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Andropausa e alimentazione

 

Il fumo danneggia l’endotelio, il tessuto che riveste la superficie interna di cuore, vasi, articolazioni.
Inoltre un eccesso di nicotina non aiuta certo la libido.
Non è da meno l’alcool.
E’ molto importante anche l’alimentazione. Non si deve eccedere nel consumo di carboidrati, per prevenire sovrappeso e diabete, seguire un’alimentazione bilanciata tra proteine e carboidrati, senza eliminare del tutto i grassi (a partire dai lipidi e dal colesterolo, infatti, viene sintetizzato testosterone, l’ormone responsabile dei principali caratteri sessuali del maschio); non bisogna assumere grosse quantità di sale, per prevenire l’ipertensione.
Mangiare tanta frutta, molta verdura e soprattutto molte vitamine.
Il testosterone è implicato anche nel funzionamento della tiroide e nella protezione delle cellule cerebrali.
Considerando che in andropausa si crea un ‘ipertrofia della prostata è bene aumentare il consumo di betacarotene e alfacarotene, come il licopene, contenuto nei pomodori, nelle fragole e nei frutti di bosco.
Ma soprattutto, è importante controllare il peso corporeo. L’obesità crea infatti gravi alterazioni del sistema circolatorio perché con l’aumento di peso si produce un ritorno difficoltoso del sangue dai piedi al cuore che causa un minor apporto di ossigeno al muscolo cardiaco e al cervello.

Giacomo FIORI
Specialista in Dietologia Milano
Pubblicazione del 2004

Alimenti ricchi di potassio e poveri di sodio

Di seguito il contenuto in Potassio e Sodio di alcuni alimenti

Albicocche 440 0,6
Banane 420 0,5
Carciofi 430 43
Carne di bue 360 51
Carne di coniglio 390 40
Carne di vitello 359 48
Cavolfiori 400 24
Ciliege 260 1
Fagiolini verdi 300 0,9
Funghi secchi 520 5
Lenticchie secche 1200 3
Mandorle secche 690 3
Pasta alimentare 174 12
Patate 410 0,8
Piselli freschi 380 0,9
Prugne secche 848 5
Uva 254 2
Zucca gialla 480 0,6

LA DIETA NELLA CALCOLOSI RENALE

La dieta nella calcolosi renale

Quando gli accertamenti diagnostici hanno rivelato la presenza di concrezioni cristalline nei reni e nelle vie urinarie, si può iniziare ad impostare uno schema dietetico. Riducendo dall’alimentazione tutti quei composti che solitamente sono presenti nei calcoli renali e che concorrono a formarli.
Ossia purine (dalla cui scissione metabolica si forma acido urico), fosfati (che però sono diffusissimi negli alimenti), calcio, ossalati.
 Ma più corretta sarà la dieta se potrà essere precisata la natura chimica dei calcoli.
Infatti un ruolo importante è giocato dal grado di acidità delle urine, che solitamente si indica con la sigla pH.
La precipitazione di sali in alcuni casi è favorita da un pH acido (ossia con valore inferiore a 7), come accade per l’acido urico; in altri casi richiede invece un ambiente alcalino (superiore a 7 gradi di pH) come si verifica per i fosfati.
Per poter influire sul pH urinario attraverso un adatto regime alimentare, è necessario quindi conoscere la natura dei calcoli.
Prenderemo in considerazione la dieta da seguire sia quando non è precisata la natura della litiasi, sia quando sono note le sostanze che l’ hanno prodotta.
Dieta nella calcolosi di natura non precisata
In questo caso sarà consigliabile rivolgersi ad alimenti poveri di purine e di acido ossalico, controllati per quanto riguarda il calcio e con una certa quota di proteine, per evitare un’eccessiva alcalinizzazione delle urine.
Alimenti permessi:
Latte e latticini in quantità moderate, pasta, riso, pane, carne di manzo, pollo, prosciutto magro, pesce magro, uova, patate, pomodori, mele, uva, acqua oligominerale in abbondanza tè leggero, caffè d’orzo.
Alimenti esclusi:
Agnello, vitello, coniglio, piccione, (e in genere carni di animali giovani), carni gelatinose e conservate, pesci grassi, salmone, crostacei, caviale, legumi (piselli, lenticchie, fagioli, etc.), funghi, asparagi, spinaci, bietole, sedano, melanzane, pere, prugne, ribes, fichi secchi, caffè, cioccolata, bevande alcoliche.
Dieta nella calcolosi ossalica
L’acido ossalico precipita soprattutto come ossalato di calcio. Dalla dieta dovranno essere esclusi gli alimenti ricchi di acido ossalico mentre quelli ricchi di calcio (che poi sono rappresentati particolarmente da latte e formaggi) saranno semplicemente ridotti.
Gli alimenti ricchi di acido ossalico (e quindi da cancellare) sono: sedano, spinaci, bietole, rabarbaro, cioccolato, pepe, infuso di té, piselli, rape, fagioli bianchi e verdi, fichi secchi, prugne secche, zucchero, miele e dolci devono essere consumati con moderazione perché possono aumentare l’ossaluria.
Per il loro contenuto di purine (basi azotate presenti negli acidi nucIeici) sono pure da escludere selvaggina, sardine, caviale, frattaglie.
Esempio di dieta da 1800 Calorie
protidi 12 %
lipidi 30 %
glicidi 58 %
Colazione
latte ml. 200; zucchero g. 20; pane g. 50, o grissini g. 35, oppure yogourt alla frutta, 25 g, fette biscottate g. 35.
Pranzo
riso o pasta g. 50; burro o olio g.10, bistecca di manzo g. 100 o pesce in bianco g. 150; olio g. 5, carote e zucchine o pomodori o lattuga g.150; olio g. 10 frutta da stagione g. 200; pane g. 40 e grissini g. 30.
Cena
pastina in brodo g. 40; prosciutto g. 40 e ricotta g. 100 e uova alla coque, insalata verde o altre varianti (come per il pranzo) g. 200; olio g. 10 frutta g. 200; pane g. 40.

