II prof. Zagury considera l’A.I.D.S. una malattia come un’altra, solo molto più potente e giudica estremamente positivo il fatto che il primo gruppo colpito, gli omosessuali, abbiano provocato polemiche e clamori, poiché questo ha impedito la diffusione vastissima e inavvertita attraverso le donazioni di sangue dei sieropositivi, e ha consentito di dare l’allarme prima che la situazione diventasse ancora più tragica di quello che già è, dati anche i lunghissimi tempi di incubazione.
Si sa infatti che il virus può dimorare 5 o 10 anni prima che le difese annullate facciano esplodere le infezioni proprie della malattia.
Proprio per questa lunga incubazione si considera inattendibile l’ipotesi che il virus sia opera di ingegneria genetica utilizzata a fini bellici, infatti non avrebbe nessuna funzione immediata.
Alla fine dell’85 si accese una polemica, con accuse reciproche tra Unione Sovietica e Stati Uniti.
Per i russi il virus proviene da un incidente, con fuga del virus stesso, nell’ ambito della ricerca spietata e cinica di armi batteriologiche da parte degli Stati Uniti. Alle ricerche, condotte utilizzando per gli esperimenti la feccia della società rinchiusa nelle carceri, è probabilmente sopravvissuto qualcuno che, liberato, ha diffuso il contagio. Gli Stati Uniti non si difendono che contrattaccando e indicando come sospetti i laboratori sovietici.
C’e anche chi crede – ed è un premio Nobel, Francis Crick, che ha scoperto le strutture del DNA che il virus nascerebbe da spore provenienti dallo spazio.
Luc Montagnier dell’Istituto Pasteur, ritiene che sia assurdo pensare alla costruzione in laboratorio del virus per due motivi: il primo è che il virus è molto simile a quelli della pecora e del cavallo quindi non c’e nulla di assolutamente nuovo; il secondo motivo è che per produrre un virus i cui effetti mondiali si osservano ora, occorreva già nel settanta avere conoscenze che solo nell’ottanta si sono fatte strada nella scienza.
Ogni pericolo che varca le frontiere -come Chernobyl- ci ripropone l’interrogativo sull’uso che l’uomo può fare delle sue conoscenze e la conseguente riflessione su come non si possa dimenticare l’elemento grezzo costituito dal pianeta e dal corpo in cui viviamo. La contraddizione enorme tra il potere della mente e la fragilità del corpo insieme alla imprevedibilità degli eventi naturali dovrebbe aumentare l’umiltà con cui accoglie il sapere intorno a tutto ciò che è elemento naturale. Invece sembra che la logica del dominio sia prioritaria. Dominare gli elementi, dominare le malattie.
E’ chiaro che l’uomo non accetta di morire, vorrebbe essere immortale, e per illudersi si nasconde l’evenienza della morte con un vitalismo vuoto. Ogni evento, e l’A.I.D.S. ne è un esempio, che lo mette di fronte alla sua possibile fine lo spaventa. Tra qualche anno probabilmente la libertà legale di scegliere la morte garantirà paradossalmente, ancora una volta e solo apparentemente, il dominio dell’uomo sulla natura.
Antonina Nobile Fidanza (psicoterapeuta)
pubblicazione del febbraio 1988