del vaso abbiano perso il loro naturale parallelismo. In particolare si può parlare di aneurisma nel caso di un’arteria che presenti una dilatazione localizzata il cui diametro superi almeno della metà il valore del diametro di settori normali. Se l’aorta addominale di un soggetto presenta un diametro di 2cm. un settore dilatato si dice aneurismatico se il rispettivo diametro supera i 3cm. Dilatazioni di calibro minore sono dette “ectasie”.

ANATOMIA E FISIOLOGIA
Le arterie sono condotti dotati normalmente di pareti robuste in grado di resistere alle pressioni generate dalla pompa cardiaca. Sono costituite da 3 strati (“tonache”) sovrapposti. La più interna si chiama “intima” ed è a diretto contatto con il sangue, la più esterna si chiama “avventizia” ed aderisce ai tessuti e agli organi vicini alle arterie. Lo strato principale delle arterie di grosso e medio calibro è la tonaca “media” che è formata da fibre elastiche e cellule muscolari lisce. Grazie alle proprietà elastiche di questo strato, l’arteria si distende sotto l’impulso di ogni battito cardiaco, e riprende poi il suo calibro iniziale contribuendo così alla progressione e alla velocità del sangue ricco in ossigeno che scorre verso le cellule di tutti gli organi.
Se nella parete arteriosa si verifica uno sfiancamento, un cedimento delle caratteristiche elastiche, la pressione vigente all’interno del condotto tenderà ad aumentarne il diametro.
E’ la stessa cosa che si verifica nelle camere d’aria dei pneumatici difettosi o troppo compressi. Un settore del condotto tende a rigonfiarsi in modo più vistoso (adesso abbiamo imparato che si potrebbe dire “aneurismatico”). Quando questo fenomeno si verifica basta un piccolo aumento di pressione per aumentare sempre di più il diametro del settore bozzoluto, dove la parete si assottiglia sempre più, fino all’inevitabile scoppio.
Esistono delle leggi fisiche poste alla base di questi eventi, come ad esempio la legge di Laplace, o il teorema di Bernoulli che fanno comprendere come l’equilibrio tra pressione, diametro dell’arteria e tensione sviluppata dalle caratteristiche elastiche della parete possa modificarsi per il variare anche di uno solo di questi parametri. Questo spiega come un aneurisma tenda inesorabilmente a crescere di diametro progressivamente nel tempo, come la sua parete tenda a resistere sempre meno alle pressioni interne, assottigliandosi fino all’inevitabile rottura.

CLASSIFICAZIONE DEGLI ANEURISMI ARTERIOSI
Degenerazione
Aneurismi arteriosclerotici
Necrosi cistica della tonaca media
Fibrodisplastici
In corso di gravidanza

Da cause meccaniche
Traumatici
Post stenotici
Anastomotici

Infiammazione
Micotici
Batterici

Congeniti
Sindrome di Marfan
Ehlers-Danlos

Forma
Sacculare
Fusiforme

Localizzazione
Centrale (aorta)
Periferica
Renale
Splacnica
Cerebrale

Struttura
Veri aneurismi
Falsi aneurismi

La maggioranza degli aneurismi ha cause degenerative, imputabili alla malattia arteriosclerotica. Per quanto riguarda l’aorta, il 95% dei casi di aneurisma è riconducibile a questa malattia.
E’dimostrata in questi casi una predisposizione ereditaria, con una maggiore possibilità di sviluppare la malattia tra consanguinei, fratelli e sorelle.
A determinare la comparsa dell’aneurisma concorrerebbero fattori biomeccanici (progressivo deterioramento con debolezza della parete arteriosa) e fattori congeniti geneticamente determinati come è il caso di particolari enzimi attivi contro il collagene e l’elastina.
I pazienti colpiti presentano nella loro maggioranza un’età superiore ai 60-65 anni, rappresentano il 2-10 % della popolazione di quell’età e sono prevalentemente maschi. Gli aneurismi degenerativi non arterosclerotici sono molto rari.
Quelli legati alla gravidanza riconoscerebbero come causa l’aumento nel sangue di un enzima elastolitico la relaxina che potrebbe determinare maggiore cedevolezza di alcune arterie viscerali ed in special modo dell’arteria splenica.
Gli aneurismi infiammatori possono essere di natura sifilitica per distruzione delle tonache dell’aorta da parte del Treponema Pallidum. Sono forme attualmente molto rare. Nei pazienti immunodepressi o portatori di endocardite batterica si possono avere emboli settici (materiale con colonie di batteri che viene trasportato dal flusso del sangue) e infiammazioni della parete arteriosa (“arterite”) con distruzione parziale della media e relativo sfiancamento della stessa. Anche cause traumatiche possono danneggiare le arterie e portare a queste manifestazioni. Tipico è il caso di gravi traumi che coinvolgono il torace e l’aorta, determinando la comparsa di aneurismi anche a distanza di tempo. Gli aneurismi congeniti dipendono da una debolezza della parete arteriosa presente sino dalla nascita per anomalie importanti e molto rare del tessuto connettivale. Per quanto riguarda la forma l’aneurisma può manifestarsi come una “sacca” per cedimento di una limitata porzione di arteria. Si presenta come una bozza talvolta sferiforme con un limitato colletto di comunicazione con l’arteria più sana. Oppure la degenerazione si estende longitudinalmente per estesi tratti e quindi l’aneurisma si presenta come un fuso aumentando progressivamente di diametro dai settori meno ammalati via via verso i settori più alterati che presentano diametro maggiore per maggiore debolezza.
Nella maggioranza dei casi l’aneurisma colpisce l’aorta sia nella sua porzione toracica che in quella addominale. Quest’ultima localizzazione e’ la sede dell’80% di tutti i casi di aneurisma, con interessamento di una o di entrambe le arterie iliache.
Meno frequentemente si verificano aneurismi nelle arterie periferiche degli arti e in questi casi le sedi più tipiche sono le arterie poplitee e le arterie femorali comuni e superficiali. Molto rare sono le localizzazioni alle arterie viscerali (arteria epatica, renale, splenica) o alle arterie a destino cerebrale (carotide comune, interna ed esterna e vertebrale).
Gli aneurismi delle arterie dell’arto superiore (arteria ascellare e succlavia) sono anch’essi rari e spesso secondari a compressioni,od esiti traumatici.
La distinzione tra Vero e Falso Aneurisma distingue tra la dilatazione di un tratto di arteria ove sono presenti tutte e tre le tonache del vaso (aneurisma vero) e aspetti dilatativi in esiti di puntura o trauma dove la tumefazione non e’ altro che la reazione infiammatoria o cicatriziale senza che i costituenti della parete siano chiaramente riconoscibili (falso aneurisma o ematoma pulsante).