 

Dieta nella calcolosi fosfatica
La precipitazione di fosfato di calcio è favorita da un ambiente alcalino delle urine; è quindi importante una dieta acidificante, con consumi di carne purché siano evitate le solite frattaglie, selvaggina, pesci grassi.
Latte e derivati dovranno essere ridotti e inoltre uova, legumi e frutta secca.
Consideriamo il solito esempio di dieta da 1800 Calorie:
protidi 16 %
lipidi 29 %
glucidi 55 %
colazione
tè con zucchero g 20; grissini o fette biscottate g. 25.
pranzo:
pasta o riso g 70; olio g 5
manzo, pollo, g 130 o pesce g 200; olio g 5 carote oppure lattuga, fagiolini, zucchine, pomodori g 100; olio g 10.
frutta da stagione g 200.
pane g 60 oppure grissini g 40
cena
riso g 40 con brodo; olio g 5; prosciutto cotto e crudo g 60; carote e le altre
varianti previste g 100; olio. g l0; mele g 200; pane g 60 oppure grissini g 40.

Dieta nella calcolosi urica
L’acido urico, prodotto ultimo del catabolismo delle purine, precipita preferibilmente in ambiente acido. Bisogna quindi cercare di correggere il pH urinario con una dieta alcalinizzante, ricca di frutta e verdura. E nello stesso tempo evitare gli alimenti ricchi di purine; acciughe, sardine, frattaglie, cervello, selvaggina, carne di maiale, agnello.
Esempio di dieta consigliabile da 1800 Calorie:
Protidi: 17 %
lipiti: 26 %
lucidi 57%
colazione
Latte ml 200 e yogurt ml 200 o té al latte;
zucchero g 20;
pane g 40 e grissini e fette biscottate g 30.
pranzo
Pasta o riso g 70; olio e burro g 10 anche con passato di pomodoro e altre verdure permesse.
Manzo lessato o arrosto g 100 oppure pesce alla griglia o in bianco g 150; olio g 10
Pomodori e fagiolini, zucchine, patate, insalata verde, carote g 100; olio g 10 mele o frutta di stagione g 200;
Pane g 40 e grissini g 30.
cena
Minestra di verdura con riso o pasta g 40; olio g 5;
crescenza g 70, o ricotta g 140, o uova al pomodoro e prosciutto cotto g 60;
fagiolini e altre verdure ammesse g 200; olio g 10.
Frutta g 40.

Alcune norme dietetiche generali
È consigliabile controllare scrupolosamente la quantità di urina emessa nell’arco delle 24 ore; non dovrebbe essere inferiore a 1300ml; per provocare aumento della diuresi il paziente deve assumere molta acqua oligominerale e cibi liquidi; è consigliabile bere anche nelle ore notturne per evitare una eccessiva concentrazione delle urine, raggiungibile in queste ore; è necessario evitare eccessi dietetici e consumo di cibi abbondantemente speziati; La dieta deve essere varia e proporzionata alle richieste energetiche dell’organismo; è importante fare attività fisica e combattere la sedentarietà.

LA DIETA NELL’IPERTENSIONE

LUNEDI’

Colazione: frutta di stagione
Spuntino: yoghurt intero
Pranzo: crudità-olio, passato di ceci con crostini di pane di segale semintegrale o toscano senza sale tostato
Merenda: (facoltativa): frutta di stagione
Cena: crudità-olio, mandorle, pane di segale semintegrale o pane toscano senza sale

Pranzo (preparazione)
Mescolare della cicoria con mezzo cetriolo affettato, 1 carotina grattugiata e una falda di peperone a listerelle; condire con un trito di basilico, maggiorana, origano e olio.
Far cuocere i ceci già ammollati in acqua con rosmarino e aglio. Passare al setaccio, riversare in pentola, aggiungere un cucchiaino di succo di pomodoro, un trito di aglio e prezzemolo e pepe. Controllare la densità e servire.

Cena (preparazione)
Affettare due cuoricini di carciofi, 1 piccolo cespo di insalata belga e tagliare qualche mandorla sbucciata a filetti. Riunire in una insalatiera le verdure preparate, 2 cucchiaiate di chicchi di granoturco tenero fresco (oppure germi di soia), le mandorle, 1 cipollina norella tagliata finemente e condire con 1 cucchiaio di olio e pepe.

MERCOLEDI’
Colazione: frutta di stagione
Spuntino: biscotti secchi integrali senza uova
Pranzo: crudità-olio, crema di fagioli freschi o surgelati con crostini di pane di segale semintegrale o toscano senza sale tostato
Merenda: (facoltativa): frutta di stagione
Cena: crudita-olio, mozzarella, pane (vedi sopra)

Pranzo (Preparazione)
Condire un piccolo cespo di insalata belga a listerelle e delle carotine, con olio, foglioline di acetosa e pepe. Preparare la minestra: cuocere un etto circa di fagioli freschi sgranati in un miscuglio di latte magro e acqua con un battuto di cipolla, aglio, carota e prezzemolo. Passare al setaccio, riversare in pentola, riscaldare e completare con un cucchiaino di succo di pomodoro e pepe.

Cena (Preparazione)
Tagliare due pomodori a fette piuttosto spesse, eliminare i semi e lasciarli sgocciolare su una griglia. Tagliare una mozzarella a fette delle stesse dimensioni e spessore dei pomodori e sistemare tra due fette di pomodori una di mozzarella. Sistemare i sandwiches su un piatto, spolverizzarli con un trito di origano o basilico e aglio; condire con olio e, tra un pomodoro e l’altro sistemare fettine di carote crude.

VENERDI’
Colazione: frutta di stagione
Spuntino: yoghurt intero
Pranzo: crudità-olio petto di pollo pane di segale semintegrale o pane tostato senza sale
Merenda: (facoltativo) frutta di stagione
Cena: crudità-olio orzo con ricotta

Pranzo (preparazione)
Riunire in una terrinetta una falda di peperone rosso a filettini, 2 cipolline novelle a rondelli e foglioline di cicoria matta (o radicchio di campagna) e condire con olio, poco sale e qualche goccia di aceto.
Marinare il petto di pollo in un trito di erbe aromatiche (salvia, rosmarino, aglio e alloro) e succo di limone per un’oretta, cuocerlo su una griglia molto calda e pepare a fine cottura.

