Da alcuni anni, invece, grazie al miglioramento delle tecniche diagnostiche e chirurgiche da un lato e della sensibilizzazione delle famiglie dall’altro, sempre più numerose sono le adolescenti (accompagnate o no) che si rivolgono al ginecologo per problemi anche di modesta entità.
In questo articolo, anche per la necessità di restare negli spazi consentiti, prenderemo in considerazione soltanto i quadri di maggior interesse perché più diffusi.
Quadri malformativi
In questo contesto voglio citare soltanto l’imperforazione imenale perché rappresenta un quadro relativamente frequente. Si tratta di un’anomalia dell’imene (che, appunto, appare imperforato) di cui ci si rende conto soltanto quando essa è causa di ostacolo al defluire di liquidi contenuti nella vagina: “mucocolpo e idrocolpo” (spesso già evidenti nella neonata e dovuti alla ritenzione di muco e secrezioni delle ghiandole, in genere, cervicali) ed “ematocolpo” (che può presentarsi, ad esempio, in coincidenza con la prima mestruazione e che è dovuto alla ritenzione di sangue, in questo caso mestruale, in vagina).
La diagnosi è relativamente semplice (talvolta già all’ispezione) mentre il trattamento consiste essenzialmcnte nel drenaggio della raccolta (mucosa o ematica).
Flogosi vulvo-vaginali (vulvo-vaginiti)
Premesso che la vagina è sterile soltanto nei primi giorni di vita postatale per poi essere colonizzata da varie specie di microrganismi (così come in tulta la restante vita fertile), le flogosi vulvovaginali sono decisamente più frequenti a partire dall’adolescenza, soprattutto perché in questa fase della vita possono avere inizio i rapporti sessuali. Così come nella donna adulta, anche nell’adolescente la vagina possiede propri mezzi di difesa che sono, principalmente, rappresentati dalla possibilità per la flora lattobacillare di utilizzare il glicogeno presente nelle cellule vaginali (sfaldate per l’effetto del progesterone prodotto nella fase postovulatoria) al fine di produrre acido lattico e quindi di mantenere il pH vaginale a quel grado di acidità che consente di attuare una vera e propria bariera nei confronti di eventuali microrganismi patogeni. Da quanto esposto si può comprendere che la presenza di secrezioni vaginali lattiginose e trasparenti deve essere considerata nella norma e anzi, rappresenta un indice dello stato di salute dell’apparato genitale. Di qui l’avvertenza di non sottovalutare l’importanza dell’igiene intima quotidiana già a partire da questa età: i primi rapporti sessuali e l’uso, ad esempio di assorbenti interni espone anche le adolescenti ad alterazioni dell’ambiente vaginale, per cui è importante istruire la giovane paziente sul corretto uso di saponi o prodotti in genere, per l’igiene intima che possano mantenere, appunto l’ambiente vaginale nelle idonee condizioni di acidità (pH 4.0-4.5). Questo dell’acidità dell’ambiente vaginale rappresenta uno dei sistemi principali di difesa ma non il solo: ci sono, infatti, altri tipi di difesa legati alle caratteristiche proprie dell’anatomia e della fisiologia dell’apparato genitale esterno, in genere. Tuttavia, come ho già detto con l’inizio dei rapporti sessuali, la vagina va più facilmente incontro ad alterazioni della normale flora commensale e, quindi, è più facile che microrganismi patogeni prendano il sopravvento su altri e diventino, così. responsabili di vere e proprie flogosi vulvovaginali. Queste sono decisamente numerose, ma mi limiterò ad elencare i quadri principali.
Vulvovaginite da Gardnerella vaginalis.
La Gardnerella è un bacillo aerobio che raramente prima del menarca (prima mestruazione) è in grado di provocare una vaginite ma che con l’inizio dei rapporti sessuali, può colonizzare la vagina e dar luogo ad una vera infezione batterica, caratteristica anche sul piano diagnostico perché si accompagna, in genere, ad una leucorrea dal tipico odore di pesce o di ammoniaca, tant’è che in alcuni casi si può fare diagnosi addirittura con il semplice olfatto. La terapia prevede la somministrazione di farmaci sia derivati dal metronidazolo che antibiotici.
Vulvovaginite micotica.