SINTOMI E COMPLICANZE
Tratteremo inizialmente l’aneurisma aorto-iliaco, il più frequente nella popolazione. E’abbastanza consueto il riscontro di questa malattia in soggetti assolutamente privi di ogni sintomo.
Solo una piccola parte degli aneurismi viene riconosciuta durante una visita medica. Infatti la palpazione dell’addome permette al medico attento di riconoscere aneurismi di dimensioni già cospicue, almeno 4-5 cm. di diametro.
In soggetti poco collaboranti oppure obesi, la palpazione non è significativa. Talvolta è il paziente stesso che avverte una abnorme pulsazione addominale all’inguine oppure al cavo popliteo e si presenta per questo al chirurgo. E’ molto frequente che l’aneurisma venga incontrato occasionalmente durante l’esecuzione di un esame ecografico o di una TAC dell’addome eseguiti per valutazione di sintomi non correlati o per il controllo di malattie concomitanti (problemi urologici o calcolosi biliare, ad esempio). Talvolta la radiografia della colonna lombosacrale o dell’addome mette in evidenza delle calcificazioni aortiche che fanno sospettare la presenza dell’aneurisma. Purtroppo molto spesso il riconoscimento dell’aneurisma coincide con l’accadere della sua più temibile complicanza: la rottura.
La quota di aneurismi che si presentano con la rottura varia dal 10 al 30%. La rottura dell’aneurisma causa emorragia più frequentemente verso lo spazio retroperitoneale (posteriormente ai visceri addominali) o nel cavo peritoneale. In questo caso la perdita di sangue è massiva e il paziente può giungere a morte in pochi minuti. Se la rottura è limitata e l’emorragia tende a limitarsi, il paziente può sopravvivere, lamentando tuttavia dolore violento alla regione dorso lombare o al fianco. Si verifica ipotensione, pallore, anemia, tachicardia e spesso sudorazione profusa. Il malato si presenta intensamente sofferente ed angosciato.
Un altro sintomo legato alle complicanze dell’aneurisma è la comparsa di ischemia (“mancanza di sangue”) alla periferia. All’interno della sacca aneurismatica tende ad accumularsi sangue trombizzato che si deposita progressivamente. Frammenti di trombo parietale possono staccarsi ed essere trasportati dal flusso ematico sino in periferia. Si verificano cioè embolie.
Accade anche che aneurismi di arterie di calibro più piccolo (arterie femorali o poplitee) si occludano per trombosi. In entrambi i casi il paziente accusa dolore alle estremità. Il piede o un dito di questo si presentano pallidi e freddi; qualche volta si apprezza anche un colore bluastro (cianosi).
Come in tutti i casi in cui l’apporto di sangue non è sufficiente, può verificarsi la necrosi dei tessuti con gangrena.

DIAGNOSI
Di fronte ad un sospetto di aneurisma con i seguenti esami strumentali si ottiene una diagnosi di certezza e la definizione delle caratteristiche della malattia.

ECOGRAFIA
E’l’esame strumentale forse meglio conosciuto e diffuso in molti campi della Medicina. Gli ultrasuoni possono penetrare nei tessuti ed essere riflessi dalle strutture del corpo. Opportune sonde ed apparecchi permettono cioè di “guardare” all’ interno del corpo umano. Il medico si addestra a riconoscere i vari organi e a capirne la consistenza, i limiti e le forme osservando le immagini ottenute su un monitor. Non è necessaria alcuna manovra cruenta ed è un esame ripetibile senza disagio e con bassi costi. La tipica immagine ottenuta in caso di aneurisma è una dilatazione dell’arteria che presenta pareti più o meno ispessite.E’ ben individuabile la presenza di trombi. Ovviamente possono essere effettuate misurazioni dei diametri massimi. Con gli apparecchi dotati di analisi Doppler con codice colore (ECO COLOR DOPPLER) si possono visualizzare i flussi di sangue all’interno delle vene e delle arterie e quindi sono possibili migliori definizioni delle trombosi e dei rapporti con le arterie e con le vene che sono vicine all’aneurisma. L’esame ecografico può essere effettuato in pochi minuti, direttamente sul lettino del Pronto Soccorso anche in pazienti con condizioni critiche e permette di diagnosticare la rottura dell’aneurisma e la presenza di emorragia interna. Si tratta della metodica più affidabile che viene utilizzata sia in esami di screening della popolazione, sia come monitoraggio nel tempo di piccoli aneurismi iniziali o di ectasie.

TOMODENSITOMETRIA
E’ un esame più complesso e costoso. Permette di definire con esattezza i rapporti dell’aneurisma con le strutture e gli organi vicini. Ottiene precise misurazioni dell’aneurisma e della trombosi endoluminale. E’ una tecnica insostituibile nello studio dell’aorta toracica dove gli ecografi non possono ottenere immagini di qualità per tutta la sua estensione.

RISONANZA MAGNETICA
E’ un esame che permette di visualizzare con precisione le strutture interne del corpo solo sfruttando ed amplificando i campi magnetici dei tessuti. Non sono normalmente necessari mezzi di contrasto. E’ un esame molto costoso, riservato a casi dubbi e complessi.

ANGIOGRAFIA
E’un esame “invasivo” che prevede la puntura di una vena del braccio o di un’arteria (normalmente l’arteria femorale all’inguine) e l’introduzione di un liquido radio-opaco (mezzo di contrasto) all’interno delle arterie da esaminare. Vengono così a definirsi i contorni del lume delle arterie e la geometria del loro decorso. Si evidenziano le occlusioni, le trombosi endoluminali e i settori di arteria non colpiti dalla malattia. Le pareti non sono visualizzate, sono intuite. E’ come se si vedesse il liquido contenuto in una bottiglia senza vedere il contenitore.
E’un esame che viene riservato ai pazienti candidati all’intervento chirurgico. Nel caso di aneurismi toracici o addominali permette di identificare le arterie renali ed evidenziarne il loro coinvolgimento nel processo patologico o di lesioni stenosanti associate.

TERAPIA
I risultati del trattamento chirurgico degli aneurismi addominali senza rottura sono molto validi con una mortalità inferiore al 5% (nelle casistiche più moderne del 2-3%). Le complicazioni post-operatorie sono infrequenti e normalmente bene controllate nelle sale di terapia intensiva post-chirurgica.
Da quanto detto appare evidente che il comportamento corretto è quello di trattare chirurgicamente tutti gli aneurismi diagnosticati, evitando al paziente il rischio della rottura. Nella maggioranza dei Centri specializzati si tende a sottoporre ad intervento chirurgico tutti i pazienti che presentino un aneurisma dell’aorta addominale di diametro uguale o superiore a 4cm. e gli aneurismi più piccoli che presentino, ai ripetuti controlli strumentali, una crescita superiore a 0,5cm all’anno (considerata come valore normale).
I pazienti che incorrono in queste condizioni presentano un rischio di rottura statisticamente maggiore e quindi non appare logico e prudente procrastinare per essi la corretta terapia. Gli aneurismi, addominali o periferici, che siano divenuti sintomatici per ischemia dovrebbero essere trattati con urgenza, possibilmente dopo valutazione generale del paziente e dopo studio angiografico.