Cena (Preparazione)
Preparare un’insalata di carote grattugiate e fettine crude di zucchine tagliate sottilissime e condite con olio.
Schiacciare la ricotta; peparla, insaporirla con un trito finissimo di rucola ed erba cipollina e condirla con olio. Cuocere dell’orzo perlato in acqua fredda aromatizzata con un trito di cipolla e prezzemolo per circa 45 minuti (in modo da consumare il liquido). Unire 1 cucchiaino di olio.

DOMENICA
Colazione: frutta di stagione
Spuntino: yoghurt intero
Pranzo: crudità-olio, passato di fave con crostini di pane tostato
Merenda: (facoltativa): frutta di stagione
Cena: crudità-olio, orzo con verdure, 1 uovo con verdure cotte

Pranzo (Preparazione)
Riunire alcune punte di asparagi freschi tenerissimi, 2 cappelle di funghi champignon a fette, 1 cuore di carciofo affettato e 1 pomodoro a rondelli; spruzzare con un po’ di succo di limone e condire con un cucchiaio di olio. Lessare delle fave; far appassire un trito di cipolla, prezzemolo, aglio e basilico in poco olio, unirvi le fave passate al setaccio e qualche filetto di polpa di pomodoro schiacciato.

Cena (Preparazione)
Per la minestra cuocere l’orzo in abbondante acqua aromatizzata con un trito di verdure aromatiche e un pomodoro a pezzi.
Gustare una insalata di radicchio di campo (o cicoria matta) mescolata con spicchi di pomodoro. Cucinare l’uovo all’occhio di bue senza aggiunta di grassi (a vapore). Servirlo con carote, fagiolini e patate lessati e conditi con poco olio.

DIETA DURANTE LA COMPETIZIONE

Esempio di razione dietetica nel giorno della gara (pasto pre-competitivo)

Kcal 1.600. Protidi g 57; lipidi g 57; glicidi g 224

Colazione 
tè o caffè leggeri
2 fette biscottate con g 10 di burro e g 50 di marmellata o miele

Ore 11
passato di verdura con g 30 di pastina, o riso oppure g. 100-120 di fiocchi d’avena o farina di cereali
g 150 di carne tritata con 1 tuorlo d’uovo, cotta ai ferri o al vapore o in padella con minimo di grassi
g 100 di insalata con g 10 di olio e limone
g 100 di pane
g 120 di frutta fresca o cotta zuccherata
caffé d’orzo zuccherato
tutto il pasto deve essere abbondantemente salato

Razione d’attesa
ml 750 di succo di frutta fresca con g 20 di miele o levulosio** da bere ogni 1/2-1 ora nel periodo (3-3,30’ ore) che va dall’ultimo pasto a1/2 ora prima della gara
* Tè o caffè dovranno essere leggeri per non provocare nell’atleta psichicamente instabile ansia, palpitazioni, tremori.
** Il levulosio consente meglio degli altri zuccheri un rapido accumulo di riserve di glucosio (il miele ne contiene il 50%)

LA DIETA DURANTE L’ALLENAMENTO

Non saranno consumati più di 1 o 2 bicchieri di bevande durante i pasti per non diluire i succhi gastrici e rallentare così la digestione.E’ meglio bere tra un pasto e l’altro per soddisfare un apporto idrico giornaliero di circa 1500 cc.

Sconsigliabili i cibi poco digeribili: frutta secca, pesce salato, verdura cruda, ricca di cellulosa e legumi interi.

Esempio di razione dietetica e sua distribuzione durante l’allenamento
Kcal 3.430. Protidi g 121; lipidi g 100; glicidi g 500.

Colazione
cereali (cornflakes, semolino, fiocchi d’avena)
latte intero (ml 500) zuccherato (2-3 zollette)
2 fette biscottate (o pane tostato) con burro e marmellata o miele
1 frutto ben maturo (pera, mela, pesca, pompelmo) o succo di frutta
1 fetta di prosciutto magro o di carne o un uovo, se graditi.

Pranzo 
g 100 di passato di legumi o g 100 di pasta o riso asciutti conditi con poco pomodoro fresco ed olio crudo
g 200 di carne o pesce alla griglia o arrosto o a vapore conditi con olio crudo (o due uova)
g 50 di formaggio
g 100 di verdura cruda o cotta
g 100 di frutta matura
g 100 di pane

Merenda
tè o latte zuccherato
2-3 fette biscottate con burro e marmellata

Cena
g 50 di passato di verdura con tapioca o pastina o 2 uova
g 30 di formaggio
g 100 di frutta matura cruda o cotta
g 100 di pane

In coincidenza con la richiesta del massimo sforzo agonistico (gara) il pasto serale del giorno precedente
deve essere leggero con esclusione di pasta o riso.
Si daranno:
- 100 g di fiocchi d’avena in brodo vegetale
- 150 g di carne arrosto
- nessuna verdura per non ingombrare l’intestino
- 1 bicchiere di latte
- frutta o dolci (torta)
- niente vino o liquori.
Alle ore 22 un bicchiere di latte tiepido con molto zucchero oppure una tazza di camomilla anch’essa ben zuccherata, specialmente se l’atleta è di temperamento nervoso.

IL MELASMA

Cloasma è il sinonimo con cui si definisce la condizione quando si manifesta durante la gravidanza. Tuttavia tale termine è improprio: infatti cloasma deriva dal greco cloazein che significa “essere verde”, mentre “melas”, sempre di origine greca, significa “nero”. Dal momento che la pigmentazione non è mai verde, è più corretta la dizione di melasma.