E’ questa una flogosi sempre più frequente in questi ultimi anni che interessa, prevalentemente, la donna adulta ma che può interessare anche la bambina e, ancor di più, l’adolescente, E’ legata alla presenza e alla quantità di colonie di miceti presenti in vagina: soprattutto si tratta di Candida albicans, un fungo che può normalmente trovarsi in vagina allo stato di saprofita (non patogeno) ma che, in particolari condizioni sia locali che generali (pillola, antibioticoterapie, diete squilibrate uso di indumenti troppo attillati o contenenti fibre sintetiche, inquinamento da parte dell’acqua di mare o di piscina) può essere responsabile di stati flogistici estremamente fastidiosi caratterizzati, oltre che da una leucorrea densa, abbondante, che ricorda la ricotta, anche da un fastidioso prurito in genere esteso alla regione vulvare e perineale. La diagnosi è relativamente semplice: si basa su quegli elementi clinici prima ricordati e sulla normale diagnostica di laboratorio oltre che sulla, possibilità di ricorrere a specifici tests rivelatori. La terapia consiste nell’uso di antimicotici sia per via orale (si ricordi che l’intestino rappresenta un’ importante fonte di ricolonizzazione della vagina da parte dei miceti) che localmente: a questo proposito va aggiunto che la candidosi vulvovaginale soltanto in una percentuale ridotta di casi è legata ai rapporti sessuali (in questo caso va trattato anche il partner). Li terapia va seguita scrupolosamente proprio perché alto è il numero delle recidive, specie in soggetti con difese immunitarie locali deficitarie.
Vulvovaginite da Trichomonas vaginalis.
Si tratta di una vulvovaginite causata da un protozoo (il Trichomonas vaginalis, appunto) che può rendersi responsabile di questa forma di flogosi in una percentuale di casi variabile tra il 5 ed il 10% delle vaginiti che colpiscono l’adolescente ed è quasi sempre legata ad una trasmissione di tipo sessuale, anche se non viene negata un possibilità trasmissiva da parte di servizi igienici e dell’acqua delle piscine. La sintomatologia è caratterizzata da bruciore vulvovaginale che spesso si accompagna a dispareunia (dolore in occasione di rapporti sessuali). Anche in questo caso è possibile porre la diagnosi con una certa facilità, talvolta anche prima della corrente diagnostica di laboratorio. La terapia consiste nell’uso di farmaci specifici antitrichomoniasici; In questo caso e sempre opportuno estendere il trattamento anche al partner, in considerazione del tipo di trasmissione prevalente.
Vulvovaginite herpetica.
Si tratta di una vulvovaginite causata da un herpes (in particolare dal virus Herpes simplex 2). Queste infezioni, molto rare in età prepubere, sono decisamente più frequenti in età adolescenziale perché principalmente legate ai rapporti sessuali. Si calcola che, in adolescenti sessualmente attive, le v.v. herpetiche intervengono in una percentuale di casi variabile tra l’1 ed il 6%. Dopo un breve periodo di incubazione, preceduto, in genere, da sensazioni parestesiche di formicolio e di prurito, si nota la comparsa di piccole maculopapule eritematose che si trasformano in breve tempo, in vescicole ripiene di siero che poi confluiscono e si aprono, dando luogo a tante piccole ulcerazioni. La vulva appare edematosa ed arrossata e, a seconda dell’entità del quadro, c’è spesso comparsa di un dolore urente. Come tutte le infezioni herpetiche, anche dopo guarigione l’herpes simplex tipo2 può rimanere in una stato di latenza e, in particolari condizioni (deficit immunitario, stress psicofisico), può risvegliarsi e rendersi responsabile di una nuova infezione. La diagnosi è clinica e laboratoristica. La terapia consiste nell’impiego di farmaci antivirali sia per via generale che locale (creme, pomate).
Vulvovaginite da papillomavirus.
Rappresenta un altro esempio di vulvovaginite virale, peraltro di frequenza progressivamente crescente in questi ultimi anni; è causata dal papillomavirus, un virus presente in numerose specie (oltre 70) delle quali. però, solo alcune appaiono realmente pericolose (potenziale rischio oncogeno). Queste forme virali colpiscono la donna a tutte le età: certamente molto rare in età prepubere, cominciano a diventare frequenti proprio a partire dall’adolescenza, sempre in relazione ai rapporti sessuali. Clinicamente si caratterizzano per la comparsa di escrescenze granulo-papillari friabili (note come condilomi acuminati) visibili ad occhio nudo nella loro forma florida. Altre volte possono essere meno evidenti sul piano clinico (condilomi piani, forme subcliniche). Tale infezione può essere responsabile anche di una secrezione vaginale giallastra maleodorante e di prurito. La sede preferenziale è costituita dalle piccole e grandi labbra, dal perineo, dall’introito e dalle pareti vaginali e soprattutto, dalla cervice uterina. La diagnosi, oltreché clinica (quando è possibile), può essere meglio posta attraverso il pap test, l’esame colposcopico e la diagnosi istologica effettuata su prelievi bioptici di tessuto interessato dall’infezione. La terapia deve tener conto dell’estensione e della complessità del quadro per cui può variare da una posizione attendista (rafforzando, magari, le difese immunitarie) a trattamenti praticati attraverso elettrocoagulazione e laservaporazione. Ha perso un po’ di importanza, invece, la terapia generale attraverso l’impiego di interferone.
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Pubblicazione Settembre 1999