TECNICHE CHIRURGICHE
Il segmento di arteria aneurismatico viene sostituito da un innesto. Una protesi in materiale plastico che viene collegata ai settori di arteria sana. Il chirurgo isola l’arteria ammalata per tutta la sua estensione e nel caso dell’aorta addominale deve spostare molti visceri per arrivare alla sua sede.
Prima di sostituire l’arteria, viene interrotto il flusso ai due capi con speciali pinze: l’arteria viene quindi sezionata senza importanti emorragie e sostituita da un tubo di calibro e forma adeguata. Nel caso di rottura già in atto il chirurgo si trova nella necessità di isolare l’aorta in pochissimi minuti, ostacolato da una grande quantità di sangue già presente nell’addomee da un’attiva emorragia dal punto di lacerazione del vaso.
Quando finalmente sono posizionate le pinze che interrompono l’emorragia si può procedere alla sostituzione come precedentemente illustrato.
Anche nel caso di aneurismi isolati delle arterie femorali o poplitee si procede con identica modalità: isolamento, sezione e sostituzione delle zone aneurismatiche. Quando è possibile viene utilizzata la vena safena prelevata dallo stesso individuo. Recentemente sono state messe a punto protesi miniaturizzate che vengono collocate dall’interno delle arterie senza la necessità di incidere la parete addominale ed eseguire l’intervento chirurgico tradizionale. Attraverso particolari strumenti è possibile praticare una piccola incisione o una puntura dell’arteria femorale all’inguine e così raggiungere l’interno dell’aneurisma aortico. Qui viene dispiegata la particolare protesi, senza sostituire l’arteria malata, impedendone così la rottura. Sono procedure molto moderne, attualmente consigliate per pazienti ad alto rischio operatorio e con aneurismi piuttosto piccoli. Sono in corso di realizzazione protesi di questo tipo sempre più perfezionate ed è lecito attendersi importanti sviluppi di questa modernissima tecnica.

CONCLUSIONI
La malattia aneurismatica delle arterie è un evento relativamente frequente dopo i 65 anni, i sintomi sono quasi sempre assenti o molto modesti.
La diagnosi può essere facilmente ottenuta con esami ecografici che rendono possibili anche frequenti controlli periodici di iniziali dilatazioni. La terapia razionale degli aneurismi è il trattamento chirurgico che in mani esperte e dopo adeguata preparazione del paziente presenta un rischio molto basso, sicuramente inferiore all’elevata probabilità di morte in caso di rottura.

 

ANEURISMI ARTERIOSI

Sopratutto non è così immediato percepire la gravità di una malattia le cui complicanze possono essere disastrose. 

Definizione
L’aneurisma e’ una dilatazione localizzata, abnorme e permanente di un’arteria, dove le pareti del vaso abbiano perso il loro naturale parallelismo. In particolare si può parlare di aneurisma nel caso di un’ arteria che presenti una dilatazione localizzata il cui diametro superi almeno della metà il valore del diametro di settori normali. Se l’aorta addominale di un soggetto presenta un diametro di 2 cm. un settore dilatato si dice aneurismatico se il rispettivo diametro supera i 3 cm. Dilatazioni di calibro minore sono dette “ectasie”

ANATOMIA & FISIOLOGIA
Le arterie sono condotti dotati normalmente di pareti robuste in grado di resistere alle pressioni generate dalla pompa cardiaca. Sono costituite da tre strati (”tonache”) sovrapposte.
La più interna si chiama “intima” ed e’ a diretto contatto con il sangue , la più esterna si chiama “avventizia” ed aderisce ai tessuti e agli organi vicini alle arterie. Lo strato principale delle arterie di grosso e medio calibro e’ la tonaca ”media” che è formata da fibre elastiche e cellule muscolari lisce.
Grazie alle proprietà elastiche di questo strato l’arteria si distende sotto l’impulso di ogni battito cardiaco, e riprende poi il suo calibro iniziale contribuendo così alla progressione e alla velocità del sangue ricco in ossigeno che scorre verso le cellule di tutti gli organi.
Se nella parete arteriosa si verifica un mancamento, un cedimento delle caratteristiche elastiche, la pressione vigente all’interno del condotto tenderà ad aumentarne il diametro.
E’ la stessa cosa che si verifica nelle camera d’aria dei pneumatici difettosi o troppo compressi. Un settore del condotto tende a rigonfiarsi in modo più vistoso (adesso abbiamo imparato che si potrebbe dire “aneurismatico”). Quando questo fenomeno si verifica basta un piccolo aumento di pressione per aumentare sempre più il diametro del settore bozzoluto, dove la parete si assottiglia vieppiù, fino all’inevitabile scoppio.
Esistono leggi fisiche che stanno alla base di questi eventi, come ad esempio la legge di Laplace o il teorema di BemouIli che fanno comprendere come l’equilibrio tra pressione, diametro dell’arteria e tensione sviluppata dalle caratteristiche elastiche della parete possa modificarsi per il variare anche di uno solo di questi parametri. Questo spiega come un aneurisma tenda inesorabilmente a crescere di diametro progressivamente nel tempo, come la sua parete tenda a resistere sempre meno a pressioni interne, assottigliandosi sino alla inevitabile rottura.

CLASSIFICAZIONI
La classificazione di una malattia consente di interpretarla con maggiore precisione, analizzarne le cause e le localizzazioni. Nel caso della malattia aneurismatica delle arterie e’ adottato questo schema:
CLASSIFICAZIONE ANEURISMI ARTERIOSI

 

Degenerazione
Aneurismi arteriosclerotici
Necrosi cistica della tonaca media
Fibrodisplastici
In corso di gravidanza

Infiammazione
Micotici
Batterici

Da cause meccaniche
traumatici
post stenotici
anastomotici

Congeniti
Sindrome di Marfan
Ehlers – Danlos

 

 

Forma
Sacculare
Fusifome

 

 

Localizzazione
Centrale (aorta)
Periferica
Renale
Splacnica
Cerebrale

 

 

Struttura
Veri aneurismi
Falsi Aneurismi

 