Il melasma si osserva nel 90% dei casi nelle donne in età riproduttiva, che assumono la pillola anticoncezionale o in corso di gravidanza (da cui il termine di maschera gravidica).
Sono però riportati casi in corso di disfunzione ovarica o tiroidea o a seguito di assunzione di farmaco forosensibilizzante (fenitoina).
La pigmentazione, di colore marrone scuro, può localizzarsi a due livelli: confinata allo strato superficiale della cute, l’ epidermide, oppure nello strato più profondo, il derma. La lampada di Wood (lampada che emette ultravioletti nella frequenza 340-400 nm, utilizzata in ambiente scuro) può permettere di visualizzarne la distribuzione: infatti il pigmento epidermico si accentua quando è esaminato con tale luce, diversamente da quello dermico.
Non sempre però è così agevole la differenziazione in quanto la pigmentazione può essere presente, in maggiore o minore grado, in entrambi gli strati cutanei.
Per l’ etiopatogenesi, la predisposizione genetica (nel 30% dei casi vi è familiarità per il melasma, i soggetti affetti hanno cute marrone chiaro) e l’influenza ormonale (la comparsa del melasma in gravidanza o in soggetti che assumono i contraccettivi orali ne sono testimonianza) sono sicuramente due importanti fattori.
Ma il ruolo fondamentale nello sviluppo di questa pigmentazione è l’ esposizione al sole. Tutte le lunghezze d’ onda delle radiazioni solari compreso lo spettro visibile sono in grado di indurre il melasma. Inoltre le radiazioni ultraviolette, causando la perossidazione dei lipidi nelle membrane cellulari, generano la formazione di radicali liberi che possono stimolare i melanociti a produrre melanina in eccesso.
La cura del melasma può riservare difficoltà legate in gran parte al livello a cui si colloca il pigmento: sarà infatti relativamente più agevole e rapida se la pigmentazione è epidermica. Il pigmento dermico invece, mancando una efficace terapia per rimuoverlo, impone tempi lunghi (mesi o anni). Tuttavia ciò non deve scoraggiare. Infatti la fonte del pigmento dermico è l’ epidermide: pertanto se si riesce a inibire la melanogenesi epidermica per un periodo sufficientemente lungo, il pigmento dermico non sarà sostituito e quindi, pur lentamente, si risolverà.
Fondamentale, qualunque sia il livello della pigmentazione, è evitare il sole, nel limite del praticabile, e usare protettori solari ad ampio spettro (SPF 15 o più) ogni mattino, tutti i giorni dell’ anno, indipendentemente se vi sia o meno il sole. Un giorno di esposizione al sole senza fotoprotezione può pregiudicare mesi di trattamento, specie in soggetti con tendenza alla forma dermica.
Utile anche l’uso di copricapo.
Alla fotoprotezione si affiancherà l’ uso di prodotti topici sbiancanti, oltre ad eventuali peeling superficiali nell’ intento di accelerarne la risoluzione attraverso una tenue esfoliazione.
Il successo della terapia richiede comunque grande disciplina e molta pazienza. Il melasma si sviluppa gradualmente ed anche la risoluzione è graduale: possono volerci mesi.

RIASSUMENDO

Che cos’è?
E’ una condizione cutanea caratterizzata dallo sviluppo sul viso di macchie marroni

In quali zone del viso?
Principalmente sul viso, sulla fronte, sul labbro superiore.

Come si presenta?
Si tratta di macchie di colore marrone uniforme, di forma irregolare, con margini netti che si accentuano in maniera marcata durante l’estate.

Può dare dei sintomi?
No.

Quali sono le cause?
Tre sono i fattori causali fondamentali: predisposizione genetica, attività ormonale e soprattutto esposizione al sole.

Chi ne è colpito?
Nella maggioranza dei casi le donne che stanno assumendo la pillola anticoncezionale o in stato di gravidanza: infatti il melasma viene anche definito “maschera della gravidanza”.

Come viene diagnosticato?
La diagnosi si basa sull’osservazione clinica.

Il cloasma è la stessa cosa?
Si. E’ il termine che spesso si usa per le pigmentazioni che si presentano sui viso delle donne gravide.

Ci sono rischi per chi vive a contatto con chi è affetto da melasma?
No, perchè non è contagioso.

Si può curare?
La cura del melasma non sempre è agevole. Fondamentale è l’uso di un protettore solare con SPF pari o superiore a 15, evitare l’esposizione solare e utilizzare schiarenti cutanei. Mai “il fai da te”, ma sentire il parere di uno specialista dermatologo.

Occorre tanto tempo per avere dei risultati?
La risoluzione è graduate: nell’ordine di mesi (talvolta tanti).

Si può prevenire?
Si può ridurre il rischio non assumendo la pillola ed evitando il sole oltre a proteggere la cute con un prodotto efficace. Ciò vale soprattutto per quelle donne nella cui famiglia vi sono già stati casi di melasma.

Il melasma può dare effetti a lungo termine?
No, è un problema puramente estetico

Luciano Schiazza -dermatologo
pubblicazione del 2003

LA PITYRIASIS VERSICOLOR

E’ l’ aspetto antiestetico che avvicina il paziente al dermatologo. Infatti non sono presenti sintomi soggettivi nè effetti sullo stato generale: la salute del soggetto è buona. La cute, talora sgradevole alla vista, contrasta quindi con la benignità della malattia che ha un nome curioso: Pityriasis versicolor (P.v.).

La Pityriasis versicolor deve il suo nome (versicolor) alla presenza di macchie multicolori: infatti accanto alla varietà acromizzante (chiazze biancastre) che raccoglie circa la metà dei casi ed è particolarmente evidente nei soggetti a cute scura e dopo l’esposizione al sole (il fungo esercita una azione inibitoria sulla pigmentazione), si possono osservare la varietà bruna (chiazze color bruno-camoscio, caffelatte) e la varietà eritematosa (chiazze rosate). Tali quadri clinici sono presenti nella maggioranza dei casi singolarmente; talora, molto più raramente, coesistono nello stesso paziente (soggetti a cute chiara non esposta al sole), dando origine alla varietà variopinta.
Accanto al colore, le macule di Pityriasis versicolor in fase attiva e non trattate, sono caratterizzate dalla presenza sulla superficie di minute squame che assomigliano a crusca (da cui il nome Pityriasis, dal greco pituron=crusca) che possono essere facilmente rimosse senza emorragia con un colpo d’unghia od una curette smussa (cosiddetto “segno del colpo d’unghia””scratch sign” per gli anglosassoni, “signe du coup d’ongle” per i francesi oppure “segno del truciolo” – “chip sign”, “signe du coupeau”-).
Le dimensioni delle macchie possono variare da pochissimi millimetri (1-2) a qualche centimetro (con forme ovalari o rotondeggianti), il numero degli elementi da pochi a decine e decine, l’ estensione da localizzata ad un segmento cutaneo a generalizzata su di una grande area cutanea.
Le sedi più comunemente interessate sono la parte superiore del tronco e del dorso e il collo. Meno frequentemente il viso (lungo l’attaccatura dei capelli), gli arti superiori ed inferiori, le pieghe cutanee (cavi ascellari, inguine, piega del gomito, cavo popliteo, solchi sottomammari), il pube, il pene, il seno.
L’agente causale della malattia (denominato Malassezia furfur, Pityrosporum orbicolare, Pityrosporum ovale) è un lievito lipofilo e lipido-dipendente (ossia necessita di grassi per vivere), saprofita della cute (ossia vive a spese della cute senza danneggiarla) ed in particolare del follicolo pilifero; è presente in un’altissima percentuale della popolazione sana. Poichè relativamente modesta è la percentuale di persone affette da Pityriasis versicolor rispetto ai portatori asintomatici (ossia senza manifestazioni cliniche della malattia) occorre che vi siano fattori favorenti che inducano il passaggio del lievito da saprofita a parassita patogeno (in questo caso vive a spese della cute danneggiandola).
Innanzitutto è da porsi l’assunto di una predisposizione genetica. Infatti in contrasto con la scarsa o nulla contagiosità del lievito (come è dimostrato dalle numerosissime coppie in cui la moglie od il marito ha la Pityriasis versicolor mentre l’ altro coniuge ne è esente), non è raro osservare nuclei familiari della medesima discendenza ammalati.
Su questo carattere individuale fondamentale se ne inseriscono altri, chiaramente favorenti:

