Insomma, non è affatto consolidato il semplice meccanismo per cui ad ogni richiesta di intervento abortivo (entro i novanta giorni di gravidanza) corrisponda l’ottenimento della prestazione richiesta: dipende dall’area geografica, dall’organizzazione sanitaria del luogo, dal rapporto obiettori-non obiettori della struttura sanitaria, dalla presenza o meno di un servizio autonomo di interruzione della gravidanza piuttosto che dalla confluenza dello stesso nel novero di tutti gli altri complessi servizi di un reparto di ostetricia-ginecologia, nonché dal numero di donne che richiedono la prestazione. Insomma l’esecuzione dell’intervento è una risultante del tutto contingente a fattori molteplici che rendono disomogenea la distribuzione degli interventi abortivi eseguiti, ed il numero complessivo costante degli aborti è piuttosto l’ espressione di un perdurare di questo intreccio di variabili e non certo indice di oscillazioni di tendenze nei confronti della pratica abortiva.
In effetti la regolamentazione dell’aborto in vigore in Italia ben rappresenta l’ibrido tra la sorpassata concezione penalizzatrice e la sconfitta posizione depenalizzatrice.
Come uscirne fuori?
A tal proposito e stato significativo il recente convegno “L’interruzione volontaria di gravidanza: problemi, tendenze, prevenzione”, tenutosi a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanità, a cui ho partecipato con una comunicazione in qualità di coordinatore dell’Associazione per l’aborto non chirurgico e per l’autodeterminazione della donna, che da anni si batte tra l’altro per l’introduzione degli analoghi di prostaglandine – che consentono l’aborto farmaceutico nella Farmacopea Ufficiale. Ebbene la Schering ha finalmente registrato il suo analogo di prostaglandine – sulprostone – che sotto forma di fiale è a disposizione in Italia nelle farmacie ospedaliere.
Possiamo essere soddisfatti di tale risultato a cui abbiamo contribuito con anni di impegno ed iniziative (l’ultima rilevante delle quali è stata la consegna al Ministero della Sanità delle migliaia di firme raccolte sulla petizione popolare per l’introduzione degli analoghi di prostaglandine nella Farmacopea Ufficiale).
L’impegno adesso ha da riguardare il passaggio successivo: l’aborto di gravidanza iniziale è in grado di essere sottratto per merito degli analoghi di prostaglandine dalla gestione chirurgica e quindi ospedaliera, divenendo praticabile ambulatoriamente se non addirittura domiciliarmente sotto un mero controllo medico e senza defatiganti procedure.
Dunque o cambia la legge 194 sull’aborto nel senso di una reale depenalizzazione o le donne andranno in ospedale (a termine di un iter obbligato) per effettuare delle semplici iniezioni o per la mera somministrazione di ovuli vaginali di analoghi di prostaglandine!, cose cioè che potrebbero benissimo fare anche in ambulatorio oppure a casa loro (come avviene in Svezia) sotto un normale controllo sanitario).
Insomma la scienza ha compiuto il suo compito offrendo alle donne l’aborto farmacologico; un prodotto a base di analoghi di prostaglandine è entrato nella Farmacopea Ufficiale Italiana: si tratta ora di fronteggiare le resistenze, i pregiudizi, gli interessi, le mentalità e la stessa legge 194 che impediscono il valido e pieno utilizzo di tale importante acquisizione per la salute e l’autodeterminazione della donna.
Maurizio Mottola
pubblicazione del 1987