La maggioranza degli aneurismi ha cause degenerative, imputabili alla malattia arterioscIerotica. Per quanto riguarda l’aorta il 95 % dei casi di aneurisma è riconducibile a questa malattia
E’ dimostrata in questi casi una predisposizione ereditaria, con una maggiore probabilità di sviluppare la malattia tra consanguinei, fratelli e sorelle.
A determinare la comparsa dell’aneurisma concorrerebbero fattori biomeccanici (progressivo deterioramento con debolezza della parete arteriosa) e fattori congeniti geneticamente determinati come è il caso di particolari enzimi attivi contro il collagene e l’ elastina.
I pazienti colpiti presentano nella loro maggioranza un’ età superiore ai 60 – 65 anni, rappresentano il 2 -10% della popolazione di quell’età e sono prevalentemente maschi.
Gli aneurismi degenerativi non arterosclerotici sono molto rari.
Quelli legati alla gravidanza riconoscerebbero come causa l’aumento nel sangue di un enzima elastolitico, la relaxina, che potrebbe determinare maggiore cedevolezza di alcune arterie viscerali ed in special modo dell’arteria splenica.
Gli aneurismi infiammatori possono essere di natura sifilitica per distruzione delle tonache dell’aorta da parte del Treponema Pallidum. Sono forme attualmente molto rare.
Nei pazienti immunodepressi o portatori di endocardite batterica si possono avere emboli settici (materiale con colonie di batteri che viene trasportato dal flusso del sangue) e infiammazione della parete arteriosa (“arterite”) con distruzione parziale della media e relativo sfiancamento della stessa.
Anche cause traumatiche possono danneggiare le arterie e portare a queste manifestazioni. Tipico è il caso di gravi traumi che coinvolgono il torace e l’aorta, determinando la comparsa di aneurismi anche a distanza di tempo.
Gli aneurismi congeniti dipendono da una debolezza della parete arteriosa presente sino dalla nascita per anomalie importanti e molto rare del tessuto connettivale.
Per quanto riguarda la forma l’aneurisma può manifestarsi come una “sacca” per cedimento di una limitata porzione di arteria. Si presenta come una bozza talvolta sferiforme con un limitato colletto di comunicazione con l’arteria più sana. Oppure la degenerazione si estende longitudinalmente per estesi tratti e quindi l’aneurisma si presenta come un fuso aumentando progressivamente di diametro dai settori meno ammalati via verso i settori più alterati che presentano diametro maggiore per maggiore debolezza.
Nella maggioranza dei casi l’aneurisma colpisce l’aorta sia nella sua porzione toracica che in quella addominale. Quest’ultima localizzazione è la sede dell’80% di tutti i casi di aneurisma, con interessamento di una o di entrambe le arterie iliache.
Meno frequentemente si verificano aneurismi nelle arterie periferiche degli arti e in questi casi le sedi più tipiche sono le arterie poplitee e le arterie femorali comuni e superficiali.
Molto rare sono le localizzazioni delle arterie viscerali (arteria epatica, renale, splenica) o alle arterie a destino cerebrale (carotide comune, interna ed esterna e vertebrale)
Gli aneurismi delle arterie dell’arto superiore (arteria ascellare e succlavia) sono anch’essi rari e spesso secondari a compressioni od esiti traumatici.
La distinzione tra Vero e Falso Aneurisma distingue tra la dilatazione di un tratto di arteria ove sono presenti tutte e tre le tonache del vaso (aneurisma vero) e aspetti dilatativi in esiti di puntura o trauma dove la tumefazione non e’ altro che la reazione infiammatoria o cicatriziale senza che i costituenti della parete siano chiaramente riconoscibili (falso aneurisma o ematoma pulsante).

SINTOMI E COMPLICANZE
Tratteremo inizialmente l’aneurisma aorto-iliaco, il più frequente nella popolazione E’ abbastanza frequente il riscontro di questa malattia in soggetti assolutamente privi di ogni sintomo.
Solo una piccola parte degli aneurismi viene riconosciuta durante una visita medica. Infatti la palpazione dell’addome permette al medico attento di riconoscere aneurismi di dimensioni già cospicue ,almeno 4-5 centimetri di diametro.
In soggetti poco collaboranti oppure obesi la palpazione non e’ significativa.
Talvolta è il paziente stesso che avverte una abnorme pulsazione addominale all’inguine oppure al cavo popliteo e si presenta per questo al Chirurgo.
E’ molto frequente che l’ aneurisma venga incontrato occasionalmente durante l’ esecuzione di un esame ECOGRAFICO o di una TAC dell’addome eseguiti per valutazione di sintomi non correlati o per il controllo di malattie concomitanti (problemi urologici o calcolosi biliare ad esempio ). Talvolta la radiografia della colonna lombosacrale o dell’addome mette in evidenza calcificazioni aortiche che fanno sospettare la presenza dell ‘aneurisma.
Purtroppo molto spesso il riconoscimento dell’aneurisma coincide spesso con l’accadere della sua più temibile complicanza: la rottura.
La quota di aneurismi che si presentano con la rottura varia dal 10 al 30%. La rottura dell’aneurisma causa emorragia più frequentemente verso lo spazio retroperitoneale (posteriormente ai visceri addominali) o nel cavo peritoneale. In questo caso la perdita di sangue è massima, ed il paziente può giungere a morte in pochi minuti.
Se la rottura è limitata e l’emorragia tende a Iimitarsi il paziente può sopravvivere, lamentando tuttavia dolore violento alla regione dorso lombare o al fianco. Si verifica ipotensione, pallore, anemia, tachicardia e spesso sudorazione profusa. Il malato si presente intensamente sofferente ed angosciato.

Un altro sintomo legato alle complicanze dell’aneurisma è la comparsa di ischemia(“mancanza di sangue”) alla periferia.
All’interno della sacca aneurismatica tende ad accumularsi sangue trombizzato che si deposita progressivamente. Frammenti di trombo parietale possono staccarsi ed essere trasportati dal flusso ematico sino in periferia.
Si verificano cioè embolie.
Accade anche che aneurismi in arterie di calibro più piccolo (arterie femorali o poplitee) si occludano per trombosi. In entrambi i casi il paziente accusa dolore alle estremità. Il piede o un dito di questo si presentano pallidi e freddi, qualche volta si apprezza anche un colore bluastro (cianosi).
Come in tutti i casi in cui l’apporto di sangue non e’ sufficiente può verificarsi la necrosi dei tessuti con gangrena.

DIAGNOSI
Di fronte ad un sospetto di aneurisma con i seguenti esami strumentali si ottiene una diagnosi di certezza e la definizione delle caratteristiche della malattia.
ECOGRAFIA
E’ l’esame strumentale forse meglio conosciuto e diffuso in molti campi della Medicina. Gli uItrasuoni possono penetrare nei tessuti ed essere riflessi dalle strutture del corpo. Opportune sonde ed apparecchi permettono cioè di “guardare ” all’interno del corpo umano. Il Medico si addestra a riconoscere i vari organi e a capirne la consistenza, i limiti e le forme osservando le immagini ottenute su un monitor.
Non e’ necessaria alcuna manovra cruenta ed è un esame ripetibile senza disagio e con bassi costi. La tipica immagine ottenuta in caso di aneurisma è una dilatazione dell’ arteria che presenta pareti più o meno ispessite. E’ bene individuabile la presenza di trombi. Ovviamente possono essere effettuate misurazioni dei diametri massimi.
Con gli apparecchi dotati di analisi Doppler con codici di colore (ECO COLOR DOPPLER) si possono visualizzare i flussi di sangue all’interno delle vene e delle arterie e quindi sono possibili migliori definizioni delle trombosi e dei rapporti con le arterie e le vene che sono vicine aIl’aneurisma. L’esame Ecografico può essere effettuato in pochi minuti, direttamente sul lettino del Pronto Soccorso anche in pazienti con condizioni critiche e permette di diagnosticare la rottura dell’aneurisma e la presenza di emorragia interna.
Si tratta della metodica più affidabile che viene utilizzata sia in esami di screening della popolazione sia come monitoraggio nel tempo di piccoli aneurismi o di ectasie.

TOMODENSITOMETRIA
E’ un esame più complesso e costoso. Permette di definire con esattezza i rapporti dell’aneurisma con le strutture e gli organi vicini.
Ottiene precise misurazioni dell’aneurisma e della trombosi endoluminale .
E’ una tecnica insostituibile nello studio dell’aorta toracica dove gli ecografi non possono ottenere immagini di qualità per tutta la sua estensione.