1) i lipidi (grassi) cutanei (come detto in precedenza il lievito si nutre di grassi), sia di produzione delle ghiandole sebacee sia derivanti dalla decomposizione delle cellule della cute;
2) la secrezione sudorale influenza la crescita poichè, come ogni altro fungo, il Pityrosporum ha bisogno di umidità per crescere;
3) il clima caldo-umido.

Da quest’ insieme di fattori si comprende come:

A) le zone colpite dalla malattia siano quelle in cui sono presenti le ghiandole sebacee, ossia tutto il corpo tranne le piante dei piedi e il palmo delle mani (vedi punto 1 dei fattori favorenti);
B) siano affetti maggiormente soggetti con abbondante sudorazione, oppure persone che frequentino luoghi in cui essa sia stimolata (saune, palestre, ecc.) oppure indossino indumenti sintetici che mantengono umida la pelle (vedi punto 2);
C) nel nostro paese sia tipica la periodicità estiva (vedi punto 3): il clima caldoumido estivo infatti stimola la sudorazione e l’esposizione ai raggi ultravioletti la produzione di melanina, responsabile dell’abbronzatura e quindi di quel contrasto cromatico che è alla base dell’inestetismo della malattia.

Nella diagnosi dell’affezione bisogna tenere conto che non tutte le macchie bianche della cute sono Pityriasis versicolor. Capita spesso infatti che si presentino a visita persone erroneamente convinte di avere tale malattia. Ricordiamo ad esempio come la vitiligine, laPityrisiasi alba (tipica del volto dei bambini), le acromie lenticolari idiopatiche (presenti sulle gambe di persone in età matura, specie se con precedenti di prolungate esposizioni solari), le discromie che talora seguono l’abbronzatura simulino talora la Pityriasis versicolor La certezza della diagnosi si basa sull’ esperienza dello specialista dermatologo che può intuirla attraverso alcune caratteristiche della malattia oppure, in caso di dubbio, mediante un esame microscopico diretto delle squame cornee prelevate da una chiazza tramite delicato curretage o esaminando la cute del paziente, in ambiente buio, con la lampada di Wood (lampada a raggi ultravioletti di una determinata lunghezza d’onda): le lesioni di Pityriasis versicolor emettono una inconfondibile e tipica fluorescenza giallo-verdastra, permettendo altresì di scoprire macchie peraltro invisibili a occhio nudo.

La terapia della Pityriasis versicolor si basa sull’uso di farmaci da applicare sulla cute o da assumere per via orale, avendo presente che un ciclo di cura non ha efficacia perenne, data la tendenza a ripetersi della malattia, e che le cure e gli accertamenti dovrebbero essere preferibilmente opera dello specialista dermatologo.

Luciano Schiazza -dermatologo
pubblicazione del 2003

LA MALATTIA MANI PIEDI BOCCA

La trasmissione della malattia avviene per contatto diretto con secrezioni nasali, orali o materiale fecale di persona infetta, la cui contagiosità è massima nella prima settimana di malattia.

Nei nostri climi tende a manifestarsi nella stagione temperata, specialmente tarda estate-inizio autunno.
I più colpiti sono i bambini sotto i 10 anni di età, anche se chiunque potenzialmente può essere infettato.
Il periodo di incubazione (che intercorre tra il contagio e la comparsa dei sintomi) è in media di 3-6 giorni.
I primi segni della MMPB sono generici quali febbre (in media 38.3°C), scarso appetito, sensazione di malessere, dolori addominali. Dopo 1-2 giorni dall’inizio della febbre compare l’enantema che si localizza sulla lingua (44% dei casi), sulle gengive, sulla parte interna delle guance, sul palato. Si tratta di macule rosse che evolvono in vescicole su base rossa. Raramente però è possibile vederle poichè esse facilmente si rompono lasciando rosioni dolorose al punto di causare spesso difficoltà ad alimentarsi.
L’eruzione nella cavità orale precede la comparsa delle lesioni cutanee che tipicamente si localizzano alle mani (regione palmare), ai piedi (regione plantare) ed alle natiche. Anche qui compaiono dapprima maculopapule rosse di 2-10 mm. che al centro si trasformano in vescicole grigiastre caratteristiche: infatti sono ellittiche con l’ asse maggiore disposto parallelamente alle linee di tensione cutanea: non sono pruriginose.
Nel giro di 7-10 giorni vi è la guarigione spontanea.
Occasionalmente il paziente può presentare febbre alta, intenso malessere, diarrea e artralgie; raramente si associa una meningite asettica o virale.
In caso di infezione della donna nel 1° trimestre di gravidanza vi può essere aborto spontaneo o ritardo di crescita intrauterina.
Non esiste terapia specifica per tale malattia. L’intervento medico si limita a porre sollievo alla febbre o agli eventuali dolori delle ulcerazioni in bocca.
Riassumendo

