Mentre il concepimento avviene per sua natura nella massima segretezza, la gravidanza – durante l’arco dei suoi nove mesi – si esprime nella più evidente visibilità esterna: il ventre aumenta di volume e la donna percepisce sempre più la presenza di un “oggetto al suo interno”. È l’identificazione madre-figlio. Sarà questo contatto intimo che funzionerà come un invisibile cordone ombelicale che permetterà al feto prima e al neonato dopo di richiedere gratificazione ai propri bisogni.
È già un colloquio aperto quello che madre e figlio instaurano nei primi mesi di vita simbiotica. Buio e silenzio non attorniano il feto il quale sente la voce della madre, ascolta la musica, resta disturbato da una luce intensa collocata sul ventre materno e verso il quarto mese succhia piacevolmente il pollice.
Ma questa intima vita a due non si ferma alle reazioni sensoriali, investe ben presto anche la sfera affettiva: ai sentimenti della madre il feto reagisce nella misura in cui maturano i suoi circuiti neuronali. Così ansia, stress, paure della madre sono registrate dal feto perchè nel sangue materno vengono ad alterarsi determinati processi biologici.
Quindi il modo con cui si viene al mondo – cioè come la nascita sarà attesa dalla madre o con fiducia e rilassamento oppure con ansia e tensione – avrà una ripercussione sull’adulto di domani e sulle proprie capacità di viversi e di vivere il mondo attorno a sé.
Perciò alla luce di quanto accennato il desiderio di maternità non deve e non può coinvolgere solo la donna, ma deve essere sentito da entrambi i partners in quanto scelta precisa e responsabile. Spesso il desiderio di gravidanza sembra nascere in opposizione alla lucida volontà di evitarla. Tuttavia molti fattori psicologici possono condizionare sia il desiderio, sia il rifiuto della maternità e sia la sua accettazione come fatto ormai compiuto. Non a caso in certe situazioni familiari l’arrivo di un bambino è vissuto come un “buon rimedio”.
Ad essi si uniscono anche fattori sociologici che vedono nella nuova concezione della famiglia un preciso mutamento nel ruolo della donna che lavora e che trova nella sua affermazione professionale una chiara alternativa “al tema individuale della sessualità e della maternità.
Molteplici sono quindi i fattori che incidono sul desiderio di maternità definendolo un delicato momento della propria vita non certo scevro da elementi conflittuali.
Tali conflitti se non individuati e risolti per tempo possono diventare fonte di tensione psicologiche all’interno della coppia genitoriale (es. contrasto di preoccupazioni; la paura di essere “brutta” e deforme; la gravidanza come simbolo di “normalità” ecc.) possono lasciare spazio ad una sintomatologia psicosomatica in particolare della gestante (es: eccessivo vomito, eccessiva fame oppure astenia, tensioni emotive ecc.) che potrà poi mutarsi in un sentimento apertamente ambivalente nei confronti della gravidanza prima e del bambino dopo quale nuova fonte di proiezione di antichi conflitti.
Un sereno aiuto alla coppia e alla gestante: il rilassamento e il lavoro psicologico di gruppo.
Corpo e sfera psicologica più che mai in questo delicato e importante momento della vita di una coppia o di una gestante interagiscono e di questa interazione si deve tenere maggiormente conto. In più sapere e constatare che questo momento così particolare non è vissuto soltanto da una donna, soltanto da una coppia, ma può essere vissuto contemporaneamente da più donne e da più coppie può già aiutare a sentirsi meno soli per affrontare i piccoli e i più grandi problemi di una gravidanza.
Il lavoro psicologico di gruppo vede gestanti, coppie. genitoriali, donne e partners desiderosi di “maternità” incontrarsi e sedersi a cerchio l’uno accanto alI’altro per parlare insieme con più libertà in un clima accettante e psicologicamente sicuro.
Nel medesimo tempo l’attenzione invididuale centrata sul proprio corpo per aiutarlo a rilassarsi può offrire l’occasione per imparare a trarne utili vantaggi sia per la gestazione, sia per la gravidanza, sia per il parto, sia per il futuro padre che al parto vuole assistere.
Infatti numerosi fattori mentali ed emozionali accompagnano l’arco di tutta la gravidanza e del parto stesso: imparare a viverli meglio vuoI dire poter vivere con più serenità.
Così spesse volte una gravidanza può essere desiderata, può essere accettata oppure non voluta, può nascondere un forte bisogno di sentirsi fisicamente normale per simboleggiare il buon funzionamento del proprio corpo; può essere cercata come completamento della femminilità e come tale vissuta, togliendo automaticamente ma temporaneamente ogni stato depressivo; può essere il fallimento dell’uso di un metodo antifecondativo quasi per “compensare” il rapporto sessuale vissuto fino a quel momento come non fertile; il desiderio di gravidanza può essere vissuto anche come prestigio e il bambino il simbolo futuro da esibire o ancora il desiderare un bambino per una donna può essere dettato non solo da una gratificazione da soddisfare ma anche per poter inconsciamente indurre altre persone (marito, genitori, fratelli, ecc.) ad essere soddisfatte di loro.
DalI’altro lato l’apprendere a rilassare il proprio corpo “ascoltando” il proprio ritmo cardiaco, le proprie tensioni muscolari, percependo il proprio respiro tramite esercizi, può aiutare anche a superare la fatica fisiologica della gravidanza e la paura del dolore durante il parto.
Esternando quindi da un lato le più intime difficoltà; imparando nel gruppo – che è fonte di reciproca fiducia – a conoscere meglio se stesse e se stessi e lavorando dalI’altro lato sul rilassamento del proprio corpo, si può sperimentare un’immagine interiore di calma e di serenità, come scoperta di un nuovo strumento di potere personale per vivere meglio.
Elena Negri
(psicologa/conduttrice di gruppi)
Claudio Vangi
(psicologo/conduttore di gruppi)
Pubblicazione Febbraio 1985