RISONANZA MAGNETICA
E’ un esame che permette di visualizzare con precisione le strutture interne del corpo solo sfruttando ed amplificando i campi magnetici dei tessuti. Non sono normalmente necessari mezzi di contrasto. E’ un esame molto costoso, riservato a casi dubbi e complessi.

ANGIOGRAFIA
E’ un esame “invasivo” che prevede la puntura di una vena del braccio o di una arteria (normalmente l’arteria femorale all’inguine) e l’introduzione di un liquido radio-opaco (mezzo di contrasto) all’interno delle arterie da esaminare.
Vengono così a definirsi i contorni del lume delle arterie e la geometria del loro decorso.
Si evidenziano le occlusioni, le trombosi endoluminali e i settori di arteria non colpiti dalla malattia.
Le pareti non sono visualizzate, sono intuite .E’ come se si vedesse il liquido contenuto in una bottiglia senza vedere il contenitore. E’ un esame che viene riservato ai pazienti candidati all’intervento chirurgico. Nel caso di aneurismi toracici o addominali permette di identificare le arteria renali ed evidenziarne il loro coinvolgimento nel processo patologico o di lesioni stenosanti associate.

TERAPIA
La sola terapia possibile il caso di rottura dell’aneurisma è l’intervento chirurgico urgente, effettuato in Centri qualificati da equipes esperte. Secondo alcuni studi almenoiIl 50 % dei pazienti colpiti non giunge vivo in ospedale. La mortalità dei pazienti che arrivano vivi ma in condizioni critiche e che sono operati è del 50-70%. Il decorso post operatorio dei sopravvissuti è gravato da molte complicanze essenzialmente legate alla ipoperfusone di importanti organi determinatasi prima e durante l’intervento. Possono comparire ad esempio infarto miocardico e cerebrale, insufficienza renale, ischemia intestinale ed insuffilcienza respiratoria.
La rottura dell’ aneurisma dell’aorta addominale rappresenta l’1,2% delle cause di morte degli uomini che hanno superato i 65 anni. Negli Stati Uniti è la causa di morte al tredicesimo posto e dovrebbe essere la causa di almeno un terzo delle morti improvvise dell’uomo.
Come sappiamo ogni aneurisma è destinato a crescere di diametro sino alla rottura oppure può determinare complicazioni emboliche o ischemiche.
I risultati del trattamento chirurgico degli aneurismi addominali senza rottura sono molto validi con una mortalità inferiore al 5% (nelle casistiche più moderne è del 2-3%). Le complicazioni post operatorie sono infrequenti e normalmente bene controllare nelle sale di terapia intensiva post-chirurgica.
Da quanto detto appare evidente che il comportamento corretto è quello di trattare chirurgicamente tutti gli aneurismi diagnosticati, evitando al paziente il rischio della rottura.
Nella maggioranza dei Centri specializzati si tende a sottoporre ad intervento chirurgico tutti i pazienti che presentino un aneurisma dell’aorta addominale di diametro uguale o superiore a 4 cm. e gli aneurismi più piccoli che presentino ai ripetuti controlli strumentali una crescita superiore al 0,5 cm all’anno (considerata come valore “normale”).
I pazienti che incorrono in queste condizioni presentano un rischio di rottura statisticamente maggiore e quindi non appare logico e prudente procrastinare per essi la corretta terapia
Gli aneurismi, addominali e periferici, che siano divenuti sintomatici per ischemia dovrebbero essere trattati con urgenza, possibilmente dopo valutazione generale del paziente e dopo studio agiografico

TECNICHE CHIRURGICHE
Il segmento di Arteria aneurismatico viene sostituito da un innesto, una protesi in materiale plastico che viene collegata ai settori di arteria sana. Il chirurgo isola l’arteria ammalata per tutta la sua estensione e nel caso dell’aorta addominale deve spostare molti visceri per arrivare alla sua sede.
Prima di sostituire l’arteria viene interrotto il flusso ai due capi con speciali pinze: l’arteria viene quindi sezionata senza importanti emorragie e sostituita da un tubo di calibro e forma adeguata.
Nel caso di rottura già in atto il chirurgo si trova nella necessità di isolare l’aorta in pochissimi minuti, ostacolato da una grande quantità di sangue già presente nell’addome e da una attiva emorragia dal punto di lacerazione del vaso.
Quando finalmente sono posizionate le pinze che interrompono l’emorragla si può procedere alla sostituzione come precedentemente iIIustrato.
Anche nel caso di aneurismi isolati delle arterie femorali o poplitee si procede con identica modalità: isolamento, sezione e sostituzione delle zone aneurismatiche. Quando è’ possibile viene utilizzata la vena safena prelevata dallo stesso individuo.
Recentemente sono state messe a punto protesi miniaturizzate che vengono collocate dall’interno delle arterie senza la necessità di incidere la parete addominale ed eseguire l’intervento chirurgico tradizionale.
Attraverso particolari strumenti è possibile praticare una piccola incisione o una puntura dell’arteria femorale all’inguine e così raggiungere l’interno dell’aneurisma aortico.
Qui viene dispiegata la particolare protesi, senza sostituire l’arteria ammalata, impedendone così la rottura. Sono procedure consigliate per pazienti ad alto rischio operatorio e con aneurismi piuttosto piccoli. Sono in corso di realizzazione protesi di questo tipo sempre più perfezionate ed è lecito attendersi importanti sviluppi di questa modernissima tecnica.

CONCLUSIONI
La malattia aneurismatica delle arterie e’ un evento relativamente frequente dopo il 65 anni, i sintomi sono quasi sempre assenti o molto modesti.
La diagnosi può essere facilmente ottenuta con esami ecografici che rendono possibili anche frequenti controlli periodici di iniziali dilatazioni.
La terapia razionale degli aneurismi è il trattamento chirurgico che in mani esperte e dopo adeguata preparazione del paziente presenta un rischio molto basso, sicuramente inferiore all’elevata probabilità di morte in caso di rottura.

Vittorio Villa
Specialista in Chirurgia Vascolare
pubblicazione del 1996

IL CONTROLLO ELETTROCARDIOGRAFICO

Nell’ambito dello studio elettrocardiografico per la diagnostica delle malattie cardiologiche sono stati compiuti grandi progressi tali da consentirci di valutare la funzione del cuore con precisione. 