Come si trasmette?
E’ un’infezione virale
Qual è la causa?
E’ causata comunemente dal coxsackievirus A16, appartenente agli enterovirus.
E’ contagiosa?
Si
Come si trasmette?
Per contatto diretto con secrezioni nasali e/o orali o materiale fecale di persona infetta.
Quanto dura l’incubazione?
3/6 giorni in media
Chi colpisce?
Chiunque, ma più frequentemente i bambini sotto i 10 anni di età
Quando?
Solitamente tarda estate-inizio autunno.
Come si manifesta?
Esordisce con sintomi generici quali febbre lieve, scarso appetito, malessere, dolore addominale.
Dopo 1-2 giorni compaiono le lesioni in bocca, tipicamente erosioni dolorose. Dopo altri 1-2 giorni compaiono sulle regioni palmari e plantari ed anche alle natiche lesioni, tipiche vescicole ovolari disposte parallelamente alle linee di tensione cutanea.
E’ una malattia grave?
Di solito no
Qual è il decorso?
Di solito si risolve spontaneamente in 7/10 giorni
Vi sono complicazioni?
Raramente. Occorre comunque seguire il paziente durante la malattia per eventuali segni di meningite.
Com’è la prognosi?
Eccellente.
Come si cura?
Non vi è terapia specifica. Al bisogno, sintomatici per la febbre e per le erosioni in bocca.
La malattia può recidivare?
Si, se la nuova infezione è causata da un enterovirus diverso da quello che ha determinato il primo episodio.
Il bambino può continuare a frequentare la scuola?
Si, in quanto non è contemplato l’allontanamento del bambino dalla scuola; tuttavia sarebbe bene evitare situazioni di stretto contatto con altri bambini, per ridurre la diffusione della malattia.

Infine è bene ricordare che…

…il virus può essere presente nelle feci del paziente per un mese.
…non si devono rompere le bolle (per ridurre la diffusione del virus)
…il paziente e i famigliari devono lavare frequentemente e con accuratezza le mani.

Luciano Schiazza – dermatologo
pubblicazione del 2003

DETERSIONE E PROTEZIONE DELL’INFANZIA

- Epidermide: è un tessuto dinamico che si rigenera continuamente e che rappresenta una vera barriera semipermeabile contro la penetrazione di sostanze estranee. E’ costituita da diversi strati: basale, spinoso, granuloso, lucido e corneo. 

Le cellule dello strato corneo sono ricche di cheratina, una sostanza che conferisce alIa pelle resistenza e impermeabilità agli agenti esterni. Esse si desquamano continuamente e vengono perciò rimpiazzate da altre cellule che si formano nello strato sottostante basale. Nello strato basale si forma una sostanza nota come melanina, un pigmento bruno che ha funzione di proteggere la pelle dalla stimolazione del sole, conferendo ad essa una colorazione nota come abbronzatura. L’ epidermide si rinnova continuamente: le cellule si formano, muoiono e vengono eliminate in un processo di trasformazione che dura circa una ventina di giorni.

- Derma: è la struttura che dà nutrimento alla pelle. Nel derma si possono distinguere due strati: quello superficiale (detto anche papillare) e quello profondo (o reticolare), rappresentati da tessuto connettivo fibroso le cui fibre collagene, elastiche e reticolari, hanno direzione sia parallela che perpendicolare alla superficie cutanea in modo da formare una maglia caratteristica che dà alla cute la qualità di essere distendibile.
Il derma è ricco di:
- un complesso sistema di vasi sanguigni che nutrono la pelle;
- nervi e terminazioni nervose sensoriali che prima raccolgono gli stimoli tattili quali caldo, freddo, ruvido, liscio, pressione, dolore etc. esercitati sulla pelle e poi li trasmettono al cervello.
Nel derma sono impiantate, inoltre:
1) le ghiandole sudoripare che secernono il sudore (costituito da acqua, sali minerali, urea e tossine) che ha il compito di espellere dall’ organismo una parte delle tossine e che, evaporando, rinfresca la pelle;
2) le ghiandole sebacee, sparse con differente densità per tutta la superficie cutanea, producono il sebo (secrezione a base di lipidi), che mantiene la pelle elastica e tonificata, svolgendo inoltre una funzione batteriostatica (impedisce cioè che i batteri entrino nell’ organismo).
- Ipoderma: è lo strato più interno e ha fondamentalmente il compito di proteggere gli organi dai traumi e dalla dispersione di calore oltre a rappresentare una riserva energetica che si deposita sotto la superficie della pelle.

“Come la pelle di un neonato”
E’ un’espressione oramai proverbiale per indicare una pelle liscia, vellutata e morbida. A queste qualità vanno però associate anche la delicatezza e la vulnerabilità che caratterizzano la pelle del bambino soggetta dunque facilmente ad arrossamenti ed irritazioni (soprattutto in certe zone “a rischio”) causate da agenti esterni o interni.
La pelle del neonato, a differenza di quella dell’adulto, non è ancora completamente formata ed è perciò piuttosto fragile; la conoscenza, quindi, delle sue caratteristiche aiuta a seguire un buon programma di igiene.
Al momento della nascita la pelle appare completamente ricoperta da una membrana protettiva di colore bianco-giallastro, la cosiddetta vernice caseosa, formata da sebo e da cellule desquamate prodotta dalle ghiandole sebacee durante il periodo fetale che ha I’importante funzione di protezione contro la macerazione provocata dal liquido amniotico. Rapidamente la secrezione di sebo nel bambino diminuisce e la vernice caseosa viene rimossa, ciò può causare secchezza cutanea. Tale rimozione è spesso accentuata dall’uso sconsiderato di detergenti che contengono sostanze troppo aggressive.
La superficie cutanea del bambino, in rapporto al suo peso, è inoItre relativamente piu estesa rispettò a quella dell’adulto, e ciò può comportare una maggiore concentrazione di sostanze assorbite attraverso la pelle, ciò moltiplica le possibilità di assorbimento di tutto ciò che viene applicato sull’ epidermide e aumenta, di conseguenza, i rischi di inconvenienti dovuti all’uso di prodotti cosmetici non adatti.
OItre a ciò la estrema fragilità della pelle del lattante aumenta i rischi legati al contatto prolungato con fattori irritanti quali urine, feci, pannolini, biancheria, prodotti da toilette. La pulizia periodica delI’area del pannolino va perciò eseguita frequentemente tutte le voIte che il bambino è bagnato o sporco, per evitare che un contatto prolungato con gli escrementi possa infiammare ed irritare la fragile cute. Nel lattante è frequente infatti la dermatite da pannolino, un’irritazione della pelle del sederino e dei genitali, causata dal contatto prolungato con le feci e le urine (in particolare con l’ammoniaca presente nella pipì), che alla lunga macerano la pelle provocando arrossamenti spesso dolorosi quando si toccano, qualche voIta accompagnati da vesciche e piaghe.
Per prevenire I’ eritema dell’area del pannolino la pelle va lavata ad ogni cambio con acqua tiepida, ricordando di eseguire la pulizia nelle femmine dall’ avanti all’indietro, in modo da evitare di trasportare sostanze irritanti dalla regione anale a quella vaginale. Per la pulizia ci si può servire di batuffoli di ovatta (mai spugne, in quanto sono assolutamente antigieniche per questo impiego, poiché si impregnano di sporcizia), aprendo e pulendo con cura tutte le pieghe. La cute va poi asciugata per contatto applicando successivamente una pasta protettiva (vedremo questo in modo più dettagliato nel rito del bagnetto di seguito descritto ).
La quantità di acqua che è contenuta negli strati piu profondi della pelle è moIto importante perchè ad essa si deve la delicatezza e l’estrema fragilità della pelle del bambino, ma anche la scarsa resistenza e la poca tonicità.
Nei primi anni di vita, quindi, i prodotti più usati per la cura della pelle del bambino possono essere distinti in:
* Detergenti
* Protettivi