Esiste in questo campo però una serie di alterazioni che, per il fatto di essere momentanee, possono con facilità sfuggire ad un’indagine che esplora l’attività del cuore per un tempo limitato .
Le aritmie, i blocchi, le crisi anginose, possono non modificare stabilmente l’elettrocardiogramma.
Accade che il paziente denunci sintomi che possono essere messi in relazione con queste alterazioni, che si sono presentati più volte nel tempo, e che richiedevano una diagnosi precisa soprattutto ai fini della terapia che per essere efficace deve incidere sulle cause.
I sintomi possono essere chiari (dolore al petto, senso di costrizione) o meno precisi (sensazione di svenire, momentaneo oscuramento della vista o perdita di coscienza, sensazione di «frullo d’ali nel petto» o di arresto seguito da un colpo più forte, cardiopalmo).
Talvolta il paziente impara a riconoscere i momenti nell’ambito della giornata (magari di tutte) in cui il disturbo si manifesta più frequente o le attività (lavoro, prestazioni sessuali, defecazione, emozioni) che lo scatenano. Ma nel breve periodo in cui è all’osservazione del medico o esegue l’elettrocardiogramma nulla traspare.
In questa necessità ci viene incontro una nuova metodica, resa possibile dalla visualizzazione delle componenti di registrazione elettrocardiografiche e dall’elettronica.
Si tratta dell’elettrocardiogramma dinamico o «Holter>, cioè di una cassettina dalle dimensioni di due pacchetti di sigarette che il paziente si porta a tracolla e che consente una registrazione ininterrotta della durata di 24 ore.
II paziente ha la possibilità di lasciare una traccia di eventuali disturbi o eventi particolari tramite un pulsante che incide un «segnaIe» sul nastro magnetico. Indicherà poi su un diario l’ora in cui ha fermato il pulsante e perchè, in modo tale da mettere in relazione momenti o particolari ed attività cardiaca.
II nastro viene poi letto in un cervello elettronico che indica se si sono verificate alterazioni patologiche, di che tipo e in relazione a quale evento. Durante la registrazione il paziente, che non è per nulla impedito dagli elettrodi adesivi che ha sul petto e dalla cassetta simile ad una radiolina che porta a tracolla, svolge le normali attività della sua vita quotidiana .
Alla sera la cassetta verrà posta sotto il cuscino e la registrazione continuerà durante il sonno, mettendo in luce tutta quella patologia cardiologica che, per ragioni psicologiche, è molto frequente di notte.
Con questa metodica, quindi, abbiamo enormemente ampliato Ie possibilità diagnostiche e quindi terapeutiche relative ad una patologia, frequente anche nei giovani e nelle persone attive, momentanea e legata all’attività quotidiana, quindi sfuggente alle normali metodiche di indagine che esplorano il cuore per un tempo limitato.

Dott. Renato Gianrossi
cardiologo
Pubblicazione Giugno 1992

CLASSIFICAZIONE E CAUSE IPERTENSIONE ARTERISA

Cause renali
Nefropatia del parenchima:
rene policistico
idronefrosi
glomerulonefrite acuta nefropatia
bilat. cronica ereditaria
od acquisita
tumore produttore di renina
Malattia nefrovascolare
Coartazione aortica
Cause endocrine
Surrenale (corticale):
Sindrome di Cushing
iperplasia congenita
del surrene iperaldosteronismo primitivo
Surrenale (midollare):
feocromocitoma
Ipercalcemia
Acromegalia
Estrogeni

Tossiemia gravidica
Origine esogena
eccesso di liquirizia
intossicazione di piombo

Altre cause
Policitemia
Sindrome carcinoide
Ipertensione endocranica
Porfiria acuta

Cause di pertensione sistolica
Morbo di Paget
Beri-Beri
Fistola artero-venosa
Ipertiroidismo
Insufficienza aortica

Se nessuna delle cause sopra elencate risulta essere causa dell’ipertensione in un paziente, si parla di ipertensione arteriosa essenziale, che oggi rappresenta circa l’85-89% dei casi.
E’ importante stabilire se una delle patologie sopra elencate sia alla causa della ipertensione in un paziente perché trattando opportunamente con terapia medica o chirurgica alcune di queste malattie è possibile anche eliminare la causa dell’ipertensione stessa.
Ciò è importante perchè questo paziente potrebbe sganciarsi da una terapia anti ipertensiva che altrimenti dovrebbe condurre per tutta la vita. Quanto affermato e tanto più valido quanto più giovane è il paziente iperteso.

Dr. G. Corsini
Pubblicazione Dicembre 1982

STRESS E CARDIOLOGIA

L’angina pectoris e I’infarto del miocardio rappresentano un evento morboso frequente e da tempo, sono stati identificati nell’aumento del colesterolo, nell’obesità, nel diabete mellito, nell’ipertensione arteriosa i più importanti fattori predisponenti alla cardiopatia ischemica. 

E’ peraltro ampiamente dimostrato che dall’analisi di questi soli fattori non è possibile esprimere una attendibile previsione sull’incidenza della malattia.
E’ stato ipotizzato che particolari condizioni di vita possano esaltare I’azione negativa suI circolo coronarico dei fattori di rischio soprariportati: in effetti è stata documentata una maggiore incidenza della cardiopatia coronarica negli individui con un comportamento caratterizzato da atteggiamenti di estrema competitività, impazienza esagerata, ostilità ed aggressività eccessivi, arrivismo esasperato.
L’aumento dei livelli ematici di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) degli ormoni corticosteroidi, del colesterolo e dei trigliceridi, delI’aggregabilità piastrinica sono strettamente correlati a condizioni stressanti; è intuitivo come la ripetitività di tali situazioni giuochi un ruolo estremamente importante nel facilitare l’ateroscIerosi coronarica.
Interessante e significativa appare a questo proposito la notizia, apparsa recentemente su una prestigiosa rivista scientifica americana; di uno studio, eseguito su conigli, sull’importanza dei rapporti affettivi gratificanti sulla prevenzione di lesioni ateroscIerotiche indotte dalla dieta.
In particolare I’indagine, eseguita in due gruppi di conigli sottoposti a dieta iperlipidica, ha dimostrato come le lesioni ateroscIerotiche dei vasi risultano meno estese e gravi nei conigli che erano stati oggetto di particolare attenzione affettiva.
Per contro nella stessa indagine venivano confermati i risultati di esperienze già effettuate nel passato, circa la maggior incidenza di lesioni vascolari negli animali sottoposti a situazioni stressanti ripetute.
Per quanto ancora oggi sfugge I’intimo meccanismo attraverso cui si possa realizzare una azione protettiva sulla parete vasale negli individui “esposti” alla simpatia altrui e alla gratificazione.
E’ comunque ormai certo che I’esposizione a esperienze stressanti comporta aIcune modificazioni biochimiche che accumulandosi nel tempo gettano per così dire, i semi della malattia.
Da tutto ciò risulta lampante come lo “stress” realizzi sovente nella vita dell’uomo una “usura vitale”. II turbolento ambiente delIa società moderna e la crescente necessità di adattamento alle mutanti condizioni di vita rendono probabilmente ragione all’aumentata incidenza della malattia ischemica cardiaca.

Dott. Renato Gianrossi
cardiologo
Pubblicazione Settembre 1982

ANSIA, MAGNESIO E PROLASSO MITRALICO

Quando i livelli di catecolamine sono alti, Ie persone si sentono tese e pronte all’ azione.

E’ un evento naturale, difensivo e protettivo quando si presenta nel contesto di una situazione minacciosa o paurosa per I’individuo. Non è invece così importante, e anzi può diventare controproducente e alle volte addirittura invalidante, l’avere alti livelli di catecolamine quando si va a letto, se si sostiene un esame o si svolgono le normali attività quotidiane.
La carenza di magnesio oltre ad un tessuto connettivo imperfetto, può anche causare in associazione ansia e depressione questo perché la deplezione di magnesio provoca un aumento delle catecolamine circolanti: perciò a una scarsa concentrazione di magnesio corrisponde un’ alta concentrazione di adrenalina e norarenalina e quindi un aumento delle sintomatologie ansiose. Molti di coloro che sono affetti da prolasso della valvola mitrale (MVP) presentano anormalità nella produzione di acido ialuronico, costituente importante del tessuto connettivo e una riduzione nella disponibilità del magnesio influisce negativamente sulla produzione di acido ialuronico.
II prolasso della valvola mitrale, di vario grado con o senza interessamento emodinamico, e una condizione abbastanza comune fra la popolazione e in genere e asintomatico; è facilmente rilevabile attraverso un’ecocolordoppler cardiaca e all’auscultazione si manifesta tramite un caratteristico click che è il rumore provocato dai lembi della valvola prolassata.
II prolasso della valvola mitrale si può presentare isolato ma più frequentemente è associato ad altre manifestazioni morfologiche che coinvolgono il tessuto connettivo: braccia lunghe, torace carenatum o excavatum, piede piatto, lassità legamentosa e una debole dilatazione aortica fino alle manifestazioni tipiche della sindrome di Marfan in presenza dei marker biochimici e del DNA.
Studi diversi hanno messo in relazione il MVP con la deficienza di magnesio, I’aumento delle catecolamine e quindi delI’ ansia considerando il prolasso una sorta di debole forma di disordine del tessuto connettivo: si parla allora di sindrome da prolasso mitralico (MVP syndrome). Un MVP può insorgere anche come conseguenza di febbri reumatiche. In uno studio condotto dal Dipartimento di Cardiologia presso I’ ospedale Grochowski di Varsavia, ha rilevato che il 60% dei pazienti con MVP sintomatico presentava una ipomagnesiemia di vario grado. Furono sottoposti ad una sperimentazione in doppio cieco incrociata tra magnesio e placebo e dopo 5 settimane si vide una riduzione significativa dei sintomi quali il dolore toracico, Ie palpitazioni, la dispnea, la debolezza e l’ansia. La secrezione giomaliera di catecolamine si era di molto ridotta dopo la somministrazione di magnesio. In un altro studio condotto questa volta dal Reparto di Psichiatria dell’ ospedale del Mar a Barcellona, ha messo in stretta relazione la lassità legamentosa con il disturbo da attacchi di panico, agorafobia o entrambi e costituisce un fattore predisponente. La lassità legamentosa è stata evidenziata nel 67.7% dei pazienti con disturbo da attacchi di panico (OAP) ma soltanto nel 10% di soggetti psichiatrici.
Esistono molte carenze nutrizionali che influiscono suI sistema nervoso, in particolare la carenza di magnesio, e inoltre lo stretto legame tra questo, I’ansia e il MVP, porta a valutare la possibilità di mettere a punto una dieta che possa quindi essere d’aiuto a limitare sia i sintomi legati al MVP sia all’ansia. Inutile precisare che sarebbe buona norma eliminare la caffeina che ha anche un’ azione diretta suI miocardio e che provoca deplezione di magnesio, ma vi sono anche altri accorgimenti a prima vista inaspettati. Giovano ad esempio I’assunzione di cibi grassi in particolare di latticini.
Alcuni pazienti affetti da ansia dichiarano di avvertire il bisogno di mangiare formaggi grassi che contengono un’alta percentuale di colesterolo. In un articolo apparso su Tuttoscienze n.890 (La Stampa, anno 133 n.245), si dice chiaramente che bassi livelli di colesterolo totaIe possono addirittura essere co-responsabili di tendenze suicide in pazienti psichiatrici.
In soggetti timidi si sono invece rilevati bassi livelli colesterolo HDL e alti livelli di LDL e di trigliceridi. La carenza di colesterolo di cui sono anche formate Ie membrane neuronali, provocherebbe un’alterazione della permeabilita alla serotonina che non riuscirebbe più a svolgere adeguatamente il compito di controllare la produzione di catecolamine e quindi I’ansia. Altro fattore scatenante I’ansia e I’ipoglicemia e spesso i soggetti ansiosi alti, magri, spesso con lassità legamentosa e MVP, mostrano un catabolismo più veloce e quindi la necessità di pronta energia che viene fornita essenzialmente dagli zuccheri semplici.
Sarebbe interessante riuscire a mettere a punto una dieta per ansiosi. Nel frattempo integrazione di magnesio, I’eliminazione di caffeina e ogni tanto qualche buon formaggio, bandendo i tipi light, potrebbero essere d’aiuto, ricordando ai soggetti ansiosi, soprattutto ai più longilinei, di concedersi un pasticcino magari al cioccolato che, oltre agli zuccheri, apporta anche il magnesio di cui il cacao e ricco.
L’ansia quindi si delinea non solo come disturbo legato alla psiche ma anche all’aspetto fisio-costituzionale e alle abitudini alimentari.

Fabrizio FERRETTI
Farmacista Reggio Emilia
Cell. 333.8554511
Pubblicazione novembre 2004

DISTURBI CARDIOVASCOLARI

MAGNESIO

Cominciamo col dire che, il magnesio gioca un ruolo critico nei disturbi cardiovascolari.
Questo minerale è necessario all’ interno della cellula per la produzione di energia ed anche richiesto per il rilassamento dei muscoli.
La carenza di magnesio può provocare una gamma di disturbi che vanno tachicardia
e la fibrillazione fino alla costrizione delle arterie. Alcuni effetti secondari sono l’ angina e
I’ embolia o trombosi (attacco di cuore).
La dieta moderna è carente di magnesio, infatti esso viene rimosso dai prodotti alimentari che subiscono processi di raffinazione ( e che sono la maggioranza) inoltre la reazione di allarme come persone che soffrono di sintomi cardiovascolari, vengono riscontrati bassi livelli di calcio, sodio e potassio. Gli individui che presentano questa profilo sono di solito persone con un metabolismo veloce.
Un altro gruppo di persone che soffre di sintomi cardiovascolari ha livelli molto alti di magnesio ed in genere questi soggetti metabolizzano molto lentamente. II loro rapporto calcio/magnesio può apparire normale, oppure presentarsi alterato. L’alto livello di magnesio riscontrato con I’analisi del capello spesso può essere determinato da una perdita di magnesio nel capello, perché il magnesio non è disponibile. Questi individui necessitano quindi di magnesio supplementare fino a quando non saranno in grado di utilizzarlo correttamente. In questi casi e molto utile I’ assunzione di supplementi di magnesio aspartato.
RAME
Anche la carenza di rame è associata all’ incremento dell’ arteriosclerosi.
I metabolizzatori veloci tendono a soffrire di carenza di rame mentre i metabolizzatori lenti possono soffrire di non biodisponibilità del rame.
ZINCO
Va detto anche che l’eccessiva assunzione di zinco o di vitamina C può indurre ad una carenza di rame. Lo zinco è richiesto per la sintesi delle strutture delle proteine. Adeguate quantità di zinco permettono di facilitare la flessibilità delle pareti arteriose.
La carenza di zinco è associata ad un incremento della fragilità e dell’indurimento delle arterie.
L’ indurimento aumenta la pressione sanguigna e la possibilità di ictus ed aneurismi.Il basso livello di zinco permette al livello tissutale di sodio di aumentare, fattore che può contribuire ad alzare la pressione sanguigna ed alla ritenzione di liquidi.
La debolezza o l’irritazione delle pareti arteriose può causare la risposta dell’ organismo ricoprendo Ie pareti arteriose con depositi di calcio o placche di grasso.II risultato è l’arteriosclerosi o I’ aterisclerosi.
MINERALI
Livelli tossici di alcuni minerali sono associati ad un incremento del rischio di disturbi cardiovascolari. I metalli tossici danneggiano I’ organismo soppiantando i minerali vitali nei siti di legame enzimatici. II cadmio sostituisce lo zinco nelle pareti arteriose, causando un incremento della debolezza o nell’indurimento delle arterie. II cadmio nei reni porta a congestione renale che può aumentare la pressione sanguigna, fattore che pone sotto uno stress maggiore l’intero sistema cardiovascolare.
Livelli tossici di ferro possono depositarsi nel muscolo cardiaco e contribuire all’insufficienza cardiaca. La presenza di mercurio, piombo ed altri metalli tossici può contribuire a generare una carenza di calcio, magnesio, zinco e rame ed in questo modo aumentare la pressione san­guigna con il rischi di provocare altri sin­tomi cardiovascolari.
ALTRE CAUSE
Numerosi studi affermano che la collera interiore è associata all’incremento delIa pressione sanguigna e a maggiori rischi di attacchi al cuore. Frustrazione ostilità e risentimento, in particolare, creano questo profilo, ma non tutte Ie persone che si comportano in questa modo vengono colpite da attacchi di cuore ma corrono certamente un rischio maggiore.
In queste situazioni lo stile di vita gioca n ruolo importante nella prevenzione e nella correzione dei disturbi del cuore.
GRASSI
E’ stato dimostrato che l’esercizio fisico è fondamentale come lo sono il sonno ed il riposo, l’esposizione alla luce del sole, massaggi, riduzione allo stress e terapie naturali.
Da qualche tempo viene data molta importanza al collegamento fra assunzione di grassi saturi e disturbi cardiaci. Ciò è importantissimo per gli individui che hanno un metabolismo lento.
II medico statunitense Dean Ornish ha dimostrato che è possibile un’inversione nella formazione della placca associando una dieta vegetariana e comunque povere di grassi, esercizio fisico ed anche un po’ di meditazione che può essere un buon ausilio.
Vitamina C, E, cromo. selenio, potassio, acidi grassi essenziali specialmente gli omega 3 ed omega 6 (il pesce ne è ricchissimo). Bioflavonoidi e molti altri nutrimenti influenzano il sistema cardiovascolare.
Numerose erbe tra cui Ie bacche di biancospino sono rimedi utili; occorre inoltre migliorare i metabolismi per poter ottimizzare la produzione di energia e riequilibrare quindi il tasso metabolico.
Per questi motivi un programma nutrizionale associato a tutto quanto finora detto può essere uno dei migliori approcci per la prevenzione e la correzione dei disturbi cardiovascolari.

BIBLIOGRAFIA
The eck institute of applied nutrition and bioenergetics, LTD Eck Instiate – 8650 north 22nd avenue Phoenix. a2 85021 (U.S.A.)

Vincenzo Matera
Medico Chirurgo e Odontoiatra
ma cardiovascolare.
Pubblicazione Dicembre 1996

CUORE E PERICOLI SILENTI

L’ Ischemia silente 

L’ischemia miocardica e una sofferenza che il cuore subisce per inadeguatezza del flusso del sangue a livello delle coronarie, dovuta a fattori diversi come arteriosclerosi trombosi, spasmi ecc.
Con Bayer quale sponsor,è in svolgimento uno screening di massa (sono in esame circa 3.000 persone di sesso maschile ) che rispondono ad una serie di caratteristiche individuali, tra cui alcune variabili riconosciute come fattori di rischio coronarico quali l’indice di massa corporea, la colesterolemia totale, la colesterolemia HDL, la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca elevate, abitudine al fumo ecc.
Lo screening si svolge a Roma e a Firenze ed ha come scopo di stabilire quale sia la frequenza dell’ischemia miocardica silente in persone presunte sane, in età tra 40 e 59 anni, appartenenti alIa classe impiegatizia, per accertare Ie reali dimensioni del fenomeno e stabilire un programma di diagnosi precoce. Infatti sovente si pensa che l’ischemia sia legata al dolore, mentre cibo non è vero e quindi si può essere portatori “sani” di ischemia senza averne il minimo sintomo.
E’ ben noto da decenni che alcuni pazienti, alla prova da sforzo, presentano tipiche alterazioni elettrocardiografiche senza angina ed è pure ben nota che l’infarto o la morte improvvisa da infarto possono avvenire, in una elevata percentuale di casi (circa il 30-40%) senza essere preceduti da alcuna manifestazione dolorosa.
In questi ultimi anni l’attenzione dei cardiologi e stata richiamata sempre più frequentemente al problema dell’ischemia silente e si è potuto accertare che solo una parte degli episodi di ischemia che compaiono nell’arco delle 24 ore si accompagnano a dolore.
E’ soprattutto con il monitoraggio continuo dell’elettrocardiogramma, eseguito con il sistema ambulatoriale o nel paziente allenato che si è potuta precisare tale situazione di cui è evidente l’importanza pratica.
Si è giunti a classificare i pazienti affetti da Ischemia miocardica silente in tre grandi gruppi:
a) pazienti
totalmente asintomatici (oggetto dello studio di cui ci occupiamo in questo articolo)
b) pazienti
con ischemia silente (dopo aver avuto infarto miocardico)
3) pazienti
con ischemia sintomatica (sia per angina, sia senza angina)

Sui 4270 pazienti esaminati durante questo screening si sono evidenziati 363 casi sospetti di cui solo 333 hanno accettato di proseguire Ie indagini; di questi 71 (e gli esami sono stati completati solo per 217 pazienti) hanno confermato i dubbi precedentemente sorti e meritano un ulteriore approfoildimento di indagine che comunque verrà effettuato entro la finne del corrente anno.
Si può ipotizzare quindi che il2-2,5 % della popolazione che crede di essere in “perfetta salute” in realtà è portatrice di ischemia silente. Ovviamente quando, pur non avendo disturbi, la persona appartenga a categoria a rischio per tradizione famigliare, diabete,ipercolesterolemia, ipertensione, abitudine al fumo ecc, e necessario procedere a controlli periodici con elettrocardiogramma da sforzo e con elettrocardiogramma dinamico. Inoltre per tutte Ie persone, ma in particolare per chi è a rischio sarebbe opportuno eliminare o per lo meno ridurre i fattori di rischio con l’abolizione pressochè totale del fumo, impiego di norme dietetiche idonee, controllo della pressione arteriosa; in casi più complessi il medico prescriverà medicinali antianginosi quali betabloccanti, nitroderivati, calcioantagonisti.
Nei casi in cui l’ischemia abbia caratteri minacciosi e particolarmente intensi si dovrà procedere ad interventi di ricanalizzazione coronarica quali l’angioplastica o il bypass aorto-coronarico.

Angelo Bodrato
Farmacista
Pubblicazione Dicembre 1991