DETERGENTI
Un buon prodotto detergente deve possedere un’azione emolliente in grado di garantire setosità e trasparenza cutanea. Deve pulire a fondo la pelle, senza inaridirla ed irritarla, rispettando quel film idrolipidico che funge da difesa e protezione contro l’attacco degli agenti esterni dannosi.
Ma in realtà cos’è un sapone?
Una molecola di sapone contiene una lunga catena idrocarburica ed un’estremità ionica.
La parte idrocarburica della molecola è idrofoba (cioè poco affine all’ acqua) e solubile nei composti apolari, mentre la testa ionica è idrofila (cioè si scioglie in acqua). A causa della catena idrocarburica la molecola di sapone non può sciogliersi completamente in acqua ed il sapone resta sospeso nell’acqua in forma di micelle, cioè di aggregati di 50-200 molecole aventi I’ estremità ionica verso l’ acqua e le catene idrocarburiche legate tra loro da forze dispersive (Heitler-London) a costituire il cosiddetto “cuore micellare”
Il pregio di un sapone sta nella sua capacità di emulsionare lo sporco, in modo che lo si possa sciacquare con acqua. Le proprietà emulsive sono dovute al fatto che la parte idrocarburica delle molecole di sapone si scioglie in sostanze apolari, ovvero lo sporco, mentre le teste ioniche vengono attratte dall’ acqua, e si respingono tra di loro obbligando lo sporco a rimanere sospeso in forma di microgocce. Oggi, con una certa incoscienza, si tende ad un uso eccessivo di detergenti spesso inadeguati.
La loro azione lesiva viene incrementata dall’utilizzo, nella loro formulazione, di sostanze eccessivamente aggressive. L’uso sconsiderato di detergenti comuni può aIterare il film idrolipidico e il pH cutaneo (cioè il livello di acidità della pelle) del piccolo, mentre esistono prodotti specifici, in grado di rispettare il naturale equilibrio epidermico. Per non irritare la pelle delicata del bambino occorrono, quindi, detergenti specifici per l’infanzia. Il mercato propone una vasta gamma di prodotti: dalla saponetta al bagnoschiuma, all’olio da bagno, allo shampoo. I piu delicati hanno un pH di circa 5,5, (il più simile alle condizioni fisiologiche della cute) indicati soprattutto se il bambino è predisposto a reazioni allergiche, tra questi ricordiamo gli olii da bagno che svolgono un’azione lenitiva e idratante e addolciscono I’ acqua molto calcarea.
Vietati, quindi, saponi aggressivi, profumi o acqua di colonia: irritano la pelIe, la impoveriscono e la disidratano, causando fastidiose screpolature. Generalmente buoni prodotti contengono olii (olio di mandorla, olio di vaselina) che opportunamente miscelati consentono di formulare detergenti che puliscono per affinità, rimovendo la sporco annidato nella porzione lipidica. Sicuramente la presenza di additivi reologici (cocoilamide, cocoilpropil betaina) rendono le soluzioni meno essiccanti, mentre vitamina A o precursori (daucus carota) e vitamina E hanno azione antiossidante e rigenerante. Sostanze come I’ alfa bisabololo, I’ acido 18 beta glicinetico, I’ allantoina, il pantenolo possono sostituire o coadiuvare l’ azione antisettica, cicatrizzante e riepitelizzante dello zinco ossido.
Ritroveremo, infine, sostanze naturali (avena colloidale, camomilla, miele) che hanno azione lenitiva, decongestionante e antipruriginosa, in base alle percentuali in cui vengono utilizzate.

“il Bagnetto”
Dopo i primi 15 giomi dalIa nascita, quindi dopo che è avvenuta la caduta del moncone del cordone ombelicale, si può effettuare il bagnetto (l’acqua infatti ostacola la cicatrizzazione dei tessuti). Nel frattempo il neonato va deterso con spugnature d’ acqua tiepida su tutto il corpo, eccetto la zona del cordone ombelicale. Quando l’ ombelico si è completamente cicatrizzato si può passare all’immersione.
La temperatura dell’acqua deve essere di circa 37° C, mentre per detergere con delicatezza è pratica una spugna naturale o un guanto morbido che permettono di pulire anche le zone più delicate senza il timore di graffiare o irritare la pelle sensibile del bambino. Vicino alIa vaschetta è bene tenere I’ accappatoio o il telo in spugna in modo da non dover lasciare da solo suI fasciatoio il bambino dopo il bagno.
L’ ambiente deve essere tiepido ma non eccessivamente riscaldato: la temperatura ideale è intomo ai 23° C. Uno sbalzo eccessivo tra il luogo del bagnetto e gli altri locali potrebbe provocare al bambino raffreddore, tosse o mal di gola. Occorre utilizzare una vaschetta abbastanza ampia per permettere al bambino di muoversi e distendersi. Questa deve essere piena d’ acqua, in modo che il piccolo resti immerso fino al collo e non prenda freddo.
Per fare il bagnetto non c’è un’ ora fissa, ma I’ esperienza consiglia di farlo prima del pasto serale, tre le 19 e le 20. Il bagno ha un effetto distensivo suI bambino: è quindi un metodo naturale ed efficace per favorire la nanna nelle ore nottume anche nei neonati piu incquieti. Il bambino va adagiato in vasca con gesti pacati ma sicuri, immergendolo nell’acqua gradualmente, va sostenuto passando un braccio dietro la schiena e appoggiando il capo sull’ avambraccio. Con la mano libera si procede poi alIa pulizia del viso, collo, torace e gambine. Poi va girato sorreggendogli il petto con il braccio, per detergergli la schiena e il sederino.
Per favorire un buon rapporto con l’ acqua occorre maneggiare il piccolo con sicurezza altrimenti potrebbe innervosirsi, non tanto per paura dell’acqua quanto per la sensazione di disagio trasmessagli da chi lo accudisce. Se, infatti, i genitori toccano il bimbo con incertezza e temono di fargli male, gli comunicano ansia e lo inducono a diffidare dell’acqua. Terminato il bagnetto occone asciugare accuratamente il bambino: è opportuno tamponarlo con la massima delicatezza per non irritare la pelIe e asciugare bene le zone delle pieghe (inguine, sederino, ascelle) per prevenire il ristagno di umidità che favorisce la macerazione della cute.
Si può usare anche un po’ di talco versandone una piccola quantità suI palmo della mano per poi massaggiarlo delicatamente sulla pelle, evitando così che il piccolo possa inalare il prodotto e irritare le mucose.
Il rito del bagno dovrebbe terminare con un massaggio rilassante al neonato. Oltre a infondere una sensazione di benessere, la manipolazione è essenziale per la conoscenza tra genitori e figlio: attraverso il tatto si crea un linguaggio speciale, profondo e istintivo, che rafforza il rapporto affettivo. Anche per questo motivo, quindi, è bene che la mamma e il papà si alternino.

PROTETTIVI
Dopo che il bagnetto è stato effettuato bisogna controllare accuratamente lo stato della pelle del bambino. Infatti, a seconda che presenti arrossamenti o no, i trattamenti sono diversi. Nel primo caso è necessario applicare una crema altamente lenitiva e protettiva, ovvero con una più alta percentuale di ossido di zinco per dare sollievo e prevenire altre forme di rossore. Nel secondo caso basta applicare una crema protettiva più leggera per mantenere la pelle sana e integra.
Innanzitutto è bene che sulla pelle del bambino non vi siano residui di sporco poichè il rischio è di provocare piu danni che benefici. Infatti l’ azione della crema protettiva è quella di formare un sottile film-barriera che, aderendo perfettamente alIa pelle pulita, ostacoli efficacemente il suo contatto diretto con feci e urine. La stessa crema applicata sullo sporco residuo, lo “fissa” sulla pelle provocando un contatto lungo ed indesiderato che faciliterà irritazioni ed arrossamenti. Secondo la F.U. (farmacopea ufficiale) le forme farmaceutiche per uso dermatologiche sono definite come pomate e si differenziano in:
- unguenti
- creme
- gel
- paste

Tra queste le creme e le paste sono quelle più utilizzate per ripristinare e ristrutturare la barriera cutanea del bambino. Le prime sono facilmente spalmabili, le seconde sono maggiormente schermanti e impermeabilizzanti.
Nelle creme ritroveremo vari componenti:
* Componenti ehe esaltano la spalmabilità come glicerina, ceramidi, allantoina e il pantenolo (sostanze ammorbidenti e idratanti che facilmente penetrano la pelle).
* Componenti che rafforzano la caratteristica barriera della pelle, cioè creme che formano una pellicola selettiva che procura uno schermo dagli agenti irritanti, ma allo stesso tempo permette che le molecole di ossigeno, anidride carbonica e vapore acqueo siano permeabili.
Nelle paste è comune ritrovare lo zinco ossido con percentuali molto alte (10% ed oltre). Questo perchè, applicato sui genitali esterni, esplica un’ azione antisettica, astringente e riepitelizzante.
Nelle paste inoltre, per rafforzare l’adesività e al contempo l’effetto schermante, ritroveremo l’idrolizzato di caseina (proteina derivata dal latte)
Sia nelle paste che nelle creme sono presenti sostanze naturali:
* Camomilla: è la più nota, sfrutta le proprietà contenute nei capolini dei fiori (olio essenziale ricco di camazulene, carburi terpenici e di alfa bisabololo) ed ha un’ azione antiflogistica e cicatrizzante.
* Calendula: vanta proprietà emollienti. I flavonoidi racchiusi nei sui fiori favoriscono la prevenzione e la cura degli arrossenti cutanei.
* Borragine: grazie agli acidi grassi essenziali (omega-6 ed omega-3) la borragine ripristina la permeabilità delle membrane cellulari,
* Amamelide: ha un’ azione astringente, antiflogistica e cicatrizzante per effetto dei derivati flavonici e tanninici racchiuse nelle foglie.

Spesso nelle formulazioni di creme e paste ritroveremo I’urea la cui azione principale è quella di mantenere morbido ed elastico lo strato corneo, evitando l’indurimento e l’ispessimento grazie alle sue proprietà igroscopiche.
Infine, tra le sostanze piu recenti si sono rivelate utili l’ acido fitico e l’ acetato d’ oleile le cui funzioni (prevengono e risolvono le fasi iniziali della dermatite da pannolino) sono dovute principalmente all’inibizione delle lipasi e delle proteasi fecali responsabili dell’irritazione cutanea, per questo tali sostanze sono dette anche antienzimi.

La pelle dei bambini deve essere curata in tutte le fasi della crescita, l’ amore e la cura che riversiamo nei piccoli è tangibile anche dallo stato della pelle, e nel curarla ricordiamo sempre: “noi doniamo poca cosa dando ciò che possediamo. E’ quando doniamo noi stessi che doniamo veramente”.

Luigi Buonoconto
pubblicazione